Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6797 del 15/03/2017
Cassazione civile, sez. VI, 15/03/2017, (ud. 24/01/2017, dep.15/03/2017), n. 6797
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9152-2016 proposto da:
P.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E. TAZZOLI 2,
presso lo studio dell’avvocato LAURA NISSOLINO, rappresentato e
difeso dall’avvocato MASSIMO PALISI;
– ricorrente –
contro
S.P.A. DIRECT LINE INSURANCE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
A. BERTOLONI, 55, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO MARIA
CORBO’, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FILIPPO
MARIA CORBO’;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2784/2015 del TRIBUNALE di PADOVA, depositata
il 15/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. DANILO
SESTINI.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
il P. ha proposto ricorso per cassazione – articolato in due motivi – avverso la sentenza del Tribunale di Padova che ha confermato quella di primo grado, che aveva dichiarato l’improponibilità della domanda di risarcimento del danno alla persona subito dall’attore a seguito di un sinistro stradale sul rilievo che vi era stato un ingiustificato frazionamento della domanda per il credito derivante dal medesimo illecito (essendo stata precedentemente promosso giudizio per il risarcimento dei danni riportati dall’auto del ricorrente);
il primo motivo censura la sentenza per avere ritenuto integrato un abuso del diritto di agire in giudizio da parte del P. senza tener conto che il D.Lgs. n. 209 del 2005, artt. 145 e 148 prevedono modalità e termini diversi per il risarcimento dei danni alle cose e di quelli alle persone e trascurando il fatto che l’attore aveva potuto disporre della valutazione del proprio consulente medico-legale in data successiva all’introduzione del giudizio relativo ai danni alle cose; il secondo motivo denuncia l’erroneità della conclusione che alla – denegata – indebita frammentazione dovesse conseguire la dichiarazione di inammissibilità/improcedibilità della domanda, anzichè la compensazione delle spese del secondo giudizio.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
il ricorso è inammissibile, in quanto non censura una delle due rationes decidendi adottate dal giudice di appello;
il Tribunale ha, infatti, affermato (a pagg. 9 e 10) che “a una pronuncia nel merito ostano, in secondo luogo, non solo i precedenti giurisprudenziali già richiamati in tema di abuso del processo (…), ma anche, sulla base di una corretta interpretazione del concetto di deducibile, il giudicato che si è già formato”: spiega il Tribunale che “nell’agire per una sola parte del credito l’attore provoca comunque una sentenza che fa stato sull’intero diritto”, cosicchè “ogni altro credito inerente la stessa obbligazione risarcitoria non può più essere fatto valere, perchè l’azione contrasta con i limiti oggetti(vi) del giudicato e con la precedente sentenza”;
la mancata impugnazione di tale ratio decidendi, da sola idonea – a prescindere dalla sua correttezza – a giustificare il mancato esame della seconda domanda risarcitoria, comporta l’inammissibilità – per difetto di interesse – delle censure in punto di sussistenza dei presupposti per l’applicazione del principio di infrazionabilità della domanda e di conseguenze della frammentazione dei credito;
le spese di lite seguono la soccombenza;
trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 2.500,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre rimborso spese forfettarie e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2017