Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6788 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. trib., 01/03/2022, (ud. 10/02/2022, dep. 01/03/2022), n.6788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13279/12 R.G., proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– Ricorrente –

contro

SOCIETE’ GENERALE S.A., in persona del legale rapp.te p.t.,

rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in margine al

controricorso, dall’avv.to Gabriele Escalar e dall’avv.to Livia

Salvini, con i quali sono elettivamente domiciliati in Roma, Viale

Giuseppe n. 11;

– Controricorrente –

avverso la sentenza n. 131/14/12 della Commissione tributaria

regionale del Lazio, depositata in data 21 febbraio 2012, notificata

in data 23 marzo 2012.

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Rosita

D’Angiolella nella camera di consiglio del 10 febbraio 2022.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. A seguito delle sentenze nn. 23656, 23657 e 23658 del 61/11/206 della Corte di Cassazione, l’Agenzia delle entrate rimborsava alla società Societe’ Generale S.A. (di seguito, anche “Società”) la somma di Euro 41.070.937,00, di cui Euro 33.131.136,00 a titolo di capitale ed Euro 7.939.801,00 a titolo di interessi, per crediti IRPEG riconosciuti dalle predette sentenze alla Società.

2. La Societe’ Generale S.A. presentava, in data 16 novembre 2007, all’Agenzia delle entrate, istanza di rimborso con la quale chiedeva l’ulteriore pagamento di Euro 299.533,00 a titolo di minor rimborso corrisposto sugli interessi; con ricorso del 12 gennaio 2008, la Società impugnava il silenzio rifiuto maturato sulla predetta istanza di rimborso lamentando l’errata applicazione da parte dell’Ufficio del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 44, in quanto per gli interessi relativi al semestre 25/02/2003-25/08/2003, era stato applicato il saggio semestrale vigente alla fine del semestre stesso, pari ad 1,375% successivamente alle variazioni apportate dal D.M. 27 giugno 2003, in luogo di quello in vigore all’inizio del semestre, fino al 30 giugno 2003, pari a 2,5%.

3. L’Agenzia delle entrate, sin dalla costituzione in giudizio di primo grado, controdeduceva che gli interessi erano stati calcolati con decorrenza per semestre intero, escluso il primo, dalla data di presentazione della domanda di rimborso a quella dell’ordinativo del rimborso, in base alle variazioni succedutisi nel tempo. La CTP di Roma accoglieva il ricorso della Società, sicché l’ufficio proponeva appello ribadendo la corretta applicazione del D.P.R. cit., art. 44.

4. La CTR del Lazio, con la sentenza in epigrafe, confermava la decisione dei primi giudici e rigettava l’appello dell’Ufficio.

5. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso in Cassazione avverso tale sentenza, affidato ad un unico motivo, ha depositato documenti, ex art. 372 c.p.c. ed ha depositato memoria telematica.

6. La Società ha resistito con controricorso ed ha presentato memoria telematica.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. L’eccezione di inammissibilità del ricorso perché notificato oltre il termine breve di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 51, è fondata.

2. La Società ha riprodotto in copia (v. pag. 11 del controricorso) l’avviso di ricevimento del plico raccomandato della notifica della sentenza della CTR e, dal timbro ivi apposto, risulta che il plico è stato ricevuto dall’Amministrazione erariale il 23 marzo 2012. Di qui, la Società ha eccepito che il termine breve per l’impugnazione della sentenza, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 51, comma 1, era già scaduto al termine della proposizione del ricorso; ed invero, essendo stata la sentenza notificata in data 23 marzo 2012, il termine per la notifica del ricorso scadeva il 22 maggio 2012, mentre il ricorso è stato notificato in data 25 maggio 2012.

3. L’Agenzia delle entrate – che non contesta l’esistenza e la fedele riproduzione della copia dell’avviso prodotto dalla Società, ma soltanto la mancanza di firma dell’addetto al recapito – ha depositato, ex art. 372 c.p.c., al fine di comprovare la tempestività del ricorso in cassazione, un estratto del registro di protocollo di entrata fornito dalla Direzione Provinciale I di Roma, da cui risulta che la notificazione della sentenza impugnata è pervenuta all’Agenzia delle entrate in data 26 marzo 2012.

4. Nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., la Società ha eccepito la totale irrilevanza dell’estratto del registro di protocollo di entrata, in quanto atto di parte come tale inidoneo a comprovare la ricezione dell’atto notificato a mezzo posta per il quale fa fede della consegna reale solo il timbro postale.

5. Orbene, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità formatasi in diverso contesto, “Nel processo tributario, non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso (o dell’appello), che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente (o l’appellante), al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. Solo in tal caso, infatti, l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione; invece, in loro mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso (o dell’appello), unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto (o della sentenza).” (v. Sez. U, 29/05/2017, n. 13452, Rv. 644364-03, richiamata nella memoria di parte controricorrente).

6. Secondo i principi stabiliti dalla Suprema Corte, dunque, ove sull’avviso di ricevimento sia apposto dall’agente postale almeno il timbro a secco dell’ufficio accettante, la data ivi stampigliata attesta il giorno di spedizione “perché la timbratura eseguita in un pubblico ufficio postale equivale ad attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui la timbratura è stata eseguita (Cass. n. 17335 del 2015; conf. n. 8438 del 2012)” (così, al p. 5.9 della motivazione della sentenza Sez. U. n. 13452 del 2017 cit.).

7. Sul punto, è stato precisato che la veridicità dell’apposizione della data mediante il timbro postale a calendario, è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, in quanto si riferisce all’attestazione di attività compiute dal pubblico agente nell’esercizio delle sue funzioni in relazioni alla ricezione (v. Cass. pen., 14.4.1994 – Cass. pen. 1996, 93, s.m., come richiamate dalle Sez. U, nella citata sentenza n. 13452 del 2017). Infatti, riguardo al timbro postale mancante di firma si ritiene che si ha atto pubblico in senso tecnico giuridico, pur in difetto di sottoscrizione dell’atto stesso, esistendo la possibilità d’identificarne la provenienza e non richiedendone la legge la sottoscrizione ad substantiam (Cass. pen., 10/1/1989 – Cass. pen. 1991, I, 418, s.m.; conf. 01/03/1985 – Cass. pen. 1986, 1083, s.m.; 27/05/1982 – Cass. pen. 1983, 1980, s.m.; v. sull’accettazione del plico Cass. pen., 27/01/1987 – Cass. pen. 1988, 826, s.m., tutte richiamate da Sez. U, n. 13452 del 2017 cit.).

8. In base a tale principi, dunque, alcuna rilevanza può avere il protocollo in entrata dell’Ufficio dell’Agenzia delle entrate, poiché il timbro apposto sull’avviso di ricevimento quale prova della notifica eseguita a mezzo del servizio postale, non ammette equipollenti, con la conseguenza che il protocollo in entrata dell’Agenzia delle entrate, pur recante il numero cronologico e la data, e nonostante la natura eventualmente pubblica, è atto di organizzazione interna e che ivi esaurisce la sua rilevanza (v. Sez. 5, 10/12/2007, n. 25753; Sez. 61, 09/05/2014, n. 10136; v. Sez. 6- 5, 18/11/2016, n. 23546 che, solo in caso di smarrimento dell’avviso di ricevimento, sopperisce alla sua mancanza mediante rilascio di un duplicato ai sensi del D.P.R. 29 maggio 1982, n. 655, ex art. 8).

9. Conclusivamente, il ricorso è inammissibile.

10. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza dell’Agenzia delle entrate e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della società ricorrente, liquidate in Euro 7.800,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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