Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6770 del 19/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 19/03/2010, (ud. 04/02/2010, dep. 19/03/2010), n.6770

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.A., di seguito anche “Contribuente”, rappresentato e

difeso dall’avv. Torti Luigi ed elettivamente domiciliato presso

l’avv. Achille Reali, Piazza dei Martiri di Belfiore 2, Roma;

– ricorrente –

contro

l’Agenzia delle entrate, di seguito “Agenzia”, in persona del

Direttore in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale

dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, Via dei

Portoghesi 12;

– intimata e controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di

Milano 8 giugno 2005, n. 47/26/05, depositata il 11 luglio 2005;

udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica del 4

febbraio 2010 dal Cons. Dr. Achille Meloncelli;

udito l’avv. Diego Giordano per l’Agenzia residente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L’introduzione del giudizio di legittimità.

1.1. Il 7 luglio 2006 è notificato all’Agenzia un ricorso del Contribuente per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha accolto l’appello dell’Ufficio Milano (OMISSIS) dell’Agenzia contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Milano n. 279/13/2002, che aveva accolto il ricorso del Contribuente contro il silenzio rifiuto formatosi sulla sua domanda di rimborso di Euro 10.382,34 pagati per IRAP 1998.

Il ricorso per cassazione del Contribuente è sostenuto con due motivi d’impugnazione e, dichiarato il valore della causa in Euro 10.382,34, si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione, secondo le varie graduazioni specificamente enunciate.

1.2. L’Agenzia resiste con controricorso, notificato il 2 ottobre 2006 e conclude chiedendo il rigetto del ricorso e il riconoscimento della vittoria quanto alle spese processuali.

2. I fatti di causa.

I fatti di causa sono i seguenti:

a) il signor T.A., attore, versa Euro 10.382,34 per IRAP 1998;

b) sulla sua domanda di rimborso l’Ufficio tributario resta inerte;

c) il silenzio rifiuto dell’Ufficio è impugnato dal Contribuente dinanzi alla CTP di Milano, che accoglie il suo ricorso;

d) l’appello dell’Ufficio è, poi, accolto dalla CTR con la sentenza ora impugnata per cassazione.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è così motivata:

a) “nella dichiarazione del contribuente risultano esposti dati significativi per l’applicazione della imposta in questione”;

c) “la Corte Costituzionale ha lasciato all’interprete il compito di stabilire, di volta in volta, se i mezzi predisposti per l’esercizio di attività artistica o professionale, siano da considerare, nel loro insieme, elementi da cui desumere una organizzazione autonoma, che nel caso di specie deve ritenersi, considerato che il contribuente, disponendo di un agente, dispone anche di una struttura in grado di potenziare la sua attività artistica, capace di organizzazione necessaria per la realizzazione di spettacoli. Tali elementi fanno poi ritenere l’impiego di capitale e lavoro nell’esercizio della attività esercitata, che va oltre l’impegno personale dell’artista”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Il primo motivo d’impugnazione.

4.1. Con il primo motivo d’impugnazione si denunciano la violazione e la falsa applicazione della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 144 e del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2, 3 e 8.

Il ricorrente sostiene che la CTR avrebbe errato nel ravvisare “nell’utilizzo di servizi derivanti da organizzazione altrui (attività dell’agente), l’organizzazione autonoma richiesta dal legislatore”, perchè essa avrebbe così realizzato “un inammissibile stravolgimento della legge anche alla luce del comune buon senso:

sarebbe come ritenere dotato di autonoma organizzazione un lavoratore dipendente per il solo fatto che questi, per recarsi al lavoro, si serve di mezzi di trasporto pubblici o privati”.

Il ricorrente indica implicitamente, attraverso la formulazione di un quesito di diritto, come norma, su cui si fonda il motivo d’impugnazione, quella secondo cui “il lavoratore autonomo non è di per sè soggetto passivo di IRAP”.

4.2. Il motivo è inammissibile, perchè pone una questione di diritto in termini tali da risultare irrilevante, in quanto la risposta che si chiede alla Corte è inevitabilmente positiva, nel senso che non basta esser lavoratore autonomo per esser automaticamente soggetto passivo di Irap. Ma una siffatta risposta non servirebbe a stabilire se il Contribuente si trovi nella condizione per poter esser sottoposto ad IRAP, perchè occorrerebbe verificare se egli abbia operato, nell’anno in contestazione, avvalendosi oppure no, di un’autonoma organizzazione. Sulla ricorrenza di questo presupposto il ricorrente espone tesi non condivisibili, che devono esser sostituite con il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui” (Corte di cassazione, Sezioni unite, 26 maggio 2009, n. 12108, e 26 maggio 2009, n. 12111; nello stesso senso già Corte di cassazione, Sezione civile 5, 16 febbraio 2007, n. 3676, n. 3677, n. 3678 e n. 3680).

La norma giuridica da applicare per la risoluzione della controversia non è, dunque, quella indicata dal Contribuente, che è irrilevante per la risoluzione della controversia, ma quella secondo cui è soggetto passivo di IRAP il lavoratore autonomo che svolga la sua attività attraverso un’organizzazione autonoma, intesa nel senso indicato dalla giurisprudenza di legittimità poc’anzi richiamata.

In conclusione, il primo motivo d’impugnazione è inammissibile e, comunque, infondato e dev’essere, perciò, rigettato.

5. Il secondo motivo d’impugnazione 5.1. Il secondo motivo d’impugnazione ipotizza la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e, comunque, l’omessa motivazione in merito alla richiesta di inammissibilità della sentenza di secondo grado per mancata allegazione processuale della ricevuta di ritorno della notifica dell’atto oltre che per mancata attestazione di conformità dell’atto notificato rispetto a quello depositato.

Il ricorrente sostiene di aver “prospettato al giudice tributario, nelle proprie controdeduzioni depositate il 16 ottobre 2003, la possibile inammissibilità dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate a causa della mancata allegazione, alla copia dell’atto notificato depositata presso la Segreteria della CTR di Milano, della ricevuta postale di ricevimento oltre che per la mancata attestazione della conformità dell’atto depositato a quello notificato. … Su tale prospettata causa di inammissibilità dell’appello la CTR non si è pronunciata”.

Il ricorrente indica, quindi, come norma, su cui si fonda il motivo d’impugnazione, quella secondo cui “il giudice deve pronunciare su tutta la domanda”.

5.2. Il motivo è sostenuto con una serie di argomentazioni, che sono formulate senza che sia osservato il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione. Infatti, di fronte ad una sentenza d’appello che non riferisce in alcun modo, nella sua parte in fatto, le ragioni addotte dalla resistente in secondo grado in sede di controdeduzioni, il ricorrente per cassazione non riproduce testualmente quelle parti dei suoi atti processuali, nelle quali si mostri se, ed in quali termini, siano state sollevate le eccezioni d’inammissibilità dell’appello dell’Ufficio, sulle quali la CTR non si sarebbe pronunciata. Al riguardo si ricorda che è principio di diritto consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello, secondo il quale, “se con il ricorso per cassazione si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. ipotizzando l’esistenza di un error in procedendo non rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, che, in quanto giudice anche del “fatto processuale”, ha il potere di esaminare direttamente gli atti processuali, non è vincolata a ricercare autonomamente gli atti rilevanti per la questione proposta, incombendo, invece, sul ricorrente l’onere di indicarli specificamente e autosufficientemente (Corte di cassazione 17 gennaio 2007, n. 978)”.

Il principio di diritto alla stregua del quale si deve decidere sul motivo è, dunque, il seguente: “il ricorrente per cassazione che denunci la violazione dell’art. 112 c.p.c. ipotizzando l’omessa pronuncia del giudice di secondo grado su un motivo d’impugnazione da lui proposto con l’atto d’appello, relativo ad una questione non rilevabile d’ufficio, deve formulare il motivo osservando, a pena d’inammissibilità, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione”.

In conclusione, il secondo motivo è inammissibile per mancanza di autosufficienza.

6. Conclusioni.

Le precedenti considerazioni comportano il rigetto del ricorso.

I tempi di consolidamento della giurisprudenza di legittimità rispetto alle questioni proposte con il ricorso inducono a compensare tra le parti le spese processuali relative al giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese processuali relative al giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2010

 

 

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