Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6784 del 15/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 15/03/2017, (ud. 03/02/2017, dep.15/03/2017),  n. 6784

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25738-2015 proposto da:

STUDIO G. – DOTTORI COMMERCIALISTI, C.F e P.I. (OMISSIS), in

persona degli associati e legali rappresentanti, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TEODOSIO MACROBIO 3, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE NICCOLINI che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIANPAOLO FOSSA;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO n. (OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso il decreto n. 11084/2015 del TRIBUNALE di MILANO, depositata

il 05/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/02/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO

LAMORGESE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Milano, con decreto del 5.10.2015, ammetteva lo Studio G. – Dottori commercialisti al passivo del fallimento (OMISSIS) s.r.l. per la somma di Euro 70.653,66, in via chirografaria, negando il riconoscimento del privilegio richiesto dal ricorrente a norma dell’art. 2751-bis c.c., n. 2.

Osservava il tribunale, per quanto ancora interessa, che la presentazione della domanda di insinuazione da parte dello studio associato lasciava presumere l’esclusione della personalità del rapporto di opera professionale e dunque l’inesistenza dei presupposti per il riconoscimento del privilegio.

Aggiungeva, inoltre, che nemmeno era possibile individuare una prestazione professionale svolta individualmente da uno dei professionisti dello studio, posto che era lo stesso opponente ad escludere la personalità della prestazione, allegando che per l’espletamento dell’attività si era avvalso dell’ausilio della propria organizzazione e quindi dello studio associato.

Avverso tale decreto lo Studio G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi: con il primo lamenta la violazione o falsa applicazione di una norma di diritto in relazione all’art. 2751-bis c.c., n. 2, sostenendo che la proposizione della domanda di ammissione da parte di uno studio associato pone una mera presunzione di esclusione della personalità del rapporto, superabile in presenza di una documentazione che consenta di individuare i compensi riferiti alle prestazioni direttamente e personalmente svolte dal singolo associato; con il secondo, lamenta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5) in relazione alla corretta applicazione dell’art. 2751-bis c.c. ed all’assolvimento degli oneri probatori ex art. 2697 c.c., avendo il tribunale trascurato di considerare le peculiarità dell’associazione professionale in oggetto ed i numerosi elementi dai quali si evinceva il carattere personale della prestazione.

La curatela fallimentare non ha svolto difese.

Comunicato il decreto di fissazione di adunanza, a seguito della proposta del relatore che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ravvisava la manifesta infondatezza del ricorso, proponendo la trattazione in camera di consiglio non partecipata dalla Sesta sezione civile, parte ricorrente depositava la memoria difensiva di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Entrambi i motivi di ricorso sono infondati.

Con riguardo al primo, questa Corte ha affermato il principio secondo cui “la domanda di insinuazione al passivo fallimentare proposta da uno studio associato fa presumere l’esclusione della personalità del rapporto d’opera professionale da cui quel credito è derivato e, dunque., l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis c.c., n. 2, salvo che l’istante dimostri che il credito si riferisca ad una prestazione svolta personalmente dal professionista, in via esclusiva o prevalente, e sia di pertinenza dello stesso professionista, pur se formalmente richiesto dall’associazione” (Cass. civ. n. 6285 del 2016).

Di tale principio il tribunale ha fatto corretta applicazione, da un lato, affermando che la domanda proposta dallo studio associato lasciava presumere l’esclusione della personalità del rapporto e dunque l’inesistenza dei presupposti del privilegio e, dall’altro, facendo salva la necessità di verificare, in concreto, elementi idonei a smentire tale presunzione.

Quanto al secondo motivo, è lamentato l’omesso esame di fatti che invece, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non sono stati affatto trascurati dal giudice del merito (così è con particolare riferimento alle dichiarazioni rese dai testi escussi) e che, comunque, risultano chiaramente privi del necessario carattere della decisività (avuto riguardo al contenuto dei documenti segnalati dal ricorrente, che continuano a fare riferimento ad un’attività svolta “per il tramite” dello studio professionale).

Il ricorso è pertanto rigettato. Non si deve provvedere sulle spese in difetto di attività difensiva della parte intimata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo dovuto per legge a titolo di contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2017

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