Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6803 del 20/03/2010
Cassazione civile sez. III, 20/03/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 20/03/2010), n.6803
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 13342-2009 proposto da:
LAVAGNA SVILUPPO SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore e
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato PETRETTI
ALESSIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZERBA
PAGELLA UMBERTO, giusta mandato alle liti in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
B.A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI
PRISCILLA 101, presso lo studio dell’avvocato ILLICA MAGRINI ELENA,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato SANTI SILVIA
(dello Studio Legale ZUNARELLI e ASSOCIATI), giusta procura speciale
in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1651/2008 del TRIBUNALE di GENOVA, del
12/4/08, depositata il 17/04/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
28/01/2 010 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;
udito per il controricorrente l’Avvocato Biancolillo Massimo (per
delega dell’avvocato Santi Silvia), che si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO
SCARDACCIONE, che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
Fatto
PREMESSO IN FATTO
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1. – E’ chiesta la cassazione della sentenza emessa dal tribunale di Genova in data 12.4.2008 e depositata il 17.4.2008 in materia di pagamento somma.
Ai ricorsi proposti contro sentenze o provvedimenti pubblicati, una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.
Secondo l’art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
2. – Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e dichiarato inammissibile, se si considera che la formulazione dei motivi per cui è chiesta la cassazione della sentenza non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..
Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, infatti, deve essere formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta.
Nella specie, l’unico motivo, che denuncia violazione di legge (art. 112 c.p.c.), si conclude con un quesito astratto, la cui formulazione non assolve al principio di corrispondenza fra vizi denunciati e fattispecie concreta e che non può essere integrato dalla illustrazione che, all’interno del motivo, precede la formulazione del quesito.
In tal modo non è consentito alla Corte di legittimità di enunciare il principio di diritto che dia soluzione al caso concreto”.
La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.
Non sono state presentate conclusioni scritte, ma il resistente è stata ascoltato in camera di consiglio.
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.
Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico della ricorrente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 700,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione, 28 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2010