Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6768 del 07/04/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 6768 Anno 2016
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: DORONZO ADRIANA

SENTENZA

sul ricorso 430-2013 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F.
80078750587, in persona del presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
2016
169

avvocati ELISABETTA

LANZETTA, CHERUBINA

CIRIELLO,

giusta delega in atti;
– ricorrente contro

PENNELLO LUCIANA C.F. PNNLCN45C46H501T, elettivamente

Data pubblicazione: 07/04/2016

domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso
lo studio dell’avvocato PAOLO BOER, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato ALBERTO BOER, giusta
delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 6849/2012 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 09/10/2012 R.G.N. 548/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/01/2016 dal Consigliere Dott. ADRIANA
DORONZO;
udito l’Avvocato CIRIELLO CHERUBINA;
udito l’Avvocato BOER PAOLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

itAti

Ud.14 gennaio 2016
R.G. n. 430/2013

Svolgimento del processo
1. – Luciana Pennello – dopo aver esposto di aver lavorato alle dipendenze

dell’INPS fino al 1/3/2001, data di collocamento a riposo, rivestendo 1’8^ qualifica
funzionale fino al 30/9/1999 e la posizione giuridica C4 dal 1/10/1999; di aver
svolto le mansioni di capo ufficio dal 1/7/1998 e di visto riconosciuta in sede
giudiziale, da una sentenza della Corte d’appello di Roma n. 5568/2007, il suo

1996 per il periodo dal 1/7/1998 all’1/3/2001 e per la qualifica di capo ufficio, in
luogo di quella di vice capo ufficio formalmente riconosciuta dall’Inps i e l’assegno di
garanzia della retribuzione – adiva il Tribunale di Roma chiedendo la condanna
dell’Istituto alla riliquidazione del trattamento di quiescenza (indennità di
buonuscita) e del trattamento pensionistico integrativo, mediante computo nella
base di calcolo dell’emolumento sopra detto nella misura differenziale rispetto a
quella percepita.
2.

– Il giudice accoglieva la domanda e l’appello dell’Istituto – limitato al

riconoscimento del diritto della Pennello alla riliquidazione della pensione integrativa
con inserimento nella base di calcolo dell’indennità di funzione quale capo ufficio era rigettato, con sentenza depositata il 9 ottobre 2012, dalla Corte d’appello di
Roma.
3. – La Corte romana riteneva che le somme ricevute nello svolgimento di

mansioni superiori rientravano nei concetto di “retribuzione” spettante ai sensi
dell’art. 21 e dell’art. 5 del Regolamento per il trattamento di previdenza e
quiescenza del personale impiegatizio dell’INPS del 12/6/1970. Disattendeva così la
tesi dell’Istituto secondo cui il trattamento integrativo a carico del fondo doveva
essere calcolato in base alla retribuzione relativa alla qualifica effettivamente
posseduta all’atto della cessazione dal servizio e l’indennità di funzione, in quanto
liquidata ex post (a seguito di accertamento giudiziale dello svolgimento di fatto di
mansioni superiori), non rivestiva il carattere di fissità e predeterminazione
richiesto dalle norme citate, ma aveva carattere e contenuto aleatorio. La Corte
precisava altresì la irrilevanza della potenziale revocabilità delle mansioni superiori,
considerato che, nella specie, tale revoca non si era verificata e che, in ogni caso,
l’emolumento era stato corrisposto in modo costante e continuativo per un periodo
sufficiente all’acquisizione dei caratteri richiesti (da111/7/1998 al 28/2/2001). Ad
ulteriore conforto della sua decisione, la Corte aggiungeva che le mansioni di capo
ufficio erano state svolte dalli appellata non già via di mero fatto bensì in base ad
incarichi scritti conferiti e che, inoltre, era infondata l’eccezione di prescrizione in
considerazione degli atti interruttivi depositati.
1

diritto all’indennità di funzione prevista dall’art. 15 della legge n. 88/1989 e CCDE

Ud.14 gennaio 2016
R.G. n. 430/2013

4. – Contro la sentenza, l’Inps propone ricorso per cassazione con tre motivi.
L’intimata resiste con controricorso. Le parti depositano memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con il ricorso, articolato in tre motivi, l’Istituto ricorrente denuncia la violazione
e falsa applicazione degli artt. 5, 21 e 27 del Regolamento per il trattamento di
previdenza e quiescenza del personale a rapporto di impiego dell’INPS, dell’art. 13

dell’art. 64 della legge n. 144 del 1999. L’Inps osserva che, ai sensi dell’art. 5 del
Regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza del personale (in vigore
sino al 30/9/1999), per retribuzione utile ai fini del calcolo delle prestazioni erogate
dal Fondo, doveva intendersi unicamente lo stipendio lordo, eventuali assegni
personali ed altre competenze a carattere fisso e continuativo; che l’espressione
stipendio, ai sensi dell’art. 5 citato, definiva solo quella parte della retribuzione
complessiva collegata alla qualifica (stipendio tabellare) ed all’anzianità
effettivamente possedute (costituenti il “trattamento fondamentale”), senza
comprendere tutte le indennità ed i compensi corrisposti a titolo di trattamento
accessorio; che le differenze retributive per mansioni superiori non erano
emolumenti collegati alla qualifica di appartenenza ed all’anzianità ma erano voci
retributive autonome, collegate alla effettività ed alla durata della prestazione di
fatto di determinate mansioni superiori. Pertanto tali voci non potevano rientrare
nel concetto di retribuzione pensionabile ai sensi dell’art. 5 del Regolamento.

2. – Il ricorso – i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente – è fondato.
La questione è stata di recente riesaminata da questa Corte con la sentenza del 20
maggio 2015, n.10378, che ha ripercorso e così confermato quanto già statuito da
Cass., 14 luglio 2008, n. 19296, ed a cui questo Collegio intende dare continuità,
non ravvisando ragioni per discostarsene.

3. – Nella sentenza n. 19296/2008 si era infatti affermato che in tema di
previdenza integrativa aziendale, benché il regolamento per il trattamento di
previdenza e quiescenza del personale impiegatizio dell’ INPS – che costituisce atto
di formazione secondaria ed è pertanto interpretabile direttamente dalla Corte di
cassazione – prevede che le pensioni a carico del Fondo in corso di godimento siano
riliquidate assumendo come base la nuova retribuzione prevista per la qualifica e la
posizione in cui l’impiegato si trovava all’atto della cessazione dal servizio, le
maggiori competenze spettanti in seguito allo svolgimento di fatto di mansioni
superiori (in quanto emolumenti non fissi ne’ continuativi) non possono essere
considerate utili e, di conseguenza, non vanno assoggettate a contribuzione.

2

della legge 20 marzo 1975, n. 70, dell’art. 52 del D.Lgs. n. 165 del 2001, e infine

Ud.14 gennaio 2016
R.G. n. 430/2013

4. – Successivamente sono intervenute le sezioni unite (Cass., sez. un., 25 marzo
2010, n. 7154), che hanno affermato in generale che, in tema di base di calcolo del
trattamento di quiescenza o di fine rapporto spettante ai dipendenti degli enti
pubblici del c.d. parastato, la L. 20 marzo 1975, n. 70, art. 13 ,di riordinamento di
tali enti e del rapporto di lavoro del relativo personale, prevede una disciplina del
trattamento di quiescenza o di fine rapporto (rimasta in vigore, pur dopo la

data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di fine
rapporto di cui all’art. 2120 cod. civ.) non derogabile neanche in senso più
favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un’indennità di anzianità pari
a tanti dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di
servizio prestato, lasciando all’autonomia regolamentare dei singoli enti solo
l’eventuale disciplina della facoltà per il dipendente di riscattare, a totale suo carico,
periodi diversi da quelli di effettivo servizio.
5. – Il riferimento quale base di calcolo allo stipendio complessivo annuo ha valenza
tecnico-giuridica, sicché deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive
diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di
anzianità o componenti retributive similari (nella specie, l’indennità di funzione della
L. n. 88 del 1989, ex art. 15, comma 2, il salario di professionalità o assegno di
garanzia retribuzione e l’indennità particolari compiti di vigilanza per i dipendenti
dell’ INPS) e devono ritenersi abrogate o illegittime, e comunque non applicabili, le
disposizioni di regolamenti come quello dell’ Inps, prevedenti, ai fini del trattamento
di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle
competenze a carattere fisso e continuativo.
5.1. – Le stesse Sezioni Unite hanno ribadito in particolare che, in tema di base di
calcolo della pensione integrativa dei dipendenti dell’ INPS, ai sensi dell’art. 5 del
Regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza dell’ente, adottato con
Delib. 12 giugno 1970 e successivamente modificato con Delib. 30 aprile 1982, ai
fini della computabilità nella pensione integrativa già erogata dal fondo istituito
dall’ente (e ancora transitoriamente prevista a favore dei soggetti già iscritti al
fondo, nei limiti dettati dalla L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 64) è sufficiente che le
voci retributive siano fisse e continuative, dovendosi escludere la necessità di una
apposita deliberazione che ne disponga l’espressa inclusione. Non osta che
l’elemento retributivo sia attribuito in relazione allo svolgimento di determinate
funzioni o mansioni, anche se queste, e la relativa indennità, possano in futuro
venire meno, mentre non può ritenersi fisso e continuativo un compenso la cui
erogazione sia collegata ad eventi specifici di durata predeterminata oppure sia
3

contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla

Ud.14 gennaio 2016
R.G. n. 430/2013

condizionata al raggiungimento di taluni risultati e quindi sia intrinsecamente
incerto.
6. – Vi è poi stato un nuovo arresto delle Sezioni Unite (Cass., sez. un., 14 maggio
2014, n. 10413) che in generale hanno affermato che nel regime dell’indennità di
buonuscita spettante, ai sensi del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38 al
pubblico dipendente, che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia

un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza ai sensi del D.Lgs. 30 marzo 2001,
n. 165, art. 52 ( nella base di calcolo dell’indennità va considerato lo stipendio
relativo alla qualifica di appartenenza e non quello corrisposto per il temporaneo
esercizio delle superiori mansioni di dirigente.
7.- Alla luce di questi chiari principi, appare corretta la tesi sostenuta dall’Istituto,
secondo cui l’art. 5 del Regolamento del Fondo interno considera come retribuzione
utile ai fini del calcolo delle prestazioni erogate dal Fondo INPS di previdenza
integrativa unicamente lo stipendio lordo, eventuali assegni personali ed altre
competenze a carattere fisso e continuativo e non comprende invece tutte le
indennità ed i compensi corrisposti a titolo di trattamento accessorio, quali – come
nella specie -le differenze retributive per mansioni superiori che non sono
emolumenti collegati alla qualifica di appartenenza ed all’anzianità ma costituiscono
voci retributive collegate alla effettività ed alla durata della prestazione di fatto delle
mansioni superiori: in altri termini, tali voci non rientrano nella nozione di
retribuzione pensionabile ai sensi dell’art. 5 del Regolamento.
8. Per contro, e sempre in forza dei principi su espressi, non è determinante, ai fini
di pervenire ad un diversa soluzione della controversia, la circostanza che la
ricorrente rivestisse una posizione organizzativa e funzionale fondata su un atto
formale di conferimento delle funzioni di segretario dei Comitati dei fondi speciali di
previdenza, come accertato con la sentenza della Corte d’appello di Roma n.
5568/2007, passata in giudicato, e che tali funzioni fossero equiparabili a quelle di
capo ufficio.
8.1. – Al riguardo è necessario evidenziare, anche al fine di evitare equivoci
sull’esatta portata del giudicato su cui insiste la Pennello nella memoria ex art. 378
cod.proc.civ., che la sentenza resa dalla Corte d’appello di Roma n. 5568/2007
invocata dalla Pennello, pur riconoscendo il diritto della stessa all’indennità di
funzione nella misura prevista per il capo-ufficio e per tutta la durata dell’incarico di
preposta alla segreteria di un Comitato, ha espressamente chiarito che il
riconoscimento di tale diritto non incide sulla qualifica di appartenenza formalmente
rivestita C’

ferma restando – ovviamente- la qualifica di funzionario di
4

cessato dal servizio nell’esercizio di mansioni superiori in ragione dell’affidamento di

Ud.14 gennaio 2016
R.G. n. 430/2013

amministrazione VIII” livello, posto che l’indennità in esame è erogata in ragione
della posizione organizzativa e funzionale e non della qualifica rivestita”: pag. 7

della sentenza).
8.2. — Ciò del resto è in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui

l’esercizio di fatto di mansioni più elevate rispetto a quelle della qualifica di
appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore nella superiore

contrattualizzato l’esercizio temporaneo di mansioni superiori non attribuisce il
diritto all’assegnazione definitiva delle stesse con il riconoscimento della superiore
qualifica.
8.3.- Tale prescrizione è prevista dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 57, e

successivamente ribadita da ultimo nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, secondo cui
l’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non
ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di
direzione. La novazione del rapporto, in ragione del pur prolungato esercizio delle
mansioni dirigenziali in posizioni di reggenza, contrasterebbe anche con il principio
del necessario concorso o procedura selettiva comparativa per l’accesso alla
dirigenza pubblica (art. 28 d.lgs. n. 150 del 2001; ex plurimis C. cost. n. 9 del
2010: in tal senso, Cass., Sez. Un. 14 maggio 2014, n. 10413, cit.).
8.4. — Il principio espresso dalle Sezioni Unite (n. 10413/2014) con riguardo al

caso del dipendente che abbia svolto mansioni superiori in ragione dell’affidamento
di un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 30
marzo 2001, n. 165, non può non valere, per l’identità di ratio (e a fortiori), nel
caso di specie, in cui il diritto all’indennità di funzione (e non già alla qualifica) è
stato riconosciuto sulla base di un provvedimento del direttore centrale delle risorse
umane di equiparazione delle funzioni di responsabile dei comitati dei fondi speciali
di previdenza a quelle di preposto alla segreteria di altri comitati, reso ad personam
(senza peraltro che fosse incluso il nominativo della Pennello, come si evince dalla
sentenza n. 5568/2007 e come sottolineato dall’Inps ), al di fuori delle necessarie
procedure selettive e al dichiarato fine di riconoscere l’indennità di funzione nella
misura prevista per i capi uffici.
8.5. – Del resto, come è stato anche osservato da Cass., 2 luglio 2013, n. 16506

(che si è posta in consapevole contrasto con Cass., 13 giugno 2012, n. 9646) il
rapportare la liquidazione dell’indennità di buonuscita alla retribuzione da ultimo
percepita in forza delle mansioni dirigenziali espletate in via di reggenza
temporanea, anziché alla retribuzione dell’ultima qualifica rivestita, è una soluzione
che si traduce in un sostanziale aggiramento del disposto del D.Lgs. n. 165 del
5

qualifica, stante l’espressa deroga all’art. 2103 c.c., per cui nel lavoro pubblico

Ud.14 gennaio 2016
R.G. n. 430/2013

2001, art. 52, di fatto realizzando lo stesso effetto che si sarebbe verificato se il
dipendente avesse regolarmente conseguito il superiore inquadramento nelle forme
previste dalla citata normativa.
9.

– Ne consegue che la base retribuiva dell’indennità di buonuscita, che è

normativamente costituita dalla retribuzione corrispondente all’ultima qualifica
legittimamente rivestita dall’interessato all’atto della cessazione del servizio, non è

corrispondente all’inferiore qualifica di appartenenza (Cass., 11 giugno 2008, n.
15498).
10. – La sentenza di merito non si è attenuta a tali principi e deve pertanto essere
cessata. Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti, è possibile la decisione
nel merito con il rigetto dell’originaria domanda. Le incertezze giurisprudenziali rese
evidenti dai successivi interventi delle Sezioni Unite di questa Corte giustificano la
compensazione tra le parti e spese dell’intero processo.
P.Q. M .
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
rigetta la domanda della Pennello. Compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 gennaio 2016
Il Presidente

da riferire alla retribuzione corrispondente alla superiore qualifica, bensì a quella

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA