Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6808 del 15/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 15/03/2017, (ud. 20/12/2016, dep.15/03/2017),  n. 6808

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7144-2016 proposto da:

GERACE S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del suo legale

rappresentante ed Amministratore Unico, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DI SAN NICOLA DA TOLENTINO 67, presso lo studio

dell’avvocato LEGANCE STUDIO LEGALE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANTONIO SCIROCCO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO

ORISTANO 21, presso lo studio dell’avvocato FABIO PONTESILLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANIELLO MELE in virtù e forza

di procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3690/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 21/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI

ALESSANDRO SCARANO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 21/9/2015 la Corte d’Appello di Napoli, in accoglimento del gravame interposto dal sig. M.G. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. S.M.C.V. n. 71/08, ha accolto la domanda dal medesimo in origine monitoriamente azionata nei confronti della società Gerace s.r.l. di pagamento di somma a titolo di prestazioni lavorative in campo agricolo in favore di quest’ultima effettuate.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Gerace s.r.l. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.

Resiste con controricorso il M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico motivo la ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 2697 c.c., art. 115 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Il ricorso è inammissibile.

Esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che la ricorrente pone a fondamento della propria censura atti del giudizio di merito (es., l'”atto di opposizione”, “n. 7 fatture”, le dichiarazioni testimoniali) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso nè fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701.

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso -apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Va altresì osservato che la ricorrente inammissibilmente lamenta una contraddittoria motivazione, laddove alla stregua della vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel caso ratione temporis applicabile, il vizio di motivazione denunciabile con ricorso per cassazione concerne solamente l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non già quelli di insufficienza, illogicità e contraddittorietà della motivazione su questioni decisive della controversia, e a fortiori di omesso o illogico o superficiale esame di determinate emergenze probatorie, essendo invero sufficiente che come nella specie il fatto sia stato esaminato, non essendo il giudice di merito tenuto a dare necessariamente conto di tutte le risultanze probatorie emerse all’esito dell’istruttoria come astrattamente rilevanti (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, da ultimo, Cass., 29/9/2016, n. 19312).

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni della ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera rispettiva doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi all’attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.300,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre ad accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2017

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