Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6798 del 20/03/2010
Cassazione civile sez. III, 20/03/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 20/03/2010), n.6798
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
U.G.F. LEASING S.P.A., (già COOPERLEASING S.P.A.), per mutamento di
denominazione sociale, in persona del legale rappresentante pro
tempore e Direttore Generale, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA DEI MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato
FABIO MACCARONI, rappresentata e difesa dall’avvocato CAPPUCCIO
ETTORE, giusta procura speciale alle liti in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LIVILLA
16, presso lo studio dell’avvocato ANNA ANNUNZIATA, rappresentato e
difeso dall’avvocato PEPE FRANCO, giusta procura speciale in calce al
controricorso;
– controricorrente –
contro
C.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 116/2009 del TRIBUNALE di BENEVENTO, del
15/1/09, depositata il 23/01/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
28/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;
udito per la ricorrente l’avvocato Cappuccio Ettore, che si riporta
ai motivi del ricorso;
udito per il controricorrente l’avvocato Pepe Franco che si riporta
ai motivi del controricorso;
è presente il P.G. in persona del Dott. EDOARDO VITTORIO
SCARDACCIONE, che si riporta alla relazione scritta.
Fatto
PREMESSO IN FATTO
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1. – E’ chiesta la cassazione della sentenza emessa dal tribunale di Benevento 15.1.2009 e depositata il 23.1.2009 in materia di opposizione a precetto.
Ai ricorsi proposti contro sentenze o provvedimenti pubblicati, una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1.
Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dal decreto citato, art. 6 – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
2. – Il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio e dichiarato fondato.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la “falsa applicazione di norme di diritto: falsa applicazione degli artt. 2943, 2945, 2953 c.c. e art. 641 c.p.c., nella formulazione vigente ante modifica D.L. 21 giugno 1995, n. 238, ex art. 8, reiterato con D.L. 9 agosto 1995, n. 347, art. 8, ed infine D.L. 21 ottobre 1995, n. 432, art. 8, convertito con modifiche dalla L. 20 dicembre 1995, n. 534).
Il quesito è posto alla pag. 9 del ricorso.
Con il secondo motivo denuncia la ” contraddittoria e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio” indicando nel quesito – da intendersi quale “momento di sintesi” – posto alla pag. 15 del ricorso, il fatto controverso e decisivo e le ragioni della ritenuta contraddittorietà ed insufficienza motivazionale.
Ritiene la Corte di rispondere alla questione posta con i due motivi enunciando i seguenti principi di diritto:
“Sia con la notifica del ricorso e del relativo decreto ingiuntivo, sia con la comparsa di risposta all’opposizione, l’opposto esercita una azione di condanna idonea ad interrompere la prescrizione ex art. 2943 c.c., commi 1 e 2.
Tale interruzione ha effetti permanenti (e non meramente istantanei) ex art. 2945 cod. civ., comma 2, fino alla sentenza che decide il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ovvero fino a quando quest’ultimo sia divenuto non più impugnabile ed abbia quindi acquistato autorità ed efficacia di cosa giudicata sostanziale al pari di una sentenza di condanna. Dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che decide sull’opposizione ovvero del decreto decorrerà poi l’ulteriore termine di prescrizione previsto dall’art. 2953 cod. civ. (v. Cass. 14.7.2004 n. 13081)”.
“Il decreto ingiuntivo acquista autorità ed efficacia di cosa giudicata sostanziale al pari di una sentenza di condanna una volta divenuto non più impugnabile (v. anche Cass. n. 13081/2004 cit. e tra le altre Cass. 12.5.2003 n. 7272)”.
La parificazione del decreto ingiuntivo non più impugnabile ad una sentenza di condanna comporta, quindi, sulla base dei principi di diritto precedentemente enunciati, l’applicabilità della norma dell’art. 2953 c.c., secondo la quale “I diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni”.
Nella specie, il decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del tribunale di Bologna il 14.3.1995, costituente titolo esecutivo sulla cui base è stato intimato il pagamento con atto di precetto, è stato notificato al de cuius C.G. (del quale l’attuale ricorrente è uno degli eredi) in data 5-13 aprile.
Il decreto ingiuntivo (la cui concessa provvisoria esecuzione è irrilevante ai fini che qui interessano) è divenuto non più opponibile decorso il termine di venti giorni da tale notificazione;
quindi il 4 maggio 1995.
Da tale data decorre il termine di prescrizione di dieci anni, ai sensi dell’art. 2953 c.c..
Il precetto – come risulta dalla sentenza impugnata – è stato notificato agli opponenti il 18.4.2005.
L’evento interruttivo si è, quindi, verificato anteriormente al decorso del termine decennale di prescrizione.
Ne consegue l’erroneità della sentenza impugnata che ha dichiarato l’inefficacia del precetto opposto per prescrizione del diritto fatto valere”.
La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.
Non sono state presentate conclusioni scritte, ma le parti costituite sono state ascoltate in Camera di consiglio. Il resistente ha presentato memoria.
Diritto
RITENUTO IN DIRITTO
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio – esaminati i rilievi contenuti nella memoria – ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.
In particolare, non possono essere seguiti i rilievi posti dal resistente con la memoria, posto che, ai sensi dell’art. 643 c.p.c., comma 3, è la notificazione del ricorso e del decreto a determinare la pendenza della lite, per cui è irrilevante – ai fini che qui interessano – la circostanza che il decreto sia o meno stato opposto.
Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto, la sentenza cassata e la causa rinviata al tribunale di Benevento in persona di diverso magistrato.
Spese rimesse.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese, al tribunale di Benevento in persona di diverso magistrato.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2010