Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6768 del 19/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 19/03/2010, (ud. 04/02/2010, dep. 19/03/2010), n.6768

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle entrate, di seguito “Agenzia”, in persona del Direttore

in carica, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello

Stato, presso la quale e’ domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

il signor T.A., di seguito anche “Contribuente”,

rappresentato e difeso dall’avv. Torti Luigi ed elettivamente

domiciliato presso l’avv. Achille Reali, Piazza dei Martiri di

Belfiore 2, Roma;

– intimato e controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di

Milano 6 ottobre 2004, n. 73/9/05, depositata l’11 aprile 2005 e

notificata il 24 marzo 2006;

udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica del 4

febbraio 2010 dal Cons. Dott. Meloncelli Achille;

udito l’avv. Diego Giordano per l’Agenzia;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L’introduzione del giudizio di legittimita’.

1.1. Il 17 maggio 2006 e’ notificato al signor T.A. un ricorso dell’Agenzia per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha respinto l’appello dell’Ufficio Milano (OMISSIS) dell’Agenzia contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Milano n. 25/36/2004, che aveva accolto il ricorso del Contribuente contro il silenzio rifiuto formatosi sulla sua domanda di rimborso di Euro 30.645,00 pagati per l’IRAP 2000.

Il ricorso per Cassazione dell’Agenzia e’ sostenuto con due motivi d’impugnazione e, dichiarato il valore della causa in Euro 30.645,00, si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente pronuncia, anche in ordine alle spese di lite.

1.2. Il Contribuente intimato resiste con controricorso, a conclusione del quale chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile e, in subordine, che esso sia rigettato, con ogni conseguenza di legge e con vittoria di spese.

2. I fatti di causa.

I fatti di causa sono i seguenti.

a) il signor T.A., attore, versa Euro 30.645,00 per IRAP 2001;

b) sulla sua domanda di rimborso l’Ufficio tributario resta inerte;

c) il silenzio rifiuto dell’Ufficio e’ impugnato dal Contribuente dinanzi alla CTP di Milano, che accoglie il suo ricorso;

d) l’appello dell’Ufficio e’, poi, rigettato dalla CTR con la sentenza ora impugnata per Cassazione.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per Cassazione, e’ cosi’ motivata:

a) richiamata la sentenza della Corte costituzionale 10 maggio 2001, n. 156, di cui si riproduce testualmente parte della motivazione, la CTR, “nell’interpretare a sua volta le parole della Corte costituzionale, osserva che l’assenza di organizzazione non puo’ essere intesa con assolutezza, perche’ al lume della ragione analitica non esiste nel mondo d’oggi alcuna attivita’, diretta alla produzione o allo scambio di beni o servizi che, per quanto modesta, non sia connotata da un minimo di strumentazione e da un’embrionale formula di coordinamento finalizzato. Non costituira’ autonoma organizzazione, pertanto, quel corredo minimale di strumenti e, al limite, di collaborazioni, senza il quale la particolare attivita’ professionale, o di lavoro autonomo, sarebbe inconcepibile e irrealizzabile nel contesto civilizzato nel nostro mondo. Per converso, nel senso rilevato dalla Corte costituzionale e per essa rilevante, vi sara’ autonoma organizzazione tutte le volte che tale soglia strumentale minima sara’ superata grazie alla presenza di un insieme piu’ o meno ampio di fattori materiali e/o umani, non strettamente indispensabili per la determinata tipologia di attivita’, ma coordinatamente e strategicamente utili per aggiungere valore allo svolgimento, alla produttivita’, alla redditivita’ della stessa”;

b) “nel caso di specie il contribuente T., come risulta dalla documentazione fiscale prodotta, esercitava la professione di artista senza collaboratori, ne’ vi sono ragioni per presumere che l’assetto della sua attivita’ fosse provvisto di mezzi e strumentazioni particolari. Ne’ puo’ convenirsi con l’appellante che l’attivita’ della S.r.l. Time fosse da considerare una struttura di appoggio dell’artista per ritenere esistente il requisito nei suoi confronti dell’organizzazione minima: requisito, questo, che la Commissione non ritiene ragionevolmente esistente alla luce delle argomentazioni avanti indicate”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Il primo motivo d’impugnazione.

4.1. Con il primo motivo d’impugnazione si denunciano la violazione e la falsa applicazione della L. 23 dicembre 1996, n. 662,art. 3, comma 144, e del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2, 3, 8,27 e 36.

L’Agenzia ricorrente ritiene che non possa essere condivisa l’interpretazione che la CTR ha fornito della sentenza della Corte costituzionale 10 maggio 2001, n. 156. Infatti, mentre la Corte avrebbe “chiaramente enunciato che il reale presupposto impositivo e’, in ogni caso, la produzione di valore aggiunto, comunque realizzata e quindi ha svincolato la nozione di autonoma organizzazione da un parametro di verificazione meramente materiale quale quello che caratterizza l’esercizio dell’impresa” il giudice d’appello avrebbe “superficialmente ridotto l’entita’ del giudizio ad essa rimesso, allorquando ha con disinvoltura affermato che la mera mancanza di collaboratori, associata alla scarsa consistenza degli strumenti adoperati gia’ valga di per se stessa ad escludere la sussistenza di una organizzazione autonoma”. L’enunciazione della tesi dell’Agenzia, anche a proposito del primo motivo, si trova enunciata, tuttavia, al termine della motivazione del secondo motivo d’impugnazione, laddove si afferma che “in definitiva,… devesi ritenere che tutti gli esercenti arti o professioni siano assoggettati all’IRAP” (pagina 9, righe 3 – 4, del ricorso per Cassazione).

La ricorrente indica, quindi, implicitamente come norma, su cui si fonda il motivo d’impugnazione, quella secondo cui “sono soggetti passivi dell’IRAP coloro che esercitano arti o professioni”.

4.2. La tesi dell’Agenzia non puo’ essere condivisa. Infatti, la norma giuridica individuatrice del soggetto passivo dell’IRAP e’, sulla base della giurisprudenza costituzionale e della giurisprudenza di legittimita’, quella che risulta dalle seguenti considerazioni:

a) secondo la Corte costituzionale (sentenza 10 maggio 2001, n. 156), mentre l’elemento organizzativo e’ connaturato alla nozione stessa di impresa, altrettanto non puo’ dirsi per quanto riguarda l’attivita’ di lavoro autonomo, ancorche’ svolta con carattere di abitualita’, nel senso che e’ possibile ipotizzare un’attivita’ professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui, cosicche’ per il lavoratore autonomo si deve accertare in fatto, caso per caso, ossia, non categorialmente, ma per ciascun caso di specie ultima, se si realizzi il presupposto dell’autonoma organizzazione;

b) la Corte di Cassazione ha, poi, precisato che “il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e’ insindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilita’ ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui” (Corte di cassazione, Sezioni unite, 26 maggio 2009, n. 12108, e 26 maggio 2009, n. 12111; nello stesso senso gia’ Corte di cassazione, Sezione civile V, 16 febbraio 2007, n. 3676, n. 3677, n. 3678 e n. 3680).

La norma giuridica da applicare per la risoluzione della controversia non e’, dunque, quella indicata dall’Agenzia ricorrente, ma quella, secondo la quale “e’ soggetto passivo dell’Irap il lavoratore autonomo che impieghi beni strumentali in misura eccedente il minimo indispensabile o che si avvalga continuativamente di lavoro altrui”.

Il primo motivo d’impugnazione e’, pertanto, infondato.

5. Il secondo motivo d’impugnazione.

5.1. Con il secondo motivo d’impugnazione si lamentano l’omessa, l’illogica e l’incoerente motivazione della sentenza impugnata su un punto decisivo della controversia.

Secondo la ricorrente Agenzia, la CTR sarebbe “incorsa in palese vizio di motivazione per incoerenza del ragionamento logico seguito ai fini dell’accertamento di fatto, all’esito del quale essa e’ pervenuta alla decisione… Non soddisfa… sotto il profilo della motivazione, la pretesa della CTR di ricondurre all’area di applicazione dell’Irap il reddito conseguito dal contribuente solo a condizione che l’attivita’ da costui svolta presenti l’impiego di non meglio precisati mezzi, strumentazioni e collaboratori, svalutando, per converso, la rilevanza che ai descritti fini assume tutta la struttura organizzativa che ruota intorno all’artista, e che l’elevato reddito conseguito per l’anno in esame chiaramente dimostra. Per questo il giudice tributario ha visibilmente errato allorquando ha attribuito prevalenza al solo elemento materiale ai fini di escludere l’applicazione dell’imposta, erroneamente equiparando l’assenza di strutture (si ripete, neanche genericamente indicate nelle loro ipotetiche caratteristiche), con l’assenza di organizzazione, la cui nozione concettuale va intesa in senso economico piu’ che in senso materiale”.

5.2. La valutazione della fondatezza del secondo motivo d’impugnazione dev’essere fatta alla luce delle seguenti considerazioni.

Per la risoluzione della presente controversia si deve applicare la norma che disciplina l’esercizio del potere del giudice di merito di accertare i fatti di causa, di valutare i mezzi di prova esperiti dalle parti e di motivare in maniera valida, cioe’ sufficiente e logica, accertamento e valutazione.

Nel caso in esame, il giudice d’appello non ha accertato tutti i fatti rilevanti per la causa, perche’ ha fatto un riferimento solo generico alla documentazione fiscale prodotta dal Contribuente, senza indicare quali dati ne abbia desunto e le ragioni per le quali quei dati sono stati valutati in modo da escludere l’esistenza di un’autonoma organizzazione. Altrettanto lacunosa, dal punto di vista motivazionale, e’ la menzione del rapporto tra l’attore e la Time srl, perche’ ci si limita a dire che essa non e’ una struttura di appoggio per l’attore, ma non ci si cura di accertare che cosa essa e’ per il Contribuente. La sentenza impugnata, oltre a non accertare i fatti rilevanti di causa cui essa stessa si riferisce (i fatti desumibili dalla documentazione e la natura del rapporto con la Time srl), adotta una motivazione che e’ fornita solo di subdichiarazioni di giudizio statico (inesistenza di ragioni per presumere che…, irrilevanza del rapporto tra il Contribuente e la Time srl), ma che e’ priva delle corrispondenti subdichiarazioni di giudizio dinamico, discostandosi cosi’ dal principio di diritto, piu’ volte enunciato da questa Corte, secondo il quale la sentenza deve contenere la succinta esposizione dei motivi in fatto e in diritto, cioe’: 1) l’indicazione specifica sia dei fatti di causa sia dei fatti addotti per la loro prova; 2) la descrizione sia dei comportamenti intellettivi di valutazione delle prove sia dei comportamenti intellettivi di qualificazione dei fatti di causa; 3) gli atti di giudizio statico e finale per ciascuna serie di comportamenti intellettivi” (per varia casistica e per le ragioni poste a giustificazione del principio, v.

Corte di cassazione: 18 aprile 2003, n. 6233; per le applicazioni, Corte di cassazione: 11 giugno 2003, n. 9301; 1 luglio 2003, n. 10364; 1 luglio 2003, n. 10373; 17 dicembre 2003, n. 19362; 17 dicembre 2003, n. 19367; 22 gennaio 2004, n. 1037; 29 marzo 2004 n. 6244; 2 aprile 2004, n. 6539; 28 luglio 2004, n. 14219; 26 agosto 2004, n. 17024; 29 settembre 2004, n. 19481; 14 ottobre 2004, n. 20263; 6 dicembre 2004, n. 22867; 5 gennaio 2005, n. 130; 29 settembre 2005, n. 19085; 17 ottobre 2001, n. 20081; 18 novembre 2005, n. 24417; 18 novembre 2005, n. 24418; 18 novembre 2005, n. 24419; 23 gennaio 2006, n. 1236; 2 maggio 2006, n. 10079; 4 maggio 2007, n. 10263; 29 febbraio 2008, nn. 5470 e 5471; 26 maggio 2008, n. 13500; 21 gennaio 2009, n. 1447; 12 giugno 2009, n. 13660; 7 agosto 2009, n. 18118).

Poiche’ il secondo motivo d’impugnazione censura fondatamente che la sentenza impugnata non si sia attenuta al principio di diritto poc’anzi enunciato, esso dev’essere accolto.

6. Conclusioni.

Le precedenti considerazioni conducono all’accoglimento del secondo motivo d’impugnazione e al rigetto del primo, alla cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e al rinvio della causa, ad altra Sezione della CTR Lombardia, che dovra’ applicare al caso controverso le norme giuridiche enunciate nel par. 5.2.

Il giudice di rinvio, inoltre, provvedera’ a liquidare le spese processuali relative al giudizio di cassazione.

PQM

LA CORTE Accoglie il secondo motivo d’impugnazione e rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese relative al giudizio di cassazione, ad altra Sezione della CTR della Lombardia.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2010

 

 

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