Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6783 del 10/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 10/03/2020, (ud. 18/12/2019, dep. 10/03/2020), n.6783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26706-2018 proposto da:

T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO

II 4, presso lo studio dell’avvocato MARIA ROSARIA FARINA,

rappresentato e difeso dall’avvocato LORENZO MARIA MICHELE SISTI;

– ricorrente –

contro

TESSIERI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 2, presso lo

studio dell’avvocato GIORGIO ANTONINI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CARMINE FERRO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 867/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 06/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO

CARLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 867 pubblicata il 6.7.2018 la Corte d’Appello di Milano, in parziale accoglimento dell’appello della Tessieri s.r.l. e in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rideterminato in Euro 4.438,60 l’importo spettante all’agente T.G. ai sensi dell’art. 1751 c.c., confermando la decisione del Tribunale di insussistenza di una giusta causa di recesso da parte della società;

2. la Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha premesso come non vi fosse contestazione sull’an della pretesa avanzata dall’agente ai sensi dell’art. 1751 c.c., quindi sulla ricorrenza dei requisiti ivi previsti per l’indennità in caso di cessazione del rapporto;

3. ha ritenuto che, ai fini del calcolo dell’indennità di cui all’art. 1751 c.c., dovesse farsi riferimento alle provvigioni effettivamente maturate dall’agente (e precisamente alla media delle provvigioni nel periodo lavorato) in quanto indicative della entità degli affari conclusi con i clienti procurati, anzichè al minimo garantito (di Euro 1.000,00 mensili) riconosciuto dalla società per i primi due anni, parametro utilizzato dal Tribunale;

4. ha quindi liquidato l’importo di Euro 4.438,60 calcolato in base alle provvigioni effettivamente maturate, tenuto conto del tetto massimo fissato dall’art. 1751 c.c., comma 3, e dei criteri di equità richiamati dal comma 1 della citata disposizione;

5. avverso tale sentenza T.G. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo illustrato da successiva memoria; la Tessieri s.r.l. è rimasta intimata;

6. la proposta del relatore è stata comunicata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

7. con l’unico motivo del ricorso T.G. ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1751 c.c. e dell’art. 3 dell’AEC Commercio 2009, per avere la Corte d’appello considerato come base di calcolo utile ai fini della quantificazione dell’indennità in caso di cessazione del rapporto le provvigioni maturate dall’agente anzichè le “retribuzioni riscosse” dal medesimo, come testualmente previsto dal citato art. 1751 c.c., comma 3, e dalle indicazioni fornite dalla Commissione delle Comunità Europee nella relazione (23.7.1996) sull’applicazione dell’art. 17 della Direttiva del Consiglio relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti;

8. ha sostenuto come l’espressione “retribuzioni riscosse” dovesse considerarsi riferita a qualsiasi emolumento, anche di natura non provvigionale, percepito dall’agente e che la diversa interpretazione accolta nella sentenza impugnata si pone in contrato anche con l’art. 13 AEC il cui comma 4 prevede che “l’indennità in caso di cessazione del rapporto… sarà computata sulle provvigioni e le altre somme, comunque denominate, per le quali è sorto il diritto al pagamento in favore dell’agente o rappresentante…”;

9. il ricorso non può trovare accoglimento;

10. questa Corte con la sentenza n. 16347 del 2007 ha affermato che in relazione ai criteri di quantificazione dell’indennità in caso di cessazione del rapporto di agenzia, l’art. 17 della direttiva 86/653/CEE del Consiglio del 18 dicembre 1986, relativa al coordinamento del diritto degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti – come interpretato dalla sentenza della Corte di giustizia Cee, 23 marzo 2006, in causa C-465/04 – non impone un calcolo in maniera analitica, bensì consente l’utilizzo di metodi di calcolo diversi e, segnatamente, di metodi sintetici, che valorizzino più ampiamente il criterio dell’equità e, quale punto di partenza, il limite massimo di un’annualità media di provvigioni previsto dalla direttiva medesima. Ne consegue che l’art. 1751 c.c. deve interpretarsi nel senso che l’attribuzione dell’indennità è condizionata non soltanto alla permanenza, per il preponente, di sostanziali vantaggi derivanti dall’attività di promozione degli affari compiuta dall’agente, ma anche alla rispondenza ad equità dell’attribuzione, in considerazione delle circostanze del caso concreto ed in particolare delle provvigioni perse da quest’ultimo (in senso conforme cfr. anche Cass. n. 23966 del 2008; n. 15203 del 2010; n. 15375 del 2017);

11. nè a conclusioni diverse può condurre la lettera di cui all’art. 1751 c.c., comma 3; è vero che tale articolo utilizza l’espressione “retribuzioni riscosse” ai fini del calcolo dell’indennità in caso di cessazione del rapporto, ma ciò fa al solo dichiarato scopo di individuare il limite massimo per la determinazione della indennità in oggetto, che deve avvenire anzitutto secondo parametri corrispondenti ad equità;

12. ai principi appena enunciati si è attenuta la sentenza impugnata laddove ha eseguito il calcolo dell’indennità in base al “fatturato effettivamente prodotto e (alle) relative provvigioni maturate”, secondo un criterio equitativo che tenesse conto di tutte le circostanze del caso concreto;

13. la censura di violazione dell’art. 13 dell’Aec, è inammissibile in ragione della mancata produzione del contratto collettivo (cfr. Cass. n. 6255 del 2019; n. 5350 del 2015);

14. per le considerazioni esposte il ricorso deve essere respinto;

15. non luogo a provvedere sulle spese poichè la società è rimasta intimata;

16. sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2020

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