Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6791 del 10/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 10/03/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 10/03/2020), n.6791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2882-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3968/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 12/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE

MARIA ENZA.

Fatto

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.R. del Lazio, che in controversia su diniego di rimborso delle ritenute Irpef anno 2004, operate sulle competenze versate dal Fondo previdenziale complementare ai dipendenti della Banca commerciale italiana senza la detrazione della franchigia del 4% TUIR ex art. 17, comma 2 – nella versione applicabile ratione temporis in relazione all’anno 2000 – ha respinto l’appello dell’Ufficio. La C.T.R. ha ritenuto che, in base alla documentazione prodotta è stato dimostrato l’effettivo versamento del contributo durante il rapporto lavorativo in misura non inferiore al 4% annuo della retribuzione; e che il CDA della BCI ha disposto che il fondo verrà alimentato con contributi del personale; che solo dopo il 1994, per effetto della riforma pensionistica, è stata posto eliminato il meccanismo dello chassè-croiset.

Il contribuente è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo di ricorso, si deduce violazione di legge, violazione e falsa applicazione del TUIR, art. 17, comma 2, e art. 48, comma 2 (ora artt. 19 e 51) ex art. 360 c.p.c., n. 3, laddove ritiene detraibili dall’imponibile di cui al fondo di previdenza complementare i contributi versati dal lavoratore. Deduce che, essendo la previdenza complementare facoltativa, ad essa va applicato il t.u.i.r., art. 48, comma 2 (ora art. 51), secondo cui “non concorrono a formare il reddito (solo) i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge”; di conseguenza, non essendo i contributi versati al fondo di previdenza complementare imposti da norme di legge, ma solo da convenzione tra le parti, essi concorrono a formare il reddito imponibile senza alcuna detrazione.

2. Il motivo è fondato.

3. Secondo l’indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, la prestazione di capitale che un fondo di previdenza.) complementare per il personale di un istituto bancario (nella specie, il Fondo di previdenza complementare per il personale della Banca Commerciale Italiana) effettui in favore di un ex dipendente, in forza di accordo risolutivo di ogni rapporto inerente al trattamento pensionistico integrativo in godimento (cd. “zainetto”), costituisce, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, comma 2, reddito della stessa categoria della “pensione integrativa” cui il dipendente ha rinunciato e va, quindi, assoggettato al medesimo regime fiscale cui sarebbe stata sottoposta la predetta forma di pensione. Ne consegue che la base imponibile su cui calcolare l’imposta è costituita dall’intera somma versata dal fondo, senza che sia possibile defalcare da essa i contributi versati, in quanto, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48, lett. a) (nel testo in vigore fino al 31 dicembre 2003), gli unici contributi previdenziali e/o assistenziali che non concorrono a formare il reddito sono quelli versati in ottemperanza a disposizioni di legge (Cass. n. 11156 del 7/5/2010; n. 23030 del 29/10/2014; n. 124 del 4/1/2018). (Cass. 17965/2019; n. 24558 del 2019; 10479/2018).

3.1. L’imponibile delle prestazioni erogate dai fondi di previdenza complementare per il personale degli istituti bancari include pertanto anche i contributi versati dal dipendente, attesa la loro natura facoltativa (cfr. Cass. n. 27078 e n. 27079 del 2016, là dove si afferma che “il Fondo pensione Comit, in quanto iscritto all’Albo dei fondi presso la COVIP e assoggettato alla sua vigilanza, costituisce una forma di previdenza complementare, concretizzandosi in una prestazione in forma di rendita realizzata in modo volontario, con lo scopo di integrare la pensione pubblica”), essendo fiscalmente esenti a norma del TUIR, art. 48, vigente ratione temporis (oggi art. 51) soltanto i contributi previdenziali obbligatori, quelli versati cioè “in ottemperanza a disposizioni di legge” (Cass. 11156 del 2010, n. 124 e n. 2201 del 2018).

4. Il ricorso va, quindi, accolto, dovendosi dare continuità al consolidato orientamento giurisprudenziale in materia (da ultimo, v. Cass. n. 17965/19; n. 24558/19; n. 10479/2018; nn. 5024, n. 5142 e n. 5144 del 2018); la sentenza va cassata con rinvio alla CTR del Lazio, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia, anche per le spese, alla CTR del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2020

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