Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6806 del 11/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/03/2021, (ud. 02/02/2021, dep. 11/03/2021), n.6806

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24858-2019 proposto da:

P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, V. PANAMA 74,

presso lo studio dell’avvocato GIANNI EMILIO IACOBELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE COLUCCI;

– ricorrente –

contro

CENTRO CARNI DI B.V. – S.A. E & C. SNC IN

CONCORDATO PREVENTIVO, in persona del liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA ANTONIO CHINOTTO 1, presso lo

studio dell’avvocato BRUNO CAMPIONE, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di POTENZA, depositato il 5/6/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 2/2/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Potenza, con decreto depositato in data 5 giugno 2019, liquidava il compenso dovuto tanto al Dott. P.P., commissario giudiziale del concordato preventivo introdotto da Centro Carni di B.V. e S.A. & C. s.n.c., quanto all’Avv. A.A.P., liquidatore giudiziale della medesima procedura, determinandolo – “tenuto conto dei criteri per la determinazione del compenso al liquidatore giudiziale, quale organo del concordato preventivo, stabiliti dal D.M. 25 gennaio 2012, n. 30” – in complessivi Euro 58.309,44 per ciascuno, al lordo degli acconti assegnati;

2. per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso il Dott. P.P. prospettando un unico motivo di doglianza, Centro Carni di B.V. e S.A. & C. s.n.c. si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c.; l’intimato Avv. A.A.P. non ha svolto difese;

Centro Carni di B.V. e S.A. & C. s.n.c. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. il motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 39 e art. 165, comma 2, l. fall., art. 135 c.p.c., comma 4, art. 111 Cost. e del D.M. n. 570 del 2012: il provvedimento impugnato – in tesi di parte ricorrente – è affetto da carenza assoluta di motivazione, in quanto il Tribunale, accomunando impropriamente la richiesta di liquidazione del compenso finale del commissario giudiziale e del liquidatore giudiziale e facendo riferimento unicamente ai criteri di liquidazione del compenso previsti per quest’ultimo, non ha specificato i parametri di determinazione delle somme spettanti al commissario;

in questo modo il Tribunale ha del tutto ignorato la richiesta del commissario affinchè la liquidazione fosse coerente con il decreto di concessione dell’acconto (che aveva tenuto conto dell’attivo e del passivo risultanti dall’inventario), non ha valutato l’attività in effetti svolta dal commissario nè ha specificamente indicato i criteri in base ai quali è giunto a determinare il compenso complessivo dovuto al commissario in misura paritetica al liquidatore giudiziale;

4. il motivo è fondato;

il disposto dell’art. 165, comma 2, l. fall. prevede espressamente l’applicazione al commissario giudiziale dell’art. 39 l. fall., sicchè è possibile mutuare per la determinazione del compenso di tale organo della procedura concordataria la disciplina della liquidazione del compenso del curatore, nei limiti della compatibilità;

la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che la complessiva determinazione del compenso spettante al curatore del fallimento necessiti di una specifica motivazione in relazione alla disciplina regolamentare richiamata dall’art. 39 l. fall., risultando altrimenti nullo il decreto di liquidazione (Cass. 25532/2016, Cass. 19053/2017);

a tal fine non è perciò sufficiente una motivazione stereotipata, contenente frasi di mero stile ed applicabili – per la loro genericità – a una serie indeterminata di casi, senza alcun riferimento a quello concreto, essendo al contrario necessaria una motivazione analitica che rappresenti l’iter logico-intellettivo seguito dal Tribunale per arrivare alla liquidazione tramite l’espressa e dettagliata enunciazione dei criteri di quantificazione del compenso, in relazione alle attività rispettivamente svolte e ai risultati conseguiti (Cass. 16739/2018);

il che comporta in ambito concordatario che, a fronte di una richiesta di liquidazione presentata da organi diversi della procedura concordataria (commissario e liquidatore giudiziale), la valutazione dell’opera prestata, dei risultati ottenuti e della sollecitudine con cui sono state condotte le operazioni abbia necessariamente carattere personalizzato per ciascuno di essi, non sia svolta in maniera cumulativa e avvenga tramite l’illustrazione di specifici argomenti e non con il ricorso a frasi fatte;

una liquidazione cumulativa e in termini coincidenti dell’attività svolta dal commissario giudiziale e dal liquidatore giudiziale non è quindi ammissibile, perchè i due organi non solo svolgono attività di differente natura e consistenza nell’ambito della procedura concordataria per un lasso di tempo non coincidente, ma ricevono anche compensi determinati secondo criteri diversi (visto che per il commissario giudiziale occorre verificare, ai sensi del D.M. n. 30 del 2012, art. 5, commi 1 e 2, se siano state previste forme di liquidazione dei beni al fine di determinare il compenso sull’ammontare dell’attivo realizzato piuttosto che su quello inventariato, mentre per il liquidatore si fa sempre riferimento all’attivo realizzato);

il decreto impugnato non si è affatto attenuto ai criteri sopra indicati, sia per aver proceduto a una valutazione cumulativa e non personalizzata dell’attività prestata da ciascun organo della procedura, sia per aver del tutto tralasciato di valutare in maniera specifica la consistenza e la qualità dell’opera prestata dall’odierno ricorrente, applicando peraltro in maniera del tutto immotivata criteri di liquidazione propri di un diverso organo della procedura;

5. il provvedimento impugnato andrà dunque cassato, con rinvio al Tribunale di Potenza, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Potenza in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021

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