Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6783 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. trib., 01/03/2022, (ud. 24/02/2022, dep. 01/03/2022), n.6783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22965/2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale

dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi,

12;

– ricorrente –

contro

CLUB L’INCONTRO, (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, CASCIANO GIUSEPPE (C.F.

CSCGPP57D08L102K), rappresentati e difesi dall’Avv. WALTER MAURIELLO

in virtù di procura in calce al controricorso, elettivamente

domiciliati presso lo studio dell’Avv. DOMENICO LUCA SCORDINO in

Roma, Piazza dei Caprettari, 70;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, Sezione staccata di Salerno n. 1884/04/17, depositata in

data 1 marzo 2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 febbraio

2022 dal consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. I contribuenti CASCIANO GIUSEPPE e l’Associazione non riconosciuta CLUB L’INCONTRO, in persona del legale rappresentante Casciano Giuseppe, hanno impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2010, con il quale venivano recuperate maggiori IRES, IVA e IRAP. L’atto impositivo traeva origine da un PVC, con il quale si disconoscevano i benefici dei regimi fiscali agevolati delle associazioni non riconosciute, conseguentemente all’accertamento che nei locali dell’associazione si svolgevano attività commerciali, ricreative e di divertimento. I contribuenti hanno dedotto l’illegittimità dell’atto impositivo in quanto non sottoscritto dal titolare dell’Ufficio e per mancata allegazione della delega, nonché per mancanza di motivazione, oltre all’infondatezza nel merito.

2. La CTP di Avellino ha rigettato il ricorso ritenendo, in particolare, che il funzionario che aveva sottoscritto l’atto fosse munito di delega.

3. La CTR della Campania, Sezione staccata di Salerno, con sentenza in data 1 marzo 2017, ha accolto l’appello dei contribuenti, ritenendo che l’Ufficio non avesse dato prova del conferimento di delega al funzionario che aveva sottoscritto l’atto impositivo.

4. Propone ricorso per cassazione l’Ufficio, affidato a due motivi, cui resistono con controricorso i contribuenti, ulteriormente illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 2909 c.c., del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53. Osserva parte ricorrente come il giudice di appello avrebbe, in primo luogo, erroneamente ritenuto che l’eccezione relativa alla mancata allegazione della delega al fine di provare la legittimità di colui che avesse sottoscritto l’avviso fosse stata ritualmente proposta in primo grado, laddove in prime cure i contribuenti avevano contestato la sola mancata allegazione del provvedimento di delega, motivo del quale il ricorrente deduce l’infondatezza, essendo l’Ufficio onerato solo della menzione della stessa nell’atto impositivo. Riproduce, inoltre, il ricorrente la sentenza di primo grado, ove si dava atto della esistenza della delega, circostanza che indurrebbe a ritenere – secondo il ricorrente – che la delega fosse stata prodotta. Deduce, inoltre, l’inammissibilità dell’appello per assenza di specificità dei motivi e osserva, inoltre, che nel caso di specie ricorrerebbe la mera delega di firma e non la delega di funzioni. Deduce, inoltre, la sussistenza di un giudicato interno in relazione al capo relativo all’accertamento relativo alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento, nonché l’inammissibilità del riferimento del giudice di appello alla sentenza della Corte costituzionale del 17 marzo 2015, n. 37.

1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, commi 1 e 3. Osserva il ricorrente come gli atti impositivi siano validi indipendentemente dalla qualifica dirigenziale di chi li sottoscrive, in quanto ciò che rileva è la riferibilità dell’atto all’Ufficio e non al sottoscrittore.

2. Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività (sulla quale insistono i controricorrenti in memoria), essendo lo stesso stato spedito con notificazione richiesta a mezzo posta in data 2 ottobre 2017, tempestivamente rispetto alla data di pubblicazione della sentenza, dovendosi avere riguardo alla data di spedizione e non anche a quella di ricezione, per effetto della dissociazione degli effetti del notificante rispetto al destinatario della notificazione.

3. Il primo motivo è infondato nella parte in cui si deduce che l’eccezione relativa alla mancata produzione della delega non fosse stata proposta in primo grado, posto che lo stesso ricorrente deduce che “l’oggetto della contestazione ha riguardato esclusivamente la mancata allegazione all’avviso di accertamento del provvedimento di delega” e la stessa sentenza di primo grado, trascritta dal ricorrente, aveva rilevato che “l’avviso di accertamento era regolarmente munito di delega”. La questione relativa all’assenza del potere di delega era, pertanto, stata introdotta nel primo grado di giudizio e detta eccezione (“eccezione proposta circa la mancata allegazione della delega”: sent. imp.) è stata ritualmente esaminata dal giudice di appello. E’, quindi, infondato il motivo in relazione al dedotto giudicato interno, avendo il giudice di appello riesaminato la questione della prova dell’allegazione della delega, risolvendo il relativo accertamento in fatto in termini opposti a quello del giudice di prime cure.

4. Ne’ può essere riesaminato in questa sede con il suddetto motivo di censura l’accertamento in fatto compiuto dal giudice di appello circa la fondatezza dell’eccezione di mancata allegazione della delega, il che rende superfluo l’esame di tardività della documentazione allegata al ricorso, come articolato dai controricorrenti e ribadito in memoria.

5. Infondato e’, poi, il motivo in relazione alla inammissibilità dell’appello, posto che l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione, richiesta dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, non deve consistere in una rigorosa enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, richiedendosi, invece, soltanto una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame, sia delle ragioni della doglianza (Cass., Sez. V, 21 novembre 2019, n. 30341); né vi è inammissibilità dell’appello ove il gravame, benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi ricavarsi dall’intero atto di impugnazione nel suo complesso (Cass., Sez. V, 21 luglio 2020, n. 15519; Cass., Sez. VI, 24 agosto 2017, n. 20379).

6. Infondato e’, infine, il rilevo formulato in via subordinata (sempre sotto il profilo della nullità della sentenza in violazione dell’art. 112 c.p.c.), essendosi su tale aspetto il giudice di appello implicitamente pronunciato nella parte in cui ha ritenuto non provato il conferimento di delega al funzionario che aveva sottoscritto l’atto.

7. Il secondo motivo – in disparte dall’inammissibilità della questione della non necessaria qualifica dirigenziale ricoperta dal funzionario sottoscrittore, estranea alla motivazione della sentenza impugnata, è infondato. Il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, comma 1, prevede che gli atti di accertamento sono “sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, se il contribuente contesta la legittimazione del soggetto, diverso dal dirigente, che abbia sottoscritto un avviso di accertamento, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare (…) il corretto esercizio del potere producendo, anche nel corso del secondo grado di giudizio, la relativa delega, che pure è solo di firma e non di funzioni (Cass., Sez. V, 20 dicembre 2021, n. 40739; Cass., Sez. V, 17 luglio 2019, n. 19190). La sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto non provato dall’Ufficio il conferimento di delega al funzionario sottoscrittore, ha fatto buon uso dei suddetti principi.

8. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo. Non opera a carico dell’Agenzia ricorrente il raddoppio del contributo unificato (Cass., Sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 1778; Cass., Sez. III, 14 marzo 2014, n. 5955).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.000,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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