Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6796 del 20/03/2010

Cassazione civile sez. III, 20/03/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 20/03/2010), n.6796

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BANCO DEL

SANTO SPIRITO 48, presso lo studio dell’avvocato AUGUSTO D’OTTAVI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GRISI LUCIANO, giusta mandato a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ZEVIO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA G. ZANARDELLI 36, presso lo studio

dell’avvocato PUCCIONI PAOLO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato CHIAMENTI ALESSANDRO, giusta delibera della Giunta

Comunale n. 138 del 9/6/09 ed atto di determinazione n. 14209 del

12/06/09, e giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3 341/2009 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, del 7/11/08, depositata l’11/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito per la ricorrente l’Avvocato Grisi Luciano, che si riporta agli

scritti e chiede la fissazione in Pubblica Udienza oppure, in

subordine, la rimessione alle Sezioni Unite;

è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO

SCARDACCIONE, che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. – E’ chiesta la revocazione della sentenza n. 3341/2009 emessa dalla Corte di Cassazione il 7.11.2008 e depositata in data 11.1.2009.

Ai ricorsi proposti contro sentenze o provvedimenti pubblicati, una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dal decreto citato, art. 6 – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

2. – Il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio e dichiarato inammissibile, se si considera che la formulazione dei motivi per cui è chiesta la cassazione della sentenza non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Con unico motivo la ricorrente denuncia la ” violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3″. Difetta al riguardo la formulazione del quesito, necessaria anche con riferimento al ricorso per revocazione (Cass. 28.2.2007 n. 4640).

Peraltro, con il ricorso per revocazione la ricorrente evidenzia anche, non un errore di fatto, ma un errore di diritto quale la supposta violazione dell’art. 112 c.p.c., che non può formare oggetto del mezzo di impugnazione del ricorso per revocazione (v.

anche S.U. 30.10.2008 n. 26022).

Pertanto, anche sotto questo profilo il ricorso per revocazione è inammissibile”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, ma la ricorrente è stata ascoltata in Camera di consiglio. Le parti hanno presentato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio – esaminati i rilievi contenuti nelle memorie – ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Ha ritenuto di dovere osservare, in particolare con riferimento alla memoria presentata dalla ricorrente, quanto segue.

L’errore revocatorio, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, è pur sempre un errore del giudice relativo all’osservanza della legge processuale che, nel giudicare, gli impone di considerare i fatti rilevanti nella loro esatta consistenza negli atti di causa e, quindi, gli vieta di supporli inesistenti se esistono in atti, o di supporli esistenti se in atti non esistono.

Si tratta, dunque, di un vizio che è riconducibile alla nozione di violazione di norme sul procedimento di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, e che, quindi, se fosse compiuto da una sentenza ricorribile in cassazione e non esistesse lo speciale mezzo di impugnazione del ricorso per revocazione, sarebbe deducibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

Ebbene l’ontologica natura dell’errore revocatorio di fatto di violazione di norma sul procedimento – una volta considerato che l’art. 366 bis c.p.c., esige il quesito di diritto anche per il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e che il vizio previsto da tale norma può verificarsi anche quando il giudice, nell’applicare la norma processuale, non abbia considerato od abbia apprezzato erroneamente circostanze di fatto rilevanti per la sua applicazione – comporta che il quesito di diritto, così come deve essere formulato anche in questa ultima ipotesi (v. in termini Cass. n. 13194 del 2008, a proposito di quesito per il regolamento di competenza su provvedimento ai sensi dell’art. 295 c.p.c.; e cass. n. 4329 del 2009), bene è concepibile anche per l’errore di fatto, che si distingue da tale ultima ipotesi soltanto perchè è un errore di percezione e non di valutazione.

D’altro canto le Sezioni Unite hanno confermato la ricostruzione come sopra indicata statuendo che “L’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, è applicabile anche al ricorso per revocazione, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., avverso le sentenze della Corte di Cassazione (pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006, data di entrata in vigore del detto d.lgs.), con la conseguenza che la formulazione del motivo deve risolversi nell’indicazione specifica, chiara ed immediatamente intelligibile, del fatto che si assume avere costituito oggetto dell’errore e nell’esposizione delle ragioni per cui l’errore presenta i requisiti previsti dall’art. 395 c.p.c.” (S.U. ord. 30.10.2008 n. 26022).

Le ulteriori considerazioni contenute nella relazione restano assorbite.

Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico della ricorrente.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2010

 

 

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