Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6789 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. trib., 01/03/2022, (ud. 08/02/2022, dep. 01/03/2022), n.6789

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 30777/2020 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

ARRIVA UDINE SPA (già AUTOSERVIZI FVG SPA – SAF), elettivamente

domiciliata in Roma Via Cardinal de Luca n. 10 presso lo studio

dell’avvocato Tullio Elefante che la rappresenta e difende.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. FRIULI-VENEZIA GIULIA n.

34/01/20, depositata il 24/02/2020.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’08 febbraio

2022 ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma

8-bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, dal Consigliere

Riccardo Guida.

Dato atto che il Sostituto Procuratore Generale Fulvio Troncone ha

concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Autoservizi FVG Spa – SAF, esercente il servizio di trasporto pubblico locale nelle province di Udine e di Belluno, presentò istanza di rimborso della maggiore Irap cautelativamente versata per l’annualità 2013 ed asserì di avere diritto alla riduzione della relativa base imponibile dichiarata in applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997 (c.d. cuneo fiscale), novellato art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2 e 4. Al diniego di rimborso opposto dall’Amministrazione finanziaria, che riteneva che la società operasse in regime di “concessione” e a “tariffa” e che, dunque, non presentasse i requisiti richiesti per fruire del beneficio, seguì il contenzioso, promosso dalla contribuente, e la C.T.P. di Udine, con sentenza n. 65/2019, (per quanto adesso rileva) respinse la domanda.

2. La CTR del Friuli-Venezia Giulia, con la sentenza in epigrafe, in riforma della decisione di primo grado, ha accolto l’appello della contribuente sul duplice rilievo che essa operava in forza di appalto di servizi ed applicava all’utenza una tariffa non remunerativa.

3. L’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza d’appello e la società resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso (“1. Falsa applicazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 11. Denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).”), l’Agenzia assume che è pacifico tra le parti ed è stato anche ritenuto dalla C.T.R. che ai fini dell’esclusione del beneficio fiscale debbano sussistere congiuntamente le due condizioni dell’impresa che opera “in concessione” e “a tariffa”. Svolta questa premessa, l’ufficio imputa alla sentenza impugnata di avere erroneamente qualificato il rapporto tra la Pubblica amministrazione e la società contribuente quale appalto di servizi e di avere contra legem escluso il carattere remunerativo della tariffa del servizio di trasporto pubblico locale.

2. Con il secondo motivo (“2. Falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2) e 4). Violazione degli artt. 1362,(1363),1365 e 1366 c.c.. Violazione dell’art. 2697 del codice civile. Denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata che, a causa dell’erronea interpretazione del contratto di servizio stipulato dalla contribuente con la Provincia di Udine in data 11/12/2000, ha escluso che si tratti di una concessione, ha ravvisato un contratto sinallagmatico e segnatamente un appalto di servizi, cui è correlata una tariffa non remunerativa, senza considerare che dal tenore complessivo delle clausole contrattuali emergeva che alla società era affidato l’esercizio di un servizio di pubblico interesse, sotto il permanente controllo dell’ente territoriale, con la previsione della possibilità della decadenza della concessione, in caso di adempimento della società, nonché della potestà in capo alla Pubblica amministrazione di revocare il sevizio e di irrogare sanzioni. Il contenuto di queste clausole negoziali, per l’Agenzia, non consente di qualificare il rapporto intercorso tra la parte privata e la P.A. alla stregua di un contratto di diritto privato. Sotto altro profilo, con riferimento al requisito economico della “tariffa remunerativa”, l’Agenzia ascrive alla Commissione regionale di non avere effettuato alcuna valutazione in merito alla circostanza che il servizio pubblico di trasporto svolto dalla contribuente era senz’altro remunerato mediante “tariffa”. In ultima analisi, la ricorrente si duole della sentenza impugnata che ha riconosciuto la sussistenza di una tariffa non remunerativa, testualmente (cfr. pag. 26 del ricorso per cassazione) “in mancanza della prova del diritto alla deduzione il cui onere, evidentemente, era posto a carico del contribuente che tale diritto dichiara di vantare (ciò, d’altro canto, in applicazione del principio di vicinanza della prova).”.

3. I due motivi, suscettibili d’esame congiunto per connessione, sono infondati.

3.1. Innanzitutto, si rileva che, come ha eccepito la difesa della società (così alle pagg. 7 e seguenti del controricorso), la natura giuridica del rapporto contrattuale intercorso tra la Pubblica amministrazione ed Autoservizi FVG Spa – SAF è coperta dal giudicato, rappresentato dalle ordinanze di questa Corte nn. 2245/2018 e 2244/2018, le quali, in relazione ai medesimi rapporti contrattuali oggetto di questo giudizio (il contratto tra la società e la Provincia di Belluno, n. 307 del 27/01/2003, e quello tra la società e la Provincia di Udine n. 35263 dell’11/12/2000), con riferimento alle impugnative dei dinieghi di rimborso Irap (rispettivamente) per i periodi d’imposta 2007 e 2009, fondate sugli stessi presupposti adesso in esame, disattendendo gli appelli dell’ufficio, hanno confermato le decisioni di secondo grado che, a loro volta, (così, testualmente, si esprime la C.T.R. nelle due pronunce trascritte nelle citate ordinanze della Corte) “escludevano un regime concessorio mentre palesavano l’esistenza di un appalto pubblico”.

3.2. In secondo luogo, è il caso di rammentare che una volta acclarato, alla luce degli anzidetti giudicati, che nella specie non si è in presenza rapporti concessori, ma di appalti di servizi, viene meno il primo e assorbente requisito di esclusione del beneficio fiscale, che pertanto deve essere riconosciuto, come si evince dalla giurisprudenza di questa Corte, che menziona le indicazioni della Commissione dell’UE (dec. 12/09/2007 C(2007) 4133, def.) ed i chiarimenti governativi dati in quella sede.

3.3. Invero, per Cass. 12/12/2019, n. 32633 (in senso conforme, in motivazione, Cass. 11/08/2020, 16889; 14/10/2020, n. 22156; 22/10/2021, n. 29504; 15/09/2021, n. 24977) “L’Agenzia delle entrate (circ. 19/11/2007, n. 61/E: deduzioni dalla base imponibile Irap – riduzione del cuneo fiscale) ha chiarito che la misura agevolativa non si applica alle imprese che svolgono attività “regolamentata” (cc.dd. “public utilities”), ossia a tutti quei soggetti che svolgono la propria attività (sotto il profilo giuridico) in forza di una concessione traslativa (con la quale l’ente pubblico conferisce ad un soggetto privato diritti o potestà inerenti (a) un’attività economica in origine riservata alla pubblica amministrazione e che, tuttavia, questa non intenda esercitare direttamente), ricevendo (sotto il profilo economico) un corrispettivo costituito da una tariffa, ossia da un prezzo fissato o regolamentato dalla pubblica amministrazione in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa gestione; la Commissione Europea (dec. 12/09/2007 C(2007) 4133, def.) ha riconosciuto la legittimità dell’esclusione del beneficio fiscale, nei confronti delle public utilities, prendendo atto che: (p. 33.) “le autorità italiane hanno giustificato l’esclusione sostenendo che essa ha lo scopo di evitare la potenziale sovracompensazione generata dalla misura in quanto l’attuale livello delle tariffe è stato determinato tenendo conto dell’onere Irap prima della riforma, ossia senza le deduzioni dalla base imponibile introdotte dalla misura. In effetti i pubblici servizi interessati sono soltanto quelli operanti in settori nei quali si tiene già interamente conto dell’onere fiscale nella determinazione della tariffa. (p. 34.) Inoltre, per quanto riguarda il futuro, le autorità italiane si sono impegnate a far sì che l’esclusione non determini né vantaggi né svantaggi per i pubblici servizi in quanto i costi fiscali continueranno a essere presi in considerazione. Per questi motivi l’esclusione dei pubblici servizi operanti in concessione e a tariffa non determinerà un vantaggio o uno svantaggio selettivo.”; per questa ragione, tenuto conto della neutralità dell’esclusione del beneficio fiscale rispetto ai servizi pubblici operanti in concessione e a tariffa, la Commissione Europea ha negato che la misura costituisse aiuto di Stato, incompatibile con il mercato comune, ai sensi del trattato CE, art. 87, p. 1; a giudizio di questa Corte la necessità d’intendere il criterio normativo della “tariffa” come “tariffa remunerativa”, ossia capace di generare un profitto, è coerente con la ratio giustificatrice del c.d. cuneo fiscale: consentire, indiscriminatamente, a tutte le imprese operanti nel settore dei pubblici servizi di fruire delle deduzioni Irap darebbe luogo a un utile insperato, genererebbe cioè quella sovracompensazione (secondo la terminologia dell’Amministrazione finanziaria) capace di frustrare l’obiettivo perseguito dall’autorità di regolamentazione con la fissazione delle tariffe; per converso, escludere dal beneficio fiscale le imprese del settore che applicano una tariffa non remunerativa, causerebbe uno svantaggio selettivo, ossia un pregiudizio economico del tutto ingiustificato.”.

4. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

5. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00, a titolo di compenso, Euro 200,00, per esborsi, oltre al 15% sul compenso, a titolo di rimborso forfetario delle spese generali, e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 08 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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