Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6795 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/03/2020, (ud. 03/07/2019, dep. 11/03/2020), n.6795

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22641-2017 proposto da:

ROMA CAPITALE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA V. DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso lo studio

dell’avvocato DOMENICO ROSSI, che la rappresenta e difende, giusta

procura in calce;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE CASA RIPOSO S. FRANCESCA ROMANA;

e da:

FONDAZIONE CASA RIPOSO S. FRANCESCA ROMANA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA

FULCIERI PAOLUCCI DE CALBOLI 60, presso lo studio dell’avvocato

ANTONIO MORICONI, che la rappresenta e difende, giusta procura in

calce;

– controricorrente incidentale –

contro

ROMA CAPITALE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 894/2017 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 24/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/07/2019 dal Consigliere Dott. MARGHERITA TADDEI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TASSONE KATE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e per l’inammissibilità del ricorso incidentale;

udito per il controricorrente incidentale l’Avvocato MORICONI che si

riporta agli scritti e chiede il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Comune di Roma Capitale ricorre, con un unico complesso motivo, avverso la sentenza n. 894/2017 della CTR del Lazio, del 13.02.2017 che, confermando la sentenza di primo grado della CTP Roma, ha annullato l’avviso di accertamento ICI 2008 emesso dal Comune di Roma Capitale nei confronti della Fondazione Casa di riposo S. Francesca Romana, per omesso versamento dell’imposta per l’anno 2008, relativo all’immobile sito in Roma, vicolo Santa Maria in cappella n. 6.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Comune ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7 comma 1, posto che per l’Ente in esame non sussiste il requisito soggettivo, richiesto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), per l’esenzione dall’ICI perchè l’immobile in questione non è utilizzato direttamente ed in via esclusiva dall’Ente non commerciale possessore, ma è locato per Euro 120.000,00 annui all’Associazione “La Magia Institute” e la giurisprudenza di legittimità nega che vi possa essere l’esenzione ICI nel caso di utilizzazione indiretta dell’immobile, ossia da parte di terzi, ancorchè anche in tale caso l’attività gestita sia assistita da finalità di pubblico interesse; 2) non sussiste, inoltre, il requisito oggettivo richiesto per l’esenzione dall’ICI, in quanto difetta l’esclusiva destinazione dell’immobile allo svolgimento di una delle attività non commerciali, nè produttive di reddito, tassativamente elencate nel D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i).

Resiste, con memoria e controricorso, la Fondazione, chiedendo anche, in via incidentale e condizionata, di accertare e dichiarare l’esistenza del vincolo diretto storico-artistico sull’immobile per cui è causa e, per l’effetto, di riconoscere il diritto della Fondazione al relativo regime agevolato in materia di pagamento dell’ICI.

Il ricorso principale è fondato e merita accoglimento.

L’argomento della disposizione agevolativa di cui al citato art. 7, nei termini qui proposto, è stato già affrontato compiutamente nella decisione di questa Corte n. 17256 del 2019 che per ragioni di economia processuale si ritiene di dover qui richiamare per esteso, nelle parti coerenti con quanto qui dedotto, posto che il collegio ne condivide integralmente l’impostazione.

Afferma la Corte che il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7 comma 1 lett. i), nel testo vigente dal 01/01/2003 al 03/10/2005 disponeva l’esenzione ICI per “gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87 T.U.I.R., comma 1, lett. c), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”. Tale disposizione è stata, in seguito, integrata e modificata, dal D.L. n. 203 del 2005, art. 7, comma 2 bis, convertito in L. n. 248 del 2005, che aveva esteso l’esenzione alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse.

Un’ulteriore modifica, è intervenuta con il D.L. n. 223 del 2006, art. 39, convertito con modificazioni nella L. n. 248 del 2006 che, sostituendo il citato art. 7, comma 2 bis, ha stabilito che l’esenzione disposta dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera “che non abbiano esclusivamente natura commerciale”. Le modifiche legislative suddette non si applicano retroattivamente, trattandosi di disposizioni che hanno carattere innovativo e non interpretativo (in questo senso Cass. n. 14530 del 2010; Cass. n. 14795 del 2015).

Occorre precisare, inoltre, che le condizioni dell’esenzione sono cumulative nel senso che è richiesta la coesistenza, sia del requisito soggettivo riguardante la natura non commerciale dell’ente, sia del requisito oggettivo in forza del quale l’attività svolta nell’immobile deve rientrare tra quelle previste dal citato art. 7; deve trattarsi, in particolare, di immobili destinati direttamente ed in via esclusiva allo svolgimento di determinate attività tra le quali quelle dirette all’esercizio del culto ed alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi e all’educazione cristiana (cfr. Cass. n. 13966 del 2016).

Con riguardo alla verifica del requisito oggettivo è, pertanto, irrilevante, la destinazione degli utili eventualmente ricavati al perseguimento di fini sociali o religiosi; tale elemento, costituendo una fase successiva, non fa, infatti, venir meno l’eventuale carattere commerciale dell’attività (Cass. n. 24500 del 2009).

Sotto il profilo della distribuzione degli oneri probatori è stato affermato, ed è un principio del tutto condiviso da questo collegio, che “il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale” (Cass. n. 6711 del 2015).

Sul diverso versante della compatibilità della norma in esame con il diritto unitario, da tempo si è affermato un orientamento di legittimità secondo cui deve tenersi conto della decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012. Tale pronuncia ha verificato se il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), in tema di esenzione ICI, nelle sue diverse formulazioni succedutesi nel tempo, concretizzasse una forma di aiuto di Stato in violazione del diritto dell’Unione, in particolare con l’art. 107, par. 1, del Trattato, che dispone: “sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”. E’ stato, poi, precisato che anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè offrire beni o servizi sul mercato. La finalità sociale dell’attività svolta non è, dunque, di per sè sufficiente ad escluderne la classificazione in termini di attività economica.

Per escludere la natura economica dell’attività è necessario che essa sia svolta a titolo gratuito o dietro il versamento di un importo simbolico. Da tali rilievi consegue l’irrilevanza delle argomentazioni sulle finalità solidaristiche che connotano le attività svolte dalla parte contribuente Nè può tenersi conto della circolare ministeriale (29 gennaio 2009) esplicativa dei criteri utili per stabilire quando le attività di cui all’art. 7, lett. i), debbano essere considerate di natura “non esclusivamente commerciale”. La Commissione UE nella pronuncia sopra richiamata ha ritenuto, infatti, che l’applicazione dei criteri di cui alla citata circolare non vale ad escludere la natura economica delle attività interessate ed ha concluso nel senso che l’esenzione di cui al citato art. 7 costituisce aiuto di Stato. In quella ipotesi, tuttavia, non è stato ritenuto possibile ordinare il recupero delle somme.

Tale ultimo aspetto è stato di recente affrontato e risolto dalla sentenza della CGUE del 6 novembre 2018, (cause riunite C-622/16 P – C-623/16 P, C-624/16). E’ stato chiarito, infatti, che l’ordine di recupero di un aiuto illegale è la logica e normale conseguenza dell’accertamento della sua illegalità e che diversamente si farebbero perdurare gli effetti anticoncorrenziali della misura. In questo senso è stato precisato che le decisioni della Commissione volte ad autorizzare o vietare un regime nazionale hanno portata generale.

Deve quindi concludersi, dando seguito all’orientamento di legittimità di recente espresso (Cass. n. 4066 del 2019), che l’esenzione prevista in favore degli enti non commerciali dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), è compatibile con il divieto di aiuti di Stato sancito dalla normativa dell’Unione Europea solo qualora abbia ad oggetto immobili destinati allo svolgimento di attività non economica nei termini sopra precisati: quando l’attività sia svolta a titolo gratuito ovvero dietro il versamento di un corrispettivo simbolico.

Per quanto riguarda il profilo soggettivo dei presupposti dell’agevolazione, che pure rileva nel caso in esame, va ricordato che, secondo un indirizzo giurisprudenziale che si è venuto affermando nella giurisprudenza della Corte, l’esenzione spetta non soltanto se l’immobile è direttamente utilizzato dall’ente possessore per lo svolgimento di compiti istituzionali, ma anche se il bene, concesso in comodato gratuito, sia utilizzato da un altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa, al primo strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente (cass. n. 25508/2015; cass. n. 24308/2019).

Così ricostruita la portata e l’efficacia del dato normativo applicabile alla fattispecie, deve concludersi che il giudice d’appello non ha fatto una corretta applicazione della norma, così come essa deve leggersi ed intendersi alla luce della giurisprudenza nazionale e dei principi di diritto comunitario, in quanto, per tutte le annualità oggi in esame, non è stata correttamente valutata la ricorrenza del presupposto oggettivo per l’esenzione dall’ICI.

Infatti, in conformità ai principi sopra indicati, si devono considerare irrilevanti -ai fini tributari- le argomentazioni con le quali la CTR ha ritenuto la sussistenza dei presupposti dell’agevolazione basandosi esclusivamente sulla delibera regionale del Lazio con la quale la Fondazione è stata eretta ad ente orale nè sono stati accertati gli effettivi profili logistici ed economici della locazione dell’immobile. Alla luce dei criteri su richiamati. per escludere la natura economica delle attività svolta nell’immobile quale casa di riposo per anziani, è necessario un puntuale accertamento di fatto, condotto in termini rigorosi, volto a verificare la gratuità delle attività espletate ovvero che gli eventuali importi versati dagli anziani siano, per la loro entità, simbolici o comunque inidonei a costituire una retribuzione del servizio prestato in quanto notevolmente inferiori ai costi di gestione. Tale puntuale accertamento di fatto, va condotto in modo rigoroso, ispirandosi alle indicazioni contenute, pur se con riferimento a diversa fattispecie, in Cass., Sez. 5, n. 13970 dell’8 luglio 2016 e, dunque, verificando:

a) le caratteristiche delle persone ospitate (che devono essere persone effettivamente bisognose);

b) la durata del soggiorno (da collegare al superamento della condizione di disagio che lo ha generato);

c) il rapporto con l’amministrazione di riferimento;

d) l’importo delle rette, che deve essere significativamente ridotto rispetto ai prezzi di mercato, onde evitare un’alterazione del regime di libera concorrenza e la trasformazione del beneficio in un aiuto di Stato.

La sentenza impugnata non ha fatto buon governo dei principi ora enunciati, avendo riconosciuto il ricorrere dei presupposti dell’esenzione senza in alcun modo chiarirne le ragioni secondo i profili fattuali dell’attività svolta, laddove avrebbe dovuto accertare se le attività gestite fossero in concreto esercitate con modalità non commerciali nei termini sopra esposti anche a fronte della circostanza non contestata che la Fondazione è stata eretta ad Ente Morale con delibera di Giunta regionale del Lazio n. 4850 del 12.12.1975 con specifiche finalità assistenziali (così sentenza a pag.5).

Inammissibile è l’appello incidentale perchè le questioni poste potranno essere riproposte nel giudizio di merito.

Segue l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio alla commissione tributaria per il Lazio, in diversa composizione per il riesame nei termini sopra esposti ed anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso principale. Dichiara assorbito il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR di Roma in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del grado di legittimità.

Così deciso in Roma, il 03 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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