Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6759 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 01/03/2022, (ud. 25/11/2021, dep. 01/03/2022), n.6759

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

H.K.A., cittadino del Bangladesh nato il (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in Roma, in Viale delle Milizie n. 76

presso lo studio dell’Avv. Di Tullio Marta (p.e.c. (OMISSIS)), che

lo rappresenta e difende per procura speciale in calce al ricorso

per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di

Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura

Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi uffici in Roma via

dei Portoghesi 12;

– resistente –

avverso decreto n. cron. 11350/2020 del Tribunale di Roma emesso il 9

marzo 2020 nel procedimento n. R.G. 30869/2018;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons.

Fidanzia Andrea.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, H.K.A., cittadino del Bangladesh nato il (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Roma impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Nel richiedere la protezione internazionale, il ricorrente riferiva di aver lasciato il suo Paese a causa dell’estrema povertà in cui viveva.

Il Tribunale ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione internazionale e umanitaria, avuto riguardo anche alla situazione generale del Bangladesh, descritta con l’indicazione delle fonti di conoscenza, ed in assenza di allegazioni inerenti profili di vulnerabilità ed elementi indicativi di integrazione.

Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione H.K.A., svolgendo 5 motivi. L’intimata Amministrazione dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale

Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in camera di consiglio non partecipata del giorno 25 novembre 2021 ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I motivi sono così rubricati: ” 1. Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, dell’art. 16 Direttiva Procedure 2013/32 UE, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8″; Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5 e 7 e art. 14, lett. b)”; “3. Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6”; “4. Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)”; “5. Omesso esame contratto di lavoro. Violazione e/o falsa applicazione art. 360 c.p.c., n. 5”.

1. Con il primo motivo si lamenta l’omesso accertamento officioso da parte del Tribunale della veridicità della situazione di rischio rappresentata dalla parte, attraverso la richiesta di chiarimenti e l’acquisizione di informazioni sul Paese di origine.

2. Il secondo motivo censura l’omessa indagine officiosa rispetto alla situazione in Bangladesh, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria lett. b.

3. Nel terzo motivo si lamenta l’omesso esame della domanda di protezione umanitaria da parte del Tribunale.

4. Con il quarto motivo si contesta la mancata cooperazione istruttoria da parte del Tribunale nell’accertare le condizioni del Bangladesh, riportando la normativa e giurisprudenza di riferimento.

5. Il quinto motivo contesta l’omessa considerazione di un contratto di lavoro, che si dichiara allegato al ricorso introduttivo.

6. Il ricorso è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che la procura speciale ad litem conferita dal ricorrente al proprio difensore è invalida alla luce dei principi enunciati dalla recente sentenza delle Sezioni Unite n. 15177/2021, difettando la certificazione della data di rilascio.

In particolare, nella predetta sentenza, le Sezioni Unite hanno elaborato i seguenti principi di diritto (confermati nelle successive sentenze, sempre a Sezioni Unite, nn. 18486/2021, 18487/21, 18488/2021, 18489/2021 e 18490/2021):

“1) Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui prevede che “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima” ha richiesto, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di “inammissibilità del ricorso”, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore;

2) La procura speciale per il ricorso per cassazione per le materie regolate dall’art. 35 bis, c. 13 D.Lgs. n. 25 del 2008 e dalle disposizioni di legge successive che ad esse rimandano deve contenere in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con una unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente”.

Va, peraltro, osservato che la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, sollevata dalla Sez. III con ordinanza del 23/06/2021, n. 17970) è stata dichiarata non fondata dalla Consulta con sentenza n. 13/2022.

Il difetto di un requisito di ammissibilità del ricorso per cassazione determina l’assorbimento dei motivi svolti dal ricorrente.

Non si liquidano le spese di lite in conseguenza della inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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