Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6777 del 20/03/2010

Cassazione civile sez. III, 20/03/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 20/03/2010), n.6777

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

L.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VIA F.

EREDIA 12, presso lo studio dell’avvocato TESTA CARLO, che la

rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

U.G.F. ASSICURAZIONI S.P.A. (nuova denominazione assunta da Unipol

Assicurazioni S.p.A. successivamente alla sua incorporazione, con

fusione, della Aurora Assicurazioni S.p.A.), in persona del suo

procuratore ad negotia, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ZANARDELLI 20, presso lo studio dell’avvocato LAIS FABIO MASSIMO, che

la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

D.P.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3185/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA, del

17/6/08, depositata il 23/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2 010 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito per la ricorrente l’Avvocato Testa Carlo, che si riporta agli

scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE, che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte:

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Il giorno 4 dicembre 2009 è stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.:

“1.- L.C. propone tre motivi di ricorso per Cassazione contro la sentenza 7 giugno – 23 luglio 2008 n. 3185 della Corte di appello di Roma che – confermando la sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Roma – ha respinto la domanda da essa proposta contro il marito, D.P.M., e la s.p.a. Meie Ass.ni (oggi Aurora Ass.ni), per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di un incidente stradale occorso il (OMISSIS), mentre era trasportata sull’automobile del D.P.. A causa di una brusca frenata, aveva riportato lesioni al ginocchio, con postumi permanenti.

Nel contraddittorio con i convenuti, Tribunale e Corte di appello hanno respinto la domanda, con la motivazione che il danno era da ascrivere al mancato uso della cintura di sicurezza da parte della danneggiata.

Resiste con controricorso la s.p.a. UGF Assicurazioni, subentrata all’Aurora Assicurazioni, che era a sua volta subentrata alla Meie.

2.- Con i tre motivi la ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sui punti in cui la Corte di appello ha ritenuto: a) che essa non avesse allacciato la cintura di sicurezza, al momento del sinistro (primo motivo); b) che i danni non si sarebbero verificati se la cintura fosse stata allacciata (secondo motivo); a) che fosse stata raggiunta la prova del nesso causale fra la mancanza della cintura di sicurezza e l’evento (terzo motivo, in relazione al quale si denuncia anche la violazione dell’art. 2054 cod. civ.).

3.- I motivi sono inammissibili, poichè si risolvono, nella sostanza, in altrettante censure agli accertamenti in fatto ed alla valutazione delle prove acquisite agli atti.

La Corte di appello ha dedotto il suo convincimento dalla lettera di denuncia del sinistro inviata dalla danneggiata alla compagnia di assicurazioni, e dalla deposizione di un testimone, elementi che, ad avviso della ricorrente, non sarebbero sufficienti a giustificare la decisione.

Ma, com’è noto, la valutazione delle prove è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito e non è suscettibile di censura in sede di legittimità, ove la motivazione non presenti incongruenze od illogicità interne al percorso argomentativo.

Il mero dissenso della parte rispetto al convincimento del giudice non è di per sè sufficiente a giustificare il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.; nè vale a dimostrare che il giudice di appello abbia disatteso le norme sull’onere della prova.

Soprattutto quando la parte ricorrente non possa indicare alcun concreto elemento di prova del contrario di quanto deciso dalla sentenza impugnata, come nel caso di specie.

La sentenza di appello appare congruamente e logicamente motivata, alla luce degli elementi acquisiti al giudizio, e non presta il fianco a censure.

3.- Propongo che il ricorso sia rigettato, con procedimento in Camera di consiglio”. – La decisione è stata comunicata al pubblico ministero e ai difensori delle parti.

Il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte.

– La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Il Collegio, all’esito dell’esame del ricorso, ha condiviso la soluzione e gli argomenti esposti nella relazione, che i rilievi contenuti nella memoria non consentono di disattendere.

La valutazione delle prove nella loro reciproca relazione, l’accertamento del nesso causale, il giudizio sulla prova della mancanza di colpa, sono tutte circostanze rimesse alla discrezionale valutazione del giudice di merito, che ha congruamente motivato la sua decisione.

Nè sussiste logico contrasto fra le deposizioni testimoniali e gli accertamenti peritali.

Il CTU risulta avere solo ritenuto compatibili le lesioni con il fatto che la cintura potesse essere allacciata, ma nulla ha potuto accertare in ordine alla circostanza che, di fatto, effettivamente lo fosse.

La prova liberatoria da responsabilità, a carico del conducente, è stata palesemente ravvisata nel carattere assorbente dell’imprudenza addebitata alla passeggera trasportata, rispetto al comportamento del conducente, a carico del quale risultava solo il fatto di avere bruscamente frenato, in relazione alle condizioni del traffico.

2.- Il ricorso deve essere rigettato.

3.- Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, liquidate complessivamente in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.000,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2010

 

 

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