Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6802 del 15/03/2017
Cassazione civile, sez. VI, 15/03/2017, (ud. 20/12/2016, dep.15/03/2017), n. 6802
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 484-2016 proposto da:
S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
E.G. giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
ANAS S.P.A., C.F. (OMISSIS), P.I. (OMISSIS), in persona del suo
legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato GIUSEPPE ANTONIO PASQUALE FORTUNATO giusta procura in
calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 495/2015 del TRIBUNALE di PAOLA, emessa il
15/05/2015 e depositata il 18/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 20/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI
ALESSANDRO SCARANO.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 18/5/2015 il Tribunale di Paola, in accoglimento del gravame interposto dalla società Anas s.p.a. e in conseguente riforma della pronunzia G. di P. Belvedere Marittimo n. 915/10, ha rigettato la domanda nei confronti della predetta proposta dalla sig. S.L. di risarcimento dei danni subiti all’esito di sinistro stradale verificatosi il (OMISSIS) da un pantano d’acqua e terriccio ivi presente.
Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello la S. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.
Resiste con controricorso la società Anas s.p.a.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1 motivo la ricorrente denunzia “violazione ed errata” applicazione dell’art. 2051 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Con il 2^ motivo denunzia “violazione ed errata” applicazione degli artt. 2051 e 2043 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si duole che la corte di merito abbia erroneamente valutato le emergenze processuali, e in particolare la prova testimoniale.
Il ricorso è inammissibile.
Esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che la ricorrente pone a fondamento della propria censura atti del giudizio di merito (es., le dichiarazioni dei testi Sa., C., S., R.) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).
A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).
Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso -apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).
Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni della ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera rispettiva doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).
Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi all’attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 800,00 per onorari, oltre spese a generali ed accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2017