Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6792 del 02/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 02/03/2022, (ud. 12/01/2022, dep. 02/03/2022), n.6792

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16218-2020 proposto da:

K.S.M. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MASSIMILIANO MARINELLI;

– ricorrente –

contro

S.G., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato DOMENICO BUCCA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 158/2020 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 04/03/2020 R.G.N. 591/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/01/2022 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Messina, con la sentenza n. 158/2020, ha confermato la pronuncia del 12.11.2019 resa dal Tribunale della stessa sede con la quale era stato dichiarato risolto, a far data dall’intimato licenziamento, il rapporto di lavoro tra K.s.m. spa e S.G., all’esito della procedura di mobilità, ed era stata condannata parte datoriale a corrispondere al lavoratore una indennità risarcitoria pari a 20 mensilità, commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto.

2. Per quello che interessa in questa sede, i giudici di seconde cure hanno rilevato che la K.s.m. spa non aveva ritualmente osservato le prescrizioni comportamentali dettate dalla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9 in tema di rituale e tempestiva comunicazione all’Ufficio Regionale del lavoro e della massima occupazione competente, alla Commissione regionale per l’impiego e alle associazioni di categoria, dell’elenco dei lavoratori licenziati. In particolare, respinta l’eccezione di non corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 c.p.c., la Corte territoriale ha evidenziato che: la comunicazione del 7.8.2017 (rubricata “L. 23 luglio 1991, n. 223. Informativa delle modalità e dei criteri di attuazione dei licenziamenti ex L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9”), che era stata inviata peraltro il giorno antecedente ai primi licenziamenti, conteneva la graduatoria dei lavoratori coinvolti senza però specificare il numero ed il nominativo dei soggetti licenziati; con successiva nota del 14.9.2017, “per quanto previsto dall’art. 4” era stata trasmessa per la prima volta l’elenco nominativo dei primi 42 dipendenti in mobilità con risoluzione del rapporto di lavoro con effetti dalla data indicata per ciascuno di essi; la iniziale graduatoria era stata poi rettificata con successive note del 9.10.2017 e del 20.10.2017 senza alcun chiarimento in ordine alle ragioni di tale rettifica; con nota del 4.12.2017 la K.s.m. spa aveva trasmesso un ulteriore elenco di 80 dipendenti, in aggiunta a quelli già comunicati, posti in mobilità; il licenziamento al S. era stato, nel frattempo, intimato il 2.11.2017, con comunicazione ricevuta l’8.11.2017. La Corte di merito ha ritenuto, pertanto, che la comunicazione del 7.8.2017 non poteva configurare il reale provvedimento della procedura di mobilità collettiva in quanto carente dell’indicazione dei lavoratori licenziati e oggetto di successive rettifiche, che determinavano una illegittima parcellizzazione della stessa.

3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la K.s.m. spa affidato ad un solo motivo, cui ha resistito con controricorso Gaetano S..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico articolato motivo la ricorrente denuncia la violazione della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto che nella comunicazione finale di cui alla norma citata non fosse sufficiente l’allegazione della graduatoria di tutti i dipendenti della K.s.m. spa, con l’indicazione dei punteggi attribuiti a ciascuno di essi, ma si dovessero immediatamente indicare anche i lavoratori in concreti licenziati.

2. Il motivo è infondato.

3. In sede di legittimità, invero, è stato affermato il principio, cui si intende dare seguito, secondo il quale, in tema di licenziamento collettivo, la comunicazione, ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, anche dopo le modifiche apportate dalla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 44, per assolvere alla funzione cui è normativamente preordinata, non può essere parcellizzata in tante comunicazioni – ciascuna limitata ai lavoratori fino a quel momento licenziati ed effettuata entro sette giorni dai singoli licenziamenti – ma deve essere unica, cioè tale da esprimere l’assetto definitivo sull’elenco dei lavoratori da licenziare e sulle modalità di applicazione dei criteri di scelta (Cass., n. 23034/2018).

4. La Corte territoriale si è correttamente attenuta a questo principio rilevando che, nella fattispecie, nel provvedimento conclusivo L. n. 223 del 1991, ex art. 4, comma 9 non erano stati indicati il numero e i nominativi dei lavoratori da licenziare che non corrispondevano con tutti i soggetti trascritti nell’elenco allegato alla prima nota del 7.8.2017; inoltre, ha specificato che a questa comunicazione, a prescindere dal fatto che fosse stata inviata prima dei licenziamenti, ne erano seguite altre due contenenti rettifiche di graduatoria che privavano, quindi, la prima comunicazione del carattere di definitività e di esaustività richiesto dalla legge.

5. Correttamente, quindi, i giudici di seconde cure hanno precisato che la comunicazione del 7 agosto 2017 risultava inidonea, sotto i profili di trasparenza informativa, completezza contenutistica e di rispetto della rigida scansione procedimentale, a consentire un adeguato controllo alle parti sociali e alle amministrazioni interessate ed essendo data comunicazione dei recessi soltanto con le suindicate note successive, ben oltre il termine perentorio di sette giorni.

6. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

7. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.

8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore del difensore dichiaratosi anticipatario. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 12 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2022

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