Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6790 del 10/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 10/03/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 10/03/2020), n.6790

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2672-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

RETE RINNOVABILE SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA SCROFA 57,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE RUSSO CORVACE, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARCO EMMA, LAURA

TRIMARCHI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

– intimati –

avverso la sentenza n. 4315/7/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 22/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE

MARIA ENZA.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 4315/2018 dep. 22.6.2018, la Commissione tributaria regionale del Lazio confermava la decisione della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva accolto il ricorso proposto Rete rinnovabile srl contro l’avviso con il quale l’Agenzia delle entrate aveva liquidato imposte di registro, ipotecaria e catastale, in relazione all’atto stipulato tra la società contribuente e da Terna – Rete Elettrica Nazionale S.p.A., definito come contratto di affitto, relativo ad un destinato alla costruzione di un impianto fotovoltaico, e riqualificato dall’Ufficio come contratto di concessione di diritto reale di superficie per la costruzione di un impianto fotovoltaico.

Disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata presentazione di istanze di rimborso da parte della contribuente, rilevava la CTR che la sentenza di primo grado aveva erroneamente ritenuto l’atto non motivato, sussistendo idonea motivazione nel richiamo al TUR, art. 20, e nel riporto delle clausole contrattuali prese a base dell’accertamento della diversa natura del contratto. Conferma nel merito la sentenza dei primo grado statuendo che il contratto intercorso tra Rete Rinnovabile s.r.l. e Terna – Rete Elettrica Nazionale S.p.A., interpretato secondo la comune intenzione delle parti, quale emergeva dal suo insieme e dalle singole clausole contrattuali, presentava il contenuto e gli effetti propri di un contratto di un contratto atipico di affitto ad effetti obbligatori espressione di autonomia privata ex art. 1322 c.c., e non di un contratto di concessione di un diritto reale di superficie, come invece ritenuto dall’Amministrazione finanziaria. Riteneva non determinanti ai fini della diversa qualificazione del contratto la previsione delle spese straordinarie a carico del conduttore – non significativo in quanto non si riferisce al terreno ma agli impianti; la pattuizione di un canone correlato al diritto di recesso costituisce il corrispettivo del godimento del terreno; e l’acquisto gratuito dell’impianto fotovoltaico alla scadenza del contratto.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo del ricorso principale l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, nonchè degli artt. 952,953,1571,1576,1587,1590 e 1615 c.c., per avere erroneamente la CTR qualificato l’atto negoziale in discussione come contratto di affitto/locazione e non come contratto di concessione del diritto reale di superficie.

2. Il motivo è infondato.

2.1. Va preliminarmente precisato che la questione di incostituzionalità sollevata con ordinanza n. 23549 del 02.07.2019 in merito al TUR, art. 20, non incide sulla fattispecie in esame, per la quale non è in contestazione il collegamento con altri elementi extratestuali e degli atti collegati dall’opera di qualificazione negoziale (oggetto del giudizio di costituzionalità) ma esclusivamente l’indagine sulla corretta interpretazione di atto negoziale.

2.2. Questa Corte ha in argomento affermato che, in tema di imposte di registro, ipotecaria e catastale, in applicazione della regola interpretativa di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, che consente all’Ufficio di dare una qualificazione oggettiva dell’atto o degli atti soggetti a registrazione, secondo la causa concreta dell’operazione negoziale complessivamente considerata, che, In tema d’imposta di registro, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, l’Amministrazione finanziaria, pur non essendo tenuta a conformarsi alla qualificazione attribuita dalle parti al contratto, non può travalicare lo schema negoziale tipico in cui l’atto risulta inquadrabile” salva la prova, da parte sua, sia del disegno elusivo sia delle modalità di manipolazione ed alterazione degli schemi negoziali classici. (Cass. n. 722 del 15/01/2019).

2.3. E’ stato altresì statuito che il criterio fissato dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, impone di privilegiare l’intrinseca natura e gli effetti giuridici, rispetto al titolo e alla forma apparente degli stessi, con la conseguenza che i concetti privatistici relativi all’autonomia negoziale regrediscono, di fronte alle esigenze antielusive poste dalla norma, a semplici elementi della fattispecie tributaria, per ricostruire la quale dovrà, dunque, darsi preminenza alla causa dei negozi giuridici (cfr. Cass. n. 23584/12, n. 6835/13, n. 17965/13, n. 3481/14). Va, però, nel contempo evidenziato che, quando si ponga la questione relativa alla interpretazione dell’atto soggetto a tassazione per evidenziarne l’intrinseca natura, il giudice tributario è tenuto a considerare le deduzioni difensive sul punto, maggiormente, se suffragate da specifica documentazione, motivandone la eventuale non decisività, ma non può certo non tenerne conto, venendo meno, così, all’obbligo motivazionale (Cass. n. 2048 2017).

3. Nel caso de quo il giudice di merito, cui spetta la qualificazione dei negozi giuridici, ha sul punto analizzato le motivazioni dell’Ufficio, escludendone la rilevanza nella fattispecie, e congruamente motivando sulla irrilevanza degli elementi su cui l’Ufficio aveva fondato la diversa valutazione (cfr. Cass. 722/2019).

4. Con il ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, la società contribuente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2 bis, per avere la CTR ritenuto sufficientemente motivato l’avviso impugnato, che non contiene, contrariamente a quanto asserito, gli elementi richiesti dalla norma indicata per la motivazione degli atti tributari.

5. Il motivo, a parte i profili di inammissibilità per carenza di autosufficienza, non riportando il testo dell’avviso impugnato al fine di verificare le lacune motivazionali denunciate, è infondato, avendo la CTR disposto conformemente alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la motivazione di un avviso di rettifica e di liquidazione ha la funzione di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, consentendo al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che, fermo restando l’onere della prova gravante sulla Amministrazione, è sufficiente che la motivazione contenga l’enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è stato determinato il maggior valore, senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l’applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l’infondatezza della pretesa erariale, senza poter invocare la violazione, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2-bis, del dovere di allegazione delle informazioni previste ove il contenuto essenziale degli atti sia stato riprodotto sull’avviso di accertamento (Cass. n. 22148 del 22/09/2017).

La Corte, conclusivamente rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale.

Condanna alle spese del giudizio l’Agenzia delle entrate, ricorrente principale, liquidate come in dispositivo; non si provvede alla condanna alle spese del ricorrente incidentale, dato il peso specifico trascurabile del ricorso incidentale.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese, liquidate in Euro 1.500,00, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2020

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