Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6764 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 01/03/2022, (ud. 25/11/2021, dep. 01/03/2022), n.6764

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

N.M.K., nato il 15 settembre 1988 a Kouthieye (Senegal),

elettivamente domiciliato in Roma, via Barnaba Tortolini n. 30,

presso lo studio dell’avv. Alessandro Ferrara (PEC (OMISSIS)) che lo

rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso per

cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato ex lege presso Avvocatura dello Stato in Roma, PEC

(OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Napoli, depositato in data 14

ottobre 2020, R.G. n. 25357/2018;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons.

Fidanzia Andrea.

 

Fatto

Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, depositato il 20 settembre 2018, N.M.K., nato il (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Napoli impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Nel richiedere il riconoscimento della protezione internazionale o ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, il ricorrente esponeva le seguenti ragioni: di essere nato nel villaggio di Kouthie, nella regione di Kaolack in Senegal; di praticare la fede musulmana; di aver studiato nella scuola coranica; di aver lavorato come commerciante; che la sua famiglia è composta dalla madre e dai fratelli maggiori; di essersi innamorato di una ragazza cristiana; che avevano deciso di sposarsi; che la famiglia del ricorrente si opponeva a tale unione ma il ricorrente non veniva meno dalla sua decisione di voler sposarsi con lei; di aver lasciato il Paese a seguito delle minacce dei propri famigliari; di aver attraversato la Turchia, la Grecia, dove era rimasto per circa due anni e sei mesi, la Macedonia, la Serbia, l’Ungheria e infine di essere giunto in Italia.

Il Tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione.

In particolare, il Tribunale, condividendo il giudizio della Commissione Territoriale, ha ritenuto le dichiarazioni del ricorrente irrilevanti ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, ritenendo le cause dell’espatrio dovute a difficoltà famigliari. Esclusa la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, il Tribunale ha anche escluso i requisiti per la protezione ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) sulla base delle COI consultate e menzionate. Il Tribunale ha infine escluso la sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Avverso il predetto decreto il ricorrente con atto notificato il 30 novembre 2020 ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a quattro motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in camera di consiglio non partecipata del 25 novembre 2021 ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3 e 19 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Lamenta il ricorrente che il Tribunale di Napoli, pur avendo ritenuto credibile la sua vicenda, l’ha riduttivamente circoscritta all’ambiente familiare, non considerando che l’origine del contrasto con i propri familiari stretti risiedeva in ragioni di natura religiosa, stante la sua volontà di sposare una donna cristiana. Il giudice di primo grado non aveva effettuato quel necessario e doveroso approfondimento istruttorio volto ad accertare la presenza di fenomeni di tensione religiosa che confermassero l’esistenza del rischio di persecuzione. La difesa censura altresì la violazione del principio di cooperazione istruttoria gravante sul giudice di merito.

2. Il motivo è manifestamente infondato.

Il ricorrente non ha dedotto l’esistenza di una persecuzione di natura religiosa condotta dalle Autorità del Senegal nei confronti degli appartenenti alla religione cristiana, ma soltanto la personale forte opposizione dei suoi familiari, sfociata in minacce alla sua persona, alla sua unione con una donna di religione cristiana. Se è quindi pur vero che le minacce perpetrate dai suoi familiari avevano la propria origine in motivi di natura religiosa, tuttavia, dalle stesse allegazioni del ricorrente non è in alcun modo emerso che una tale contrapposizione fosse alimentata o solo avallata dalle autorità del Senegal, né che queste gli avessero negato una eventuale protezione.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, ed artt. 6 e 19; D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, ed artt. 12 e 13 e art. 32, comma 3 (ante riforma di cui al D.L. n. 113 del 2018), D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 (ante riforma di cui al D.L. n. 113 del 2018) in relazione agli artt. 2 e 117 Cost., ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Si duole il ricorrente del mancato riconoscimento della protezione umanitaria. In particolare, lamenta l’omesso esame da parte del Tribunale di Napoli delle condizioni di vulnerabilità oggettive e soggettive, per non avere il Tribunale valutato la situazione dei diritti umani fondamentali in Senegal in relazione alle criticità personali dallo stesso prospettate.

Inoltre, la difesa rileva che il ricorrente non aveva più alcun riferimento socio-famigliare-affettivo nel Paese di origine; non aveva potuto coronare il sogno di sposare la donna di cui si era innamorato; si era stabilmente insediato nella comunità di cittadini senegalesi stanziati nel casertano, svolgendo attività di ambulante e vendita al dettaglio guadagnando circa 350,00 mensili; di non aver più alcun contatto con il Paese di origine dal 2014; di temere il rientro in patria anche per la vasta diffusione della pandemia da Covid-19 in Senegal con il rischio del collasso delle fragili strutture sanitarie.

4. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e 19, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, (sempre ante riforma di cui al D.L. n. 113 del 2018) e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 19, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Lamenta il ricorrente che il Tribunale di Napoli non ha svolto alcun approfondimento istruttorio sul dedotto rischio sanitario. In particolare, sono state consultate fonti non attuali in quanto relative ai mesi di marzo, aprile e maggio 2020, mentre le più recenti ed attuali fonti, offerte in comunicazione dal ricorrente con le note di trattazione scritta, documentano un oggettivo aggravarsi della diffusione della pandemia e della situazione sanitaria del Senegal.

Infine, la difesa eccepisce altresì il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).

5. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione e mancata applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 1, 2,3,4 e 5 e D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8 comma 3 e D.Lgs. n. 158 del 2009, art. 11 come modificato dal, nonché D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, (sempre ante riforma di cui al D.L. n. 113 del 2018), e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 19, ex art. 360 c.p.c., n. 5″.

Lamenta il ricorrente la natura meramente apparente della motivazione del decreto impugnato nella parte in cui è stata ritenuta l’insussistenza di una sua condizione di vulnerabilità, non avendo il Tribunale di Napoli indicato gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento.

6. Il quarto motivo, da esaminare con precedenza rispetto al secondo ed al terzo, è fondato.

Va osservato che il Tribunale di Napoli, nel pronunciarsi sulla richiesta protezione umanitaria, ha affermato che il richiedente “non appare possedere profili di vulnerabilità tali da far concludere che un rientro nel Paese di origine lo esporrebbe ai situazioni umanitarie di particolare complessità e gravità, tali da giustificare l’applicazione della misura residuale di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 6 …”. E’ indiscutibile che una tal motivazione abbia effettivamente una natura meramente apparente, atteso che il giudice di merito non ha spiegato le ragioni, l’iter logico-argomentativo in base al quale ha ritenuto l’insussistenza di una condizione di vulnerabilità del ricorrente.

Il Tribunale di Napoli è quindi incorso in un vizio di motivazione costituzionalmente rilevante secondo i parametri della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 8053/2014.

Deve essere quindi cassato il decreto impugnato con rinvio al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, per nuovo esame nonché per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.

7. Il secondo ed il terzo motivo sono assorbiti.

PQM

Rigetta il primo motivo, accoglie il quarto, assorbiti il secondo ed il terzo, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, per nuovo esame nonché per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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