Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6793 del 19/03/2018


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Cassazione civile, sez. lav., 19/03/2018, (ud. 08/11/2017, dep.19/03/2018),  n. 6793

Fatto

1. Con sentenza n. 139/10 il Tribunale di Chiavari accertava il diritto di L.P., dipendente di Billa Aktiengesellshaft, Sede secondaria in Italia, ad essere inquadrata nel III livello c.c.n.l. commercio dal febbraio 2002 al novembre 2003, mentre rigettava la domanda della lavoratrice volta ad ottenere il risarcimento dei danni per la patologia depressiva da lei sofferta a cagione del demansionamento patito e dell’illegittimo trasferimento da Rapallo a Chiavari.

2. In parziale riforma della pronuncia di prime cure, con sentenza pubblicata il 3.10.12 la Corte d’appello di Genova dichiarava, invece, il diritto della lavoratrice ad essere inquadrata dal febbraio 2002 nel II livello cit. c.c.n.l., con condanna della suddetta società a pagarle le conseguenti differenze retributive e il risarcimento del danno per l’aggravamento della patologia denunciata.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre Billa Aktiengesellshaft, Sede secondaria in Italia (oggi incorporata da Penny Market GmbH), affidandosi a due motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

4. L.P. resiste con controricorso e deposita memoria ex art. 378 c.p.c. con contestuale costituzione di nuovo difensore – avv. Massimiliano Aloi – in aggiunta all’avv. Luigi Mancini.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Preliminarmente deve darsi atto dell’invalidità della procura conferita da L.P. all’avv. Massimiliano Aloi in quanto autenticata dallo stesso a margine della memoria ex art. 378 c.p.c., nonostante che nel caso di specie si applichi – ratione temporis – il testo dell’art. 83 c.p.c. previgente rispetto alla novella operata ex L. n. 69 del 2009: ex art. 58, comma 1, di tale legge la novella all’art. 83 cit. si applica soltanto ai giudizi instaurati dopo il 4.7.09 (data di entrata in vigore della legge), mentre nel caso di specie il giudizio in primo grado risulta essere stato instaurato nel 2007.

Pertanto la nuova procura si sarebbe dovuta conferire con atto pubblico o scrittura privata autenticata da soggetto diverso dal nuovo difensore, non avendo questi il potere di autenticare (la firma apposta dal proprio assistito in calce alla procura speciale) se non negli atti tassativamente elencati nel comma 3 del previgente art. 83 cit.

2.1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c., anche in riferimento all’art. 3, seconda parte, titolo 1, c.c.n.l. commercio/terziario 2001-2002 (trasfuso nell’art. 100 del testo attualmente in vigore), nella parte in cui i giudici d’appello hanno attribuito a L.P. il superiore inquadramento nel II livello cit. pur ammettendo non esservi stato da parte sua un esclusivo svolgimento di mansioni asseritamente superiori nè esservi stata una loro prevalenza quantitativa rispetto alle mansioni complessivamente assegnate e svolte dalla lavoratrice; ulteriore errore lamentato dalla società ricorrente risiede nell’avere la sentenza impugnata trascurato che le mansioni di II livello sarebbero state pur sempre espletate collegialmente da L.P. e dai suoi colleghi N. e M. e in forma vicaria, ossia in (solo parziale) sostituzione del direttore del punto vendita quando costui era assente.

2.2. Doglianza sostanzialmente analoga viene fatta valere con il secondo motivo di ricorso, sotto forma di denuncia di vizio di omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’omessa valutazione, da parte della Corte territoriale, del necessario requisito della prevalenza delle mansioni superiori per conseguire il rivendicato inquadramento nel II livello.

3.1. I due motivi – da esaminarsi congiuntamente perchè connessi – sono infondati.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla società ricorrente, la sentenza impugnata non ha accertato lo svolgimento di mansioni promiscue di cui soltanto alcune proprie del II livello cit., ma ha evidenziato che da un pressochè concorde testimoniale è emerso che L.P. ha espletato per circa due anni mansioni globalmente riconducibili al superiore livello contrattuale rivendicato.

In tal modo la Corte territoriale ha operato correttamente, poichè nel giudizio ai fini dell’art. 2103 c.c. i compiti svolti dal dipendente devono essere valutati nella loro unitarietà, senza atomizzazioni o parcellizzazioni di singole funzioni che, isolatamente considerate, non farebbero mai emergere l’esatto tenore qualitativo d’una data posizione di lavoro.

Per l’esattezza, in sentenza si è ritenuto che le mansioni dell’odierna controricorrente, in quanto caratterizzate da autonomia operativa e da ampie funzioni di coordinamento e controllo, fossero proprie di profili come quelli del cassiere principale che sovrintende a più casse e del segretario di direzione con mansioni di concetto, profili entrambi inseriti nel II livello cit. c.c.n.l.

Si tratta di apprezzamento di risultanze probatorie non suscettibile di riesame in sede di legittimità.

Quanto alle mansioni vicarie – condivise anche con due colleghi, N. e M. – dei direttori succedutisi nel corso del tempo presso il punto vendita, la sentenza non ha affermato che esse fossero quantitativamente equiparabili a quelle del direttore, ma le ha valorizzate al fine del riconoscimento della complessiva qualità della prestazione. Inoltre ha considerato (come mero elemento indiziario e non in via di applicazione d’un inesistente principio di parità di trattamento) anche il fatto che il N. e il M. erano inquadrati nel II livello cit.

Nè osta all’acquisizione del rivendicato superiore inquadramento contrattuale il fatto che si trattasse di mansioni vicarie, essendo i direttori succedutisi nel biennio in cui la L. ha espletato mansioni superiori non già assenti per una delle ipotesi legali di sospensione del sinallagma funzionale del rapporto, bensì meramente assegnati, per scelta organizzativa della società, a concomitanti incarichi di area da svolgersi al di fuori del punto vendita ove operava la controricorrente.

In tal modo i giudici di merito hanno correttamente seguito l’insegnamento di questa S.C., secondo cui per lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, la cui sostituzione da parte di altro lavoratore avente una qualifica inferiore non attribuisce a quest’ultimo il diritto alla promozione ai sensi dell’art. 2103 c.c., deve intendersi soltanto quello che non sia presente in azienda a causa di una delle ipotesi di sospensione legale (sciopero, adempimento di funzioni pubbliche elettive, infortunio, malattia, gravidanza, puerperio, chiamata alle armi) o convenzionale del rapporto di lavoro, e non anche quello destinato, per scelta organizzativa del datore di lavoro, a lavorare fuori dell’azienda o in altra unità o altro reparto.

Ancora rilevano, ai fini dell’acquisizione del superiore livello contrattuale ex art. 2013 c.c., le mansioni sostitutive quando le funzioni vicarie siano travalicate in ragione del carattere permanente della sostituzione e della persistenza solo formale della titolarità in capo al superiore delle mansioni proprie della relativa qualifica, sempre per effetto di una stabile scelta organizzativa del datore di lavoro (cfr. Cass. n. 27825/09; Cass. n. 21021/06; Cass. n. 17659/02; Cass. n. 3145/02; Cass. n. 4479/91).

Per il resto i motivi di doglianza, ad onta del richiamo normativo contenuto nel primo di essi, in realtà sostanzialmente suggeriscono una rivisitazione del materiale istruttorio affinchè se ne fornisca una valutazione diversa da quella accolta dalla sentenza impugnata.

In altre parole, il ricorso si dilunga – nell’opporre al motivato apprezzamento della Corte territoriale – proprie difformi valutazioni delle prove testimoniali, ma tale modus operandi non è idoneo a segnalare un error in iudicando nè il vizio previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nel testo, applicabile ratione temporis, risultante dalla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134.

4.1. In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare in favore della controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dal L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2018

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