Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6793 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/03/2020, (ud. 11/06/2019, dep. 11/03/2020), n.6793

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 14578/2013R.G. proposto da:

MARCO SHOES SRL (C.F. (OMISSIS)), già PAVIMAR SRL, in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.

GIUSEPPE CIARAMELLA, elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’Avv. PIERPAOLO BAGNASCO in Roma, Via Civitavecchia n. 7;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania n. 161/3/12 depositata in data 10 maggio 2012;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 11 giugno 2019

dal Consigliere Filippo D’Aquino;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale BASILE TOMMASO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avv. GIUSEPPE CIARAMELLA per il ricorrente, che ha concluso

per l’accoglimento del ricorso e l’Avv. GIULIO BACOSI l’Avvocatura

Generale dello Stato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Marco Shoes s.r.l. (già Pavimar s.r.l.) impugnò un avviso di accertamento notificatole dall’Agenzia delle Entrate per il recupero del credito IVA dichiarato nell’anno 2003, già ottenuto a rimborso ma ritenuto insussistente in sede di controllo, in quanto derivante dalla detrazione dell’imposta afferente fatture ricevute dalla società – in corrispettivo di cessioni di beni ed in acconto del prezzo di lavori d’appalto e di servizi professionali commissionati – per importi superiori a quelli pagati anteriormente o contestualmente alla loro emissione.

La CTP di Caserta rigettò il ricorso e la CTR della Campania, con sentenza in data 10 maggio 2012, ha a sua volta rigettato l’appello della contribuente contro la prima decisione, rilevando che:

– le stesse difese dell’appellante, che aveva documentato di aver provveduto ai pagamenti parziali delle fatture negli anni 2005 e 2006, confermavano l’assunto dell’Ufficio;

– poichè le fatture non erano state saldate nel 2003, non ricorreva il presupposto per la rivalsa dell’IVA in esse addebitata, che la società aveva dunque legittimamente portato in detrazione in quell’anno;

non v’era stata duplicazione del recupero relativo ad una delle fatture in contestazione, posto che l’avviso ne indicava erroneamente il numero ma non l’importo.

La sentenza è stata impugnata da Marco Shoes con ricorso per cassazione affidato a due motivi. L’Agenzia delle Entrate ha partecipato all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 -Con i primi due motivi si deduce violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 17, 18,19, dell’art. 17 Dir. 77/388/CEE, par. 1, trasfuso nell’art. 167 Dir. 2006/112/CE, dell’art. 17 Dir. 77/388/CEE, par. 2, lett. a), trasfuso nell’art. 168 Dir. 2007/112/CE e dell’art. 178 Dir. 226/112/CE, per avere la CTR ritenuto indetraibile, e oggetto di recupero, il credito IVA rimborsato solo perchè relativo a fatture non pagate anteriormente o contestualmente alla loro emissione. Rileva che le operazioni oggetto di fatturazione sono state accertate come esistenti e che il diritto alla detrazione, a termini del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, trova titolo nella emissione della fattura e prescinde dal suo pagamento, che potrebbe non avvenire per le più svariate ragioni. Lamenta inoltre che il giudice d’appello abbia ritenuto irrilevante la documentazione contabile da essa prodotta che dimostrava l’infondatezza anche nel merito della pretesa erariale.

2 – Con il terzo motivo si deduce violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, nonchè vizio di motivazione della sentenza in relazione al capo che ha escluso che vi fosse stata duplicazione del recupero di una delle fatture.

3 – I primi due motivi, che sono fra loro connessi e possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati nei limiti che di seguito si precisano.

3.1 – Va premesso che il sistema comune dell’IVA mira a garantire la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, a condizione che tali attività siano soggette all’imposta, sgravando interamente l’imprenditore, attraverso il meccanismo della detrazione, dall’onere dell’IVA “dovuta od assolta” (Corte di Giustizia UE, 8 maggio 2019, En. Sa., C-712/17, punto 30; Corte di Giustizia UE, 29 ottobre 2009, NCC Construction Danmark, C-174/08, punto 27; Corte di Giustizia UE, 22 dicembre 2010, RBS DeutschlandHoldings, C-277/09, punto 38).

Secondo quanto previsto dalla Dir. 77/388 CEE (c.d. sesta direttiva), sostanzialmente trasfusa nella Dir. CEE 2006/112, per poter beneficiare del diritto alla detrazione, occorre che l’interessato sia un “soggetto passivo” ai sensi della direttiva medesima e che i beni o i servizi invocati per fondare il diritto gli siano stati ceduti o resi “a monte” da un altro soggetto passivo e siano stati da lui utilizzati “a valle” per le esigenze delle proprie operazioni soggette ad imposta (Corte di Giustizia UE, 12 aprile 2018, Biosafe, C-8/17, punto 31; Corte di Giustizia UE, 21 marzo 2018, Volkswagen, C-533/16, punto 41).

Poichè, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, il diritto sorge dal momento in cui l’imposta diventa esigibile, la contabilizzazione in detrazione dell’IVA deve avvenire in corrispondenza della data di emissione della fattura, restando in facoltà del soggetto acquirente l’emissione di una nota di variazione in diminuzione, qualora la prestazione non sia avvenuta o venga stornata (Cass., Sez. V, 16 dicembre 2011, n. 27141). Per contro, è irrilevante l’esecuzione parziale della prestazione caratteristica (Cass., Sez. V, 27 dicembre 2018, n. 33488) così come l’inadempimento parziale della prestazione non caratteristica (pagamento del prezzo).

Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, prevede poi che la fattura debba essere emessa “al momento di effettuazione dell’operazione” determinata a norma del medesimo D.P.R., art. 6, il quale stabilisce in via generale, al 1 comma, che le cessioni di beni si considerano effettuate nel momento della stipulazione se riguardano beni immobili e nel momento della consegna o spedizione se riguardano beni mobili, ed, al 3 comma, che le prestazioni di servizi (fra cui rientrano anche quelle dipendenti da contratti d’appalto) si considerano effettuate al momento del pagamento del corrispettivo.

Lo stesso art. 6, al comma successivo, fa tuttavia salva l’ipotesi che la fattura sia emessa anteriormente o indipendentemente dal pagamento del corrispettivo, nel qual caso l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato, alla data di emissione.

Ne consegue che, per ciò che attiene alla cessione di beni, ai fini del diritto alla detrazione è del tutto irrilevante che il cessionario abbia provveduto al pagamento del prezzo, mentre, per ciò che attiene alla prestazione di servizi, tale diritto sussiste qualora la fattura (anche in acconto) sia emessa in via anticipata rispetto alla data del suo pagamento.

3.2 – Sulla scorta di tali premesse, risulta evidente l’erroneità della decisione impugnata, in quanto la CTR, pur dando atto che la contribuente aveva documentato di aver corrisposto in buona parte il prezzo delle prestazioni fatturate negli anni 2005/2006, ha escluso il suo diritto alla detrazione dell’IVA limitandosi a rilevare che le fatture non erano state interamente pagate nell’anno di imposta in cui erano state emesse.

Dalla lettura della parte espositiva della sentenza, nonchè dell’avviso di accertamento (riportato integralmente in ricorso), emerge tuttavia che, a dispetto dell’anodino contenuto dell’atto impositivo, e contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’Ufficio aveva in realtà inteso contestare una “sovrafatturazione”, (ovvero la fatturazione di operazioni in tutto o in parte inesistenti) presumendo che, in mancanza di pagamento, le operazioni fatturate non fossero state eseguite: in sostanza l’avviso, dando per scontato che tutte le fatture si riferissero a prestazioni di servizi, fondava l’insussistenza del presupposto per la detrazione sul disposto del citato art. 6, comma 3, escludendo invece, implicitamente, che si versasse nell’ipotesi disciplinata dal comma 4 della norma.

Compito del giudice del merito era dunque di accertare se l’Agenzia, sulla quale ricadeva il relativo onere, avesse fornito prova del proprio assunto, ovvero dell’emissione a carico della società ricorrente di fatture relative a prestazioni che le cedenti non avevano reso nè erano tenute a rendere in base ai contratti stipulati.

3.3 – Poichè l’indagine sul punto, che costituiva l’effettivo thema decidendum della controversia, è stata totalmente omessa, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa, per un nuovo esame, alla CTR della Campania in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

3.4. Resta assorbito il terzo motivo del ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso nei sensi di cui in motivazione, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla CTR della Campania in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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