Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6801 del 15/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 15/03/2017, (ud. 19/01/2017, dep.15/03/2017),  n. 6801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5201-2016 proposto da:

C.S., in proprio e quale legale rappresentante di EREDI DI

S.D.S. & C SNC, D.S.S. e D.S.R.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUTEZIA 8, presso lo studio

dell’avvocato MAURIZIO NUCCI, che li rappresenta e difende, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (CF. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DIA PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4132/9/2015, emessa il 9/07/2015, della

COMMISSIONE TRIBUTARIA di ROMA, depositata il 15/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO

MANZON;

disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Con sentenza in data 9 luglio 2015 la Commissione tributaria regionale del Lazio respingeva gli appelli proposti da Eredi di S.D.S. e C. snc e dai suoi soci avverso la sentenza n. 493/12/13 della Commissione tributaria provinciale di Roma che ne aveva respinto i ricorsi contro gli avvisi di accertamento IVA, IRAP, IRPEF ed altro 2004. La CTR osservava in particolare che lo studio di settore applicato era comunque agli atti del processo, essendo peraltro onere del contribuente produrlo a sostegno delle proprie allegazioni difensive; che in ogni caso gli atti impositivi impugnati erano stati congruamente motivati.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione i contribuenti deducendo due motivi.

L’Agenzia delle entrate si è costituita tardivamente al solo fine di partecipare al contradditorio orale.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – i ricorrenti lamentano violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), poichè la CTR ha ritenuto adeguatamente motivati gli avvisi di accertamento impugnati, nonostante gli stessi non replicassero adeguatamente alle loro controdeduzioni in sede di contraddittorio preprocessuale.

La censura è infondata.

Non è dubbio che sia principio di diritto consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che in caso di accertamenti “parametrici” sia obbligatorio a pena di invalidità il contraddittorio endoprocedimentale e che di esso debbasi tenere conto nella motivazione dell’atto impositivo (v. per tutte Sez. U, n. 26635/2009). Vi è tuttavia da rilevare che la CTR ha tenuto conto di tali principi e, con giudizio di merito non sindacabile in questa sede, ha argomentatamente affermato l’adeguatezza della motivazione degli avvisi di accertamento impugnati.

Va dunque ribadito che “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis, da ultimo v. Sez. 5, n. 26610 del 2015).

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – i ricorrenti si dolgono di violazione/falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, comma 5, in quanto la CTR ha disatteso la sua eccezione di nullità degli atti impositivi oggetto di controversia per mancata allegazione dello studio di settore applicato.

La censura è infondata.

Va rilevato che il giudice di appello – con valutazione di merito anch’essa non ulteriormente sindacabile in questa sede – ha constatato la sussistenza della circostanza, alternativa alla allegazione dell’atto che basa quelli impositivi (lo studio di settore), che è pure prevista dalle disposizioni legislative richiamate ossia la riproduzione del suo “contenuto essenziale”, essendo appunto gli atti impositivi stessi motivati sulla base dello scostamento dallo studio di settore, i cui parametri di riferimento sono stati riprodotti.

Il ricorso va dunque rigettato; nulla per le spese stante la mancata difesa sostanziale dell’Agenzia fiscale.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2017

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