Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6762 del 10/03/2020

Cassazione civile sez. lav., 10/03/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 10/03/2020), n.6762

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21148/2014 proposto da:

SAVANA SOCIETA’ AGRICOLA S.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dagli avvocati ANTONIO ROBERTI e GAETANO

MERCADANTE;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale

mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione dei

crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO

MARITATO, CARLA D’ALOISIO e ESTER ADA SCIPLINO;

RISCOSSIONE SICILIA S.P.A. (già SE.RI.T. SICILIA S.P.A.), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso lo studio dell’avvocato

CARLO BOURSIER NIUTTA, rappresentata e difesa dall’avvocato VALERIO

SCELFO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 474/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 08/04/2014, R.G.N. 1747/2011.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Messina ha confermato la sentenza del Tribunale di rigetto dell’opposizione proposta dalla soc. Savana Agricola a r.l. avverso la cartella per il pagamento a favore dell’Inps di Euro 175.195,33 per contributi e somme aggiuntive relativi al 4 trimestre 1999 e per il 2, 3 e 4 trimestre 2001. La Corte ha rilevato che le contestazioni formali avrebbero dovuto essere fatte valere nel termine di 5 giorni quale termine previgente al D.L. n. 35 del 2005, conv. in L. n. 80 del 2005, che aveva introdotto il termine di 20 giorni.

Nel merito la Corte ha rilevato che la società invocava il diritto alle agevolazioni di cui alla L. n. 185 del 1992, art. 5; che l’applicabilità di tali benefici doveva escludersi a favore delle società prima della modifica introdotta ex nunc dal D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, che aveva esteso il beneficio alle società di capitale in presenza di determinati presupposti; che gran parte dei contributi richiesti erano maturati sotto il vigore del D.Lgs. n. 228 citato, ma la società non aveva provato la sussistenza delle condizioni per l’estensione della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale, come sancito dal D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 10, ossia oltre il 50% del capitale sociale sottoscritto da imprenditori agricoli.

2. Avverso la sentenza ricorre la soc. Savana Agricola con due motivi. Resiste l’Inps e Riscossioni Sicilia.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 115 c.p.c. e omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

La ricorrente rileva che i benefici in questione erano estesi anche alle società di capitali ex D.Lgs. n. 228 del 2001; che la Corte erroneamente aveva ritenuto che non era stata provata la sussistenza dei requisiti per godere dei benefici sebbene dalla visura camerale allegata in atti risultava che la soc aveva ad oggetto,fin dalla costituzione, esclusivamente attività agricola e che i tre soci, dalla certificazione rilasciata dal comune di Tortorici (allegata nel fascicolo di parte e riprodotta nel ricorso in cassazione), erano imprenditori agricoli. Censura, pertanto, l’affermazione che mancava la prova che il 50% del capitale della società fosse costituito da imprenditori agricoli.

Censura, altresì, la sentenza secondo cui il diritto ai benefici sorgeva solo qualora oltre il 50% del capitale della società fosse costituito da imprenditori agricoli e richiama, dopo l’abrogazione del D.Lgs. n. 228 del 2001, la normativa introdotta dal D.Lgs. n. 102 del 2004, art. 8, comma 1, che riconosceva i benefici alle imprese agricole di cui all’art. 2135 c.c., senza ulteriori specificazioni.

Con il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 185 del 1992, art. 5 e del D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 10 lett. c. Rileva che la cartella non conteneva una motivazione adeguata dovendo l’Inps fornire la prova ex art. 2697 c.c., del suo credito.

4. Il ricorso è infondato.

Va preliminarmente precisato che oggetto di contrasto tra le parti è la fondatezza della pretesa dell’Inps con riferimento ai contributi maturati successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 228 del 2001, che ha esteso i benefici di cui è causa anche alle società di capitali svolgente attività agricola. Con riferimento a tali contributi la Corte ha rilevato che la società non aveva provato di trovarsi nelle condizioni previste dal D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 10. In base a tale normativa era, infatti, necessario che la società avesse un capitale per il 50% sottoscritto da imprenditori agricoli a titolo principale e che nessun elemento vi era in atti che consentisse di verificare tale condizione.

Non è, pertanto, in discussione l’applicazione del beneficio in esame a favore delle società di capitali. La Corte d’appello ha, invece, sottolineato che non era stato provato l’ulteriore requisito in base al quale è necessario che il 50% del capitale della società fosse costituito da imprenditori agricoli.

La ricorrente pretende di fornire tale prova attraverso la documentazione che allega unitamente al ricorso in cassazione. Essa, tuttavia, non specifica nel motivo quando e in quale fase del giudizio ha prodotto tale documentazione con la conseguenza che la sua produzione deve ritenersi avvenuta solo nel presente giudizio e, dunque, è del tutto inammissibile. Del tutto irrilevante è, poi, il richiamano al D.Lgs. n. 102 del 2004, non applicabile alla presente fattispecie riferendosi ad periodo successivo.

5. Va, altresì, ricordato, con riferimento alla violazione dell’art. 2697 c.c., che un’autonoma questione di malgoverno dell’art. 2697 c.c., può porsi soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece ove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (cfr. Cass. n. 15107/2013, n. 13395/2018).

Nella specie la Corte territoriale non ha in alcun modo violato la norma in esame atteso che costituisce principio consolidato che, in materia di sgravi e fiscalizzazioni, essendo il pagamento dei contributi un’obbligazione nascente dalla legge, spetta al debitore dimostrare il suo esatto adempimento e, quindi, grava sull’impresa che vanti il diritto al beneficio contributivo l’onere di provare la sussistenza dei necessari requisiti in relazione alla fattispecie normativa di volta in volta invocata (cfr. Cass. n. 5137/2006, Cass. Sez. U. n. 6489/2012; Cass. n. 13011/2017).

6. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente a pagare le spese processuali.

Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali a favore di ciascun controricorrente liquidate in Euro 7.000,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge, nonchè Euro 200,00 per esborsi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2020

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