Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6775 del 19/03/2018


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Cassazione civile, sez. lav., 19/03/2018, (ud. 06/12/2017, dep.19/03/2018),  n. 6775

Fatto

1. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 21 settembre 2011, respingeva l’appello principale svolto dalla ASL n. (OMISSIS) di Padova e, in accoglimento del gravame incidentale interposto da L.M., contro la pronuncia di primo grado, accoglieva la domanda intesa ad ottenere la condanna dell’azienda ospedaliera ad erogargli gratuitamente la terapia nota come metodo Dikul, ossia un metodo di rieducazione motoria intensa, continuativa e personalizzata – conosciuta anche con l’acronimo R.I.C. – per soggetti colpiti da lesioni midollari, eseguita presso un centro specializzato (nella specie, il Centro Giusti di Firenze).

2. La Corte veneziana accoglieva la domanda di L. di erogazione gratuita della terapia, presso il domicilio e presso il centro di alta specializzazione, rilevando, a seguito di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio, che la predetta terapia, pur in mancanza di validazione scientifica, aveva dimostrato indubbi ed obiettivi effetti positivi sulle condizioni di salute dell’attuale intimato così integrando il significativo beneficio in termini di salute e, quindi, la sussistenza dei requisiti, di appropriatezza ed efficacia, richiesti dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 1, comma 7, nel testo modificato dal D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 1 per la somministrazione a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre la ASL n. (OMISSIS) di Padova affidandosi a due motivi, ulteriormente illustrati con memoria, al quale L. non ha resistito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo la ASL deduce violazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 1 nel testo modificato dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, in riferimento al requisito della necessità che la prestazione sanitaria richiesta offra “evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute”, censurando la sentenza impugnata per la ritenuta irrilevanza dell’indimostrata efficacia delle terapie richieste dal paziente in base alle evidenze scientifiche disponibili.

5. Il motivo di ricorso è fondato.

6. Questa Corte (da ultimo, v. Cass. 22 agosto 2016, n.17244) ha già avuto modo di enunciare il principio – in riferimento alla terapia Dikul – secondo il quale, in tema di erogazione da parte del S.S.N. di cure tempestive non ottenibili dal servizio pubblico, il relativo diritto, allorquando siano prospettati motivi di urgenza suscettibili di esporre la salute a pregiudizi gravi ed irreversibili, deve essere accertato in base ai presupposti richiesti dalla disciplina dettata, in materia sanitaria, dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 1 nel testo modificato dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 1, applicabile ratione temporis.

7. In altre parole, la discrezionalità della pubblica amministrazione nel valutare sia le esigenze sanitarie di chi chieda una prestazione del S.S.N., sia le proprie disponibilità finanziarie, viene meno quando l’assistito chieda il riconoscimento del diritto all’erogazione di cure tempestive non ottenibili dal servizio pubblico, facendo valere una pretesa correlata al diritto alla salute, per sua natura non suscettibile di affievolimento.

8. L’erogazione di tali cure a carico del S.S.N. non dipende dalla mera scelta dell’assistito, atteso che, in virtù del principio di efficacia enunciato dalla normativa, i benefici conseguibili con la prestazione richiesta devono essere posti a confronto con l’incidenza della pratica terapeutica sulle condizioni di vita del paziente, dovendosi considerare in particolare – in relazione ai limiti temporali del recupero delle capacità funzionali – la compromissione degli interessi di socializzazione della persona derivante dalla durata e gravosità dell’impegno terapeutico.

9. In particolare, la valutazione espressa dal giudice di merito deve tenere presente il principio di appropriatezza fissato dalla norma di legge, in relazione al quale deve essere operato anche il giudizio di efficacia.

10. Il principio suddetto richiede necessariamente un confronto tra i risultati positivi della cura e gli eventuali riflessi negativi della terapia stessa sulle condizioni di vita del paziente (cfr. Cass. n. 17244 del 2016 cit.; Cass. 7 ottobre 2015, n. 20085; Cass. 10 aprile 2015, n.7279; Cass. 8 settembre 2014, n. 18676; Cass. 23 agosto 2011, n. 17541; Cass. 24 aprile 2008, n. 10692).

11. Tanto premesso, l’impugnata sentenza, partendo dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 1, comma 7, cit., ha valorizzato – alla luce delle conclusioni rassegnate dall’ausiliare nominato in giudizio – gli effetti positivi conseguiti, ex post, con la terapia RIC, pur dando atto della carenza di “evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate”.

12. Invero, secondo il testo normativo, le condizioni di efficacia ed appropriatezza della cura nei confronti del singolo paziente presuppongono, come requisito prodromico, le “evidenze scientifiche” sui benefici apportati alla salute.

13. Il tenore lessicale del comma 7 in esame è chiaramente intellegibile nel senso di porre, quale requisito imprescindibile ai fini della erogazione da parte del S.S.N., la necessità della ricorrenza delle evidenze scientifiche della terapia o cura richiesta e, in presenza di tale requisito, vengono escluse le cure che non si dimostrano efficaci ed appropriate al singolo caso.

14. Ai fini dell’erogazione della terapia da parte del S.S.N., si tratta, insomma, di due requisiti concorrenti che coniugano, ragionevolmente, le diverse esigenze, concernenti la sfera della collettività e la tutela individuale, in più occasioni richiamate dal Giudice delle leggi in riferimento al diritto alla salute: i condizionamenti derivanti dalle risorse finanziarie di cui lo Stato dispone per organizzare il Servizio sanitario, da una parte, e il nucleo irriducibile del diritto alla salute come ambito inviolabile della dignità umana, dall’altra (cfr., fra le altre, Corte Cost. nn. 354 del 2008, 432 del 2005, 252 del 2001, 509 del 2000, 309 del 1999).

15. Rimane assorbito l’ulteriore motivo di censura, devoluto in via subordinata.

16. In conclusione, la sentenza impugnata che ha riconosciuto l’erogabilità, da parte del S.S.N., sulla base dei soli riscontri di efficacia sulle condizioni di vita del paziente, non si è conformata ai predetti principi, deve essere cassata e, per non essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa deve essere decisa nel merito, con il rigetto dell’originaria domanda.

17. L’esito alterno del giudizio di merito consiglia la compensazione delle spese di lite; le spese del giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; compensa le spese del giudizio di merito; condanna la parte intimata al pagamento delle spese, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2018

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