Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6777 del 19/03/2018


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Cassazione civile, sez. lav., 19/03/2018, (ud. 06/12/2017, dep.19/03/2018),  n. 6777

Fatto

1. Con sentenza depositata il 7.4.2012 la Corte di appello di Ancona, confermando la pronuncia del Tribunale di Ascoli Piceno, ha respinto l’opposizione della società Axitea s.p.a. proposta nei confronti del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali avverso l’ordinanza ingiunzione n. 291 del 2008 della Direzione provinciale del lavoro di Ascoli Piceno per violazioni, commesse nell’anno (OMISSIS), al D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 7 concernente i riposi giornalieri dei dipendenti, guardie giurate, della società svolgente attività nel settore della vigilanza.

2. La Corte distrettuale, in sintesi, ha ritenuto sussistente la violazione del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 7 (concernente i riposi giornalieri) a fronte delle seguenti argomentazioni: il tenore lessicale dell’art. 2, comma 2 D.Lgs. n. 66 (vigente ratione temporis) non consente di comprendere le attività di vigilanza privata nel novero di quelle escluse dal campo di applicazione della suddetta disciplina; a tali attività si applica, pertanto, la disciplina legislativa sull’orario di lavoro seppur con le deroghe che l’art. 17 D.Lgs. n. 66 consente proprio in materia di riposi giornalieri demandando ai contratti collettivi nazionali di lavoro o, conformemente a tali intese, alla contrattazione di secondo livello ovvero, in assenza di disciplina collettiva, a regolamento ministeriale; il D.M. 27 aprile 2006, intervenuto per dettare le suddette deroghe, ha previsto che – nell’ambito dei servizi di sicurezza sussidiaria svolti da guardie particolari giurate – per alcuni determinati servizi (di vigilanza armata presso gli obiettivi istituzionali sensibili, negli aeroporti, porti, stazioni, di trasporto di contante e valori) sono consentite deroghe ai limiti massimi della prestazione lavorativa giornaliera, notturna e straordinaria nella misura determinata dalla contrattazione collettiva nazionale; l’art. 72 del C.C.N.L. di settore 2004-2008 (stipulato il 6.12.2006) ha previsto la possibilità di ridurre (rispetto alla previsione dell’art. 7 D.Lgs. n. 66) i periodi di riposo giornaliero “con modalità da concordare tra le parti a livello aziendale o interaziendale”; essendo pacifico che non è stato adottato alcun accordo di secondo livello, la società non poteva unilateralmente apportare deroghe alla disciplina del riposo giornaliero.

3. Per la cassazione della sentenza impugnata la società propone ricorso fondato su un motivo a sua volta articolato in cinque tra sub-motivi e motivi autonomi. Il Ministero, al quale il ricorso è stato ritualmente notificato a seguito di rinvio dell’udienza del 6.6.2017, è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con i primi tre sub-motivi inclusi nel primo motivo la ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 66 del 2003, artt. 2, 7 e 17 degli artt. 133 – 141 T.U.L.P.S., degli artt. 71 e 72 del C.C.N.L. settore Vigilanza 2004-2008 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte distrettuale, erroneamente interpretato l’art. 2, comma 2 D.Lgs. n. 66, dovendosi ritenere l’attività di vigilanza esclusa dal campo di applicazione delle disposizioni legislative in materia di orario di lavoro, posto che le funzioni svolte dalle guardie giurate hanno natura giuridicamente pubblicistica (infatti svolgono attività ai sensi degli artt. 133-141 T.U.L.P.S. e il T.U.L.P.S. consente al Prefetto di delegare ai privati lo svolgimento di una parte di tali funzioni pubbliche). Il D.M. 27 aprile 2006 è stato adottato non per attuare l’art. 17 D.Lgs. n. 66 (ossia per consentire alcune deroghe ad attività incluse nel campo di applicazione dello stesso decreto legislativo) bensì per attuare l’art. 2, comma 2 D.Lgs. n. 66 (ossia per individuare i servizi esclusi dal campo di applicazione della legge). La contrattazione collettiva ha assolto ai compiti delegati dal legislatore con l’art. 17 D.Lgs. n. 66 prevedendo, con l’art. 72 C.C.N.L. 2004-2008, la disciplina in deroga per i riposi giornalieri e la mancata adozione della contrattazione di secondo livello non toglie legittimazione alla contrattazione di livello nazionale.

2. Con il quarto sub-motivo (rubricato con la lettera D) la ricorrente denunzia violazione dell’art. 2097 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) non avendo, la Corte distrettuale, verificato la tipologia dei servizi in relazione ai quali gli Ispettori del lavoro hanno rinvenuto la violazione del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 7.

3. Con il quinto sub-motivo (rubricato con la lettera E) la ricorrente deduce vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) non essendosi pronunciata, la Corte distrettuale, sulla correttezza del quantum della sanzione applicata dalla Direzione provinciale del lavoro.

4. Il ricorso non merita accoglimento.

Va premessa la ricostruzione del quadro normativo concernente l’orario di lavoro dei dipendenti degli Istituti di vigilanza privata, con specifico riguardo alle disposizioni vigenti nell’anno, 2007, in cui sono state inflitte, dalla Direzione provinciale del lavoro di Ascoli Piceno, le sanzioni amministrative.

Il D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 2 (che ha attuato la direttiva 93/104/CE come modificata dalla direttiva 2000/34/CE) delinea il Campo di applicazione della disciplina e disponeva ratione temporis (ossia prima della novella legislativa apportata dal D.L. n. 112 del 2008):

“1. Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano a tutti i settori di attività pubblici e privati con le uniche eccezioni del lavoro della gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE, del personale di volo nella aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE e dei lavoratori mobili per quanto attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/CE.

2. Nei riguardi dei servizi di protezione civile, ivi compresi quelli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonchè nell’ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie e di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello Stato le disposizioni contenute nel presente decreto non trovano applicazione in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato o di ragioni connesse ai servizi di protezione civile, nonchè degli altri servizi espletati dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, così come individuate con decreto del Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell’economia e delle finanze e per la funzione pubblica, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. Le disposizioni del presente decreto non si applicano al personale della scuola di cui al D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297. Non si applicano, altresì, al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, nonchè agli addetti al servizio di polizia municipale e provinciale, in relazione alle attività operative specificamente istituzionali.

4. La disciplina contenuta nel presente decreto si applica anche agli apprendisti maggiorenni”.

L’art. 7 medesimo D.Lgs., dedicato al Riposo giornaliero, dispone:

“Ferma restando la durata normale dell’orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata”.

L’art. 17 stesso D.Lgs., recante rubrica “Deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno, durata massima settimanale”, dispone:

1. Le disposizioni di cui agli artt. 7, 8, 12 e 13 possono essere derogate mediante contratti collettivi stipulati a livello nazionale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Per il settore privato, in assenza di specifiche disposizioni nei contratti collettivi nazionali le deroghe possono essere stabilite nei contratti collettivi territoriali o aziendali stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

2. In mancanza di disciplina collettiva, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su richiesta delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più rappresentative o delle associazioni nazionali di categoria dei datori di lavoro firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro, adotta un decreto, sentite le stesse parti, per stabilire deroghe agli art. 4, comma 3, nel limite di sei mesi, 7, 8, 12 e 13 con riferimento:

a) alle attività caratterizzate dalla distanza fra il luogo di lavoro e il luogo di residenza del lavoratore, compreso il lavoro offshore, oppure dalla distanza fra i suoi diversi luoghi di lavoro;

b) alle attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare, quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di sorveglianza; (omissis)

Il decreto del Ministero dell’Interno 27.4.2006 prevede:

Art. 1. “1. Per quanto attiene ai servizi di sicurezza sussidiaria svolti da guardie particolari giurate, la deroga alle disposizioni del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, finalizzata ad una più flessibile organizzazione e gestione dell’orario di lavoro per il miglior perseguimento delle preminenti esigenze di sicurezza, è ammessa esclusivamente: per i servizi di vigilanza armata presso gli obiettivi istituzionali o sensibili; per i servizi negli aeroporti, nei porti, nelle stazioni ferroviarie, nelle stazioni delle ferrovie metropolitane, nell’ambito delle linee di trasporto urbano ed extraurbano, nonchè sui relativi mezzi di trasporto e depositi, svolti in esecuzione delle disposizioni di legge o di regolamento indicate in premessa o di atto amministrativo adottato per la loro attuazione; per i servizi di trasporto, vigilanza e scorta del contante o di altri beni o titoli di valore e per i servizi di vigilanza notturni.

2. Per i servizi di cui al comma 1, i limiti massimi della prestazione lavorativa giornaliera, notturna e straordinaria sono determinati dalla contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. Alla medesima contrattazione nazionale ed agli strumenti contrattuali di gestione dell’orario di lavoro da questa previsti è, altresì, demandata, per la totalità dei servizi, la possibilità dell’applicazione delle deroghe di cui all’art. 17, comma 1 D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66.”

Successivamente al decreto ministeriale innanzi riportato, in data 6.12.2006, è stato rinnovato il C.C.N.L. del settore della Vigilanza privata per il quadriennio 2004-2008, ove, all’art. 72, concernente il riposo giornaliero, si prevede che:

“Art. 72 – Riposo giornaliero.

Il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore.

In attuazione di quanto previsto dal D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 7 tenuto conto della esigenza di non esporre comunque i beni pubblici e privati oggetto di vigilanza a gravi rischi e comunque con esclusione della turnazione ordinaria, con modalità da concordare tra le parti a livello aziendale o interaziendale, potranno essere utilizzati gli strumenti in deroga previsti dal D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 17 per quanto concerne l’art. 7 riguardante il riposo giornaliero. In tal caso le ore mancanti al raggiungimento del limite fissato dal D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 7 non godute nell’arco delle 24 ore, dovranno essere obbligatoriamente recuperate entro i trenta giorni successivi. Qualora il recupero di dette ore avvenga dopo i trenta giorni successivi, dovrà essere corrisposto un risarcimento danni pari al 40% della quota oraria della normale retribuzione di cui all’art. 105 CCNL per ogni ora recuperata”.

Va, inoltre, rilevato che il T.U.L.P.S. (approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773) prevede, all’art. 133, che “Gli enti pubblici, gli altri enti collettivi e i privati possono destinare guardie particolari alla vigilanza o custodia delle loro proprietà mobiliari od immobiliari”; all’art. 134 dispone la necessità di acquisire la licenza del Prefetto per svolgere attività di “vigilanza o custodia di proprietà mobiliari od immobiliari e di eseguire investigazioni o ricerche o di raccogliere informazioni per conto di privati” e precisa che “La licenza non può essere conceduta per operazioni che importano un esercizio di pubbliche funzioni o una menomazione della libertà individuale”. Infine, l’art. 139 prevede che: “Gli uffici di vigilanza e di investigazione privata sono tenuti a prestare la loro opera a richiesta dell’autorità di pubblica sicurezza e i loro agenti sono obbligati ad aderire a tutte le richieste ad essi rivolte dagli ufficiali o dagli agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria”.

5. Il tenore del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 2 e 17 vigente ratione temporis, nonchè la ricostruzione sistematica della disciplina, anche alla luce delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE di cui costituisce attuazione, nonchè le pronunce della Corte di giustizia europea, non consentono di ritenere ricompresa l’attività di vigilanza privata nel novero delle attività escluse dal campo di applicazione della disciplina sull’orario di lavoro.

Invero, l’art. 2 D.Lgs. delinea il campo di applicazione della disciplina con riferimento a “tutti i settori di attività pubblici e privati” e limita l’esclusione alla “gente di mare”, al personale di volo e ai lavoratori mobili di cui alla direttiva 2002/15/CE, al personale della scuola. La disposizione, poi, al comma 2, esclude l’applicazione della disciplina anche nei confronti di talune attività (in particolare “strutture destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica”) purchè in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato o di ragioni connesse ai servizi di ordine e sicurezza pubblica così come individuate dal decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dell’economia e delle finanze e per la funzione pubblica.

Gli Istituti di vigilanza privata non possono ritenersi ricompresi tra le strutture destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica in quanto, pur se tali imprese forniscono un contributo rilevante alla sicurezza pubblica (ad esempio per quanto riguarda la vigilanza armata presso istituti di credito e la scorta di furgoni per il trasporto valori) hanno scopo sociale diverso, occupandosi, in linea di principio, di attività di vigilanza o custodia di beni mobiliari o immobiliari, di investigazioni o ricerche per conto di privati.

Questa valutazione è confermata dalla giurisprudenza comunitaria la quale ha affermato in più circostanze che l’attività delle imprese di sorveglianza o di vigilanza privata non costituisce di regola una partecipazione diretta e specifica all’esercizio di pubblici poteri (cfr. sentenze della Corte di giustizia europea 9 marzo 2000, causa C- 355/98, Commissione/Belgio, punto 26; 31 maggio 2001, causa C-283/99, Commissione/Italia, punto 20; 13 dicembre 2007, causa C-465/2005, Commissione/Italia, punto 33). La Corte di Giustizia ha rilevato che, anche se le imprese di vigilanza privata operanti nel territorio italiano possono, in determinate circostanze e in via eccezionale, prestare assistenza agli agenti di pubblica sicurezza, ad esempio partecipando alla sorveglianza di taluni luoghi pubblici, ciò non dimostra che in tali circostanze si tratti di esercizio di pubblici poteri (sentenza 13 dicembre 2007, citata, punto 37).

Dal punto di vista sistematico, la conferma di tale ricostruzione esegetica proviene dallo stesso D.Lgs. n. 66, art. 17 ove si prevede che in caso di mancato intervento delle parti sociali diretto a derogare le disposizioni dettate in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno, durata massima settimanale, i servizi suscettibili di deroghe possono essere individuati tramite decreto del Ministero del lavoro nell’ambito di specifiche attività tra cui è ricompresa quella di “guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzata dalla necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di sorveglianza”. Le attività di sorveglianza e vigilanza sono, dunque, ricomprese nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 66 ma, proprio in considerazione della particolarità che presentano determinati servizi, il legislatore ha previsto la possibilità di deroghe all’articolazione dell’orario di lavoro, da apportare mediante accordo delle parti sociali o, in parziale supplenza, tramite decreto ministeriale. Invero, il D.M. adottato in ottemperanza al D.Lgs. n. 66 del 2006, art. 17 si è limitato a descrivere i servizi per i quali sono ammesse deroghe alla disciplina legislativa, demandando – per l’elaborazione della diversa regolamentazione – alla contrattazione collettiva.

Ulteriore argomento a conferma della impossibilità di includere gli istituti di vigilanza privata tra le strutture deputate, per finalità istituzionali, alle attività degli organi che hanno compiti di ordine e sicurezza pubblica è rappresentato dalla novella legislativa del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 41 (convertito nella L. 6 agosto 2m di vigilanza privata con i servizi istituzionalmente dedicati al mantenimento dell’ordine pubblico.

6. Posto che gli istituti di vigilanza privata debbono – in base all’interpretazione del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 2 nel testo precedente la novella del D.L. n. 112 del 2008 – osservare la disciplina sull’orario di lavoro contenuta dal citato D.Lgs. n. 66, salve le deroghe concordate dalle parti sociali in sede di contrattazione collettiva, la disamina dell’art. 72 del C.C.N.L. di settore del 6.12.2006 è chiara nel delegare a livello aziendale o interaziendale le modalità con cui utilizzare le deroghe consentite dal D.Lgs. n. 66, art. 17 alla disciplina del riposo giornaliero. La clausola negoziale, invero, contiene una parte di carattere obbligatorio, nella misura in cui demanda espressamente a livello aziendale ed interaziendale la disciplina derogativa di dettaglio, e una parte immediatamente precettiva, ove prevede un’obbligazione di carattere risarcitorio a carico del datore di lavoro che consenta il recupero delle ore di riposo mancanti in data successiva a trenta giorni. Di conseguenza, il mancato esercizio della delega a livello aziendale o interaziendale comporta la mancata elaborazione della diversa articolazione dei riposi giornalieri e, quindi, un vuoto di disciplina che non è possibile colmare con intervento unilaterale del datore di lavoro, a differenza, ad esempio, di quel che è accaduto per il lavoro straordinario per il quale l’art. 71 del C.C.N.L. ha dettato una disciplina compiuta e dettagliata.

7. La Corte distrettuale ha correttamente valutato il quadro normativo innanzi esposto, esaminando sia le fonti legislative che quelle negoziali ed interpretando le une e le altre secondo i canoni esegetici dettati, rispettivamente, dagli artt. 12 preleggi e art. 1362 c.c. e ss., pervenendo a soluzioni adesive ai principi di diritto innanzi esposti.

La pronuncia del giudice di merito che, a fronte della pacifica assenza di disciplina, di livello aziendale o interaziendale, concernente i riposi giornalieri ha ritenuto non suscettibile di deroga unilaterale il D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 7 è pertanto corretta e congruamente motivata.

8. La mancata adozione della disciplina collettiva di deroga al D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 7 rende irrilevante l’accertamento della tipologia dei servizi oggetto di sanzione amministrativa da parte della Direzione provinciale del lavoro, con conseguente assorbimento del quarto sub-motivo.

9. Il quinto sub-motivo è inammissibile non essendo state la questione (del quantum della sanzione amministrativa applicata, implicante accertamenti di fatto) trattata nella decisione impugnata nè avendo indicato – parte ricorrente – i tempi e i modi della devoluzione al Giudice del gravame. A fronte, pertanto, della novità della questione, risulta ultronea la disamina della sentenza n. 153 del 2014 del giudice delle leggi di illegittimità del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 18- bis, commi 3 e 4, (nel testo introdotto dal D.Lgs. 19 luglio 2004, n. 213, art. 1, comma 1, lett. f)).

10. Alla stregua delle osservazioni che precedono il ricorso va respinto. Nulla sulle spese a fronte della mancata costituzione del controricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2018

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