Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 678 del 12/01/2017

Cassazione civile, sez. VI, 12/01/2017, (ud. 23/11/2016, dep.12/01/2017),  n. 678

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25771-2015 proposto da:

S.S., A.S.A., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dell’Avvocato GIOVINAZZI MARCO, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1593/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO del 16/03/2015, depositata il 17/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/11/2016 dal Consigliere Dott. MOCCI MAURO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., delibera di procedere con motivazione sintetica ed osserva quanto segue.

S.S. e A.S.A. propongono ricorso per cassazione nei confronti della sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale della Lombardia, in accoglimento dell’appello dell’Agenzia delle Entrate, aveva riformato la decisione di primo grado della CTP di Milano. A sua volta, quest’ultima aveva accolto il ricorso proposto dai contribuenti contro l’avviso di liquidazione emesso per il recupero delle agevolazioni fiscali relative alla prima casa.

La CTR ha affermato che l’impedimento dedotto dai contribuenti – ossia il collocamento in CIG per la durata di 13 settimane – non avrebbe potuto legittimare la vendita dell’immobile, già acquistato con le agevolazioni fiscali.

Il ricorso è affidato a due motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

Con una prima censura, si denuncia violazione e falsa applicazione della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, nota 2 bis, comma 4, Parte 1, ex art. 360 c.p.c., n. 3. La decisione della CTR avrebbe ignorato la ratio della norma citata, volta ad evitare intenti speculativi e sicuramente recessiva rispetto all’esimente della forza maggiore, ossia di un evento oggettivo non prevedibile nè imputabile alla parte obbligata.

Con una seconda censura, si deduce omessa valutazione di un fatto rilevante per il giudizio, quale la CIG applicata nei confronti del contribuente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Affermano i ricorrenti che la decisione impugnata avrebbe omesso di valutare la composizione del nucleo familiare dei contribuenti ed i comportamenti successivi alla CIG, nonchè la sospensione del mutuo e la prorogabilità della CIG stessa, oltre alla mancanza di qualunque garanzia per la ripresa dell’attività lavorativa.

L’Agenzia si è, costituita, senza depositare controricorso.

Il primo motivo è infondato.

Diversamente dall’assunto dei ricorrenti, la CTR non ha commesso alcuna violazione di legge a proposito dell’applicazione della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, nota 2 bis, comma 4, Parte 1. Infatti, ha valutato l’eventuale sussistenza della forza maggiore, escludendo che il caso della CIG applicata al contribuente potesse richiamare, in concreto, quell’esimente. E, d’altronde, gli argomenti addotti dai ricorrenti non rivestono i presupposti di fatto integranti l’ipotesi di forza maggiore, giacchè la CIG era temporanea e non è stato dimostrato che il minor introito avrebbe potuto rendere impossibile il pagamento del mutuo.

Il secondo motivo è inammissibile.

Com’è noto, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle Prel., come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014; conf. Sez. 6 – 3, n. 23828 del 20/11/2015).

Nella specie, i ricorrenti si dolgono dell’insufficiente valutazione di tutti i profili della Cassa Integrazione Guadagni, lamentando dunque un vizio che non è inquadrabile fra quelli di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Le spese di lite vanno compensate, alla luce della particolare situazione concreta in cui versavano i ricorrenti.

PQM

Rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2017

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