Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6770 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. III, 10/03/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 10/03/2021), n.6770

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33743/2019 proposto da:

O.M.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 5636/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/11/2020 dal Consigliere Dott. VINCENTI ENZO.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. – Con ricorso affidato a quattro motivi, O.M.N., cittadina nigeriana, ha impugnato la sentenza della Corte di Appello di Roma, resa pubblica il 17 settembre 2019, che ne rigettava il gravame avverso la decisione di primo grado del Tribunale della medesima Città, che, a sua volta, ne aveva respinto l’opposizione avverso il diniego della competente Commissione territoriale del riconoscimento, in via gradata, dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. – La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, osservava che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento delle varie forme di protezione internazionale richiesta in quanto: a) la richiedente aveva dichiarato di aver lasciato il Paese di origine per “la necessità di trovare lavoro, rimasta vedova con tre figli”, per poi essere costretta a prostituirsi in Italia per ripagare il costo del viaggio; b) l’Anambre State, Paese di origine della richiedente, “non è tra gli Stati segnalati per l’esistenza di conflitto armati in corso” (report Amnesty Internazionale 2017/2018); c) non sussisteva, ai fini della protezione umanitaria, una situazione di vulnerabilità, poichè “la situazione clinica dell’interessata, dopo l’operazione al ginocchio dx in Italia è notevolmente migliorata”.

3. – L’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva, depositando unicamente “atto di costituzione” al fine di eventuale partecipazione ad udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per motivazione apparente sulla decisione di rigetto in riferimento alle domande di protezione sussidiaria e umanitaria.

2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e art. 10 Cost., nonchè omesso esame delle fonti normative e motivazione intrinsecamente contraddittoria o solo apparente in riferimento alla mancata concessione della protezione sussidiaria di cui alla lett. c) del citato art. 14, per aver la Corte territoriale omesso una valutazione effettiva delle fonti consultate, in ogni caso non aggiornate alla decisione, e, comunque, fraintendendone i contenuti, dai quali emergevano, invece, i presupposti per il riconoscimento dell’anzidetta protezione.

3. – Con il terzo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. da 2 a 6 e 14 e il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, per motivazione apparente in punto di esame delle domande di riconoscimento della protezione sussidiaria o umanitaria.

4. – Con il quarto mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, “omesso/errato esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione Territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale” di esso richiedente, mancando la Corte territoriale di provvedere alla cooperazione istruttoria sulla situazione del Gambia, nonostante non abbia chiarito se la narrazione della vicenda personale fosse o meno attendibile.

5. – Il ricorso è inammissibile.

L’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, prescrive a pena di inammissibilità che il ricorso per cassazione debba essere corredato dall’esposizione “sommaria” dei fatti di causa. Si tratta, secondo la giurisprudenza di questa Corte, dei fatti della controversia, sia sostanziali sia processuali, i quali vanno esposti, peraltro, solo in

quanto rilevanti per la decisione di legittimità e, in ogni caso, in modo sommario, ossia riassuntivo. Vanno narrate, cioè, ma con adeguata sintesi, le domande introduttive, le vicende del giudizio di merito: il tutto, quale premessa per l’esposizione dei motivi del ricorso. Il citato art. 366 c.p.c. è difatti posto a tutela dell’imprescindibile esigenza di chiarezza espositiva e completezza del ricorso, che deve contenere quanto occorre al giudice di legittimità per comprendere la questione di diritto portata al suo esame. Di recente questa Corte ha ribadito che “per soddisfare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dal n. 3 dell’art. 366 c.p.c., non è necessario che tale esposizione costituisca parte a sè stante del ricorso, ma è sufficiente che essa risulti in maniera chiara dal contesto dell’atto, attraverso lo svolgimento dei motivi”.

Nella specie l’esposizione sommaria dei fatti, come parte autonoma del ricorso, si riduce ad indicazioni affatto generiche e in nessun caso correlate in modo pertinente e congruo rispetto alla veicolate censure (pp. 2 e 3 del ricorso), nè detta esposizione è ricavabile in modo idoneo dagli stessi motivi di ricorso.

In particolare, in base all’atto di impugnazione non è dato comprendere in alcun modo i motivi di appello rispetto ai quali si svolge la critica della motivazione della Corte territoriale, nè il contenuto proprio dell’ordinanza di primo grado cui la decisione di gravame fa riferimento, là dove, peraltro, detti motivi e il contenuto dell’ordinanza neppure sono evincibili, con il grado di necessaria chiarezza, dalla stessa sentenza di appello.

6. – Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.

Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva della parte intimata.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

 

 

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