Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6756 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 01/03/2022, (ud. 25/11/2021, dep. 01/03/2022), n.6756

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

D.I., nato il (OMISSIS), regione di Sedhiou in Casamance

(Senegal), elettivamente domiciliato in Messina, via Placida n. 13,

presso l’avv. Picciotto Carmelo (PEC (OMISSIS)) che lo rappresenta e

difende per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato ex lege presso Avvocatura dello Stato in Roma, PEC

(OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Messina, depositato in data 10

dicembre 2020, R.G. n. 1682/2019;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons.

Fidanzia Andrea.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex art. 35-bis del D.Lgs. n.25/2008 depositato il 29 marzo 2019, D.I., nato il (OMISSIS), regione di Se’dhiou in Casamance (Senegal)ha adito il Tribunale di Messina impugnando il provvedimento Data pubblicazione 01/03/2022 con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Nel richiedere il riconoscimento della protezione internazionale o ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, il ricorrente esponeva le seguenti ragioni: di essere di etnia mandinga; di religione di mussulmana; di essere fuggito dalla regione di Casamance dove era nato per sottrarsi ai ribelli indipendentisti che con regolarità catturavano giovani per arruolarli nelle file del proprio esercito per combattere nel conflitto che tiene impegnato il territorio del Casamance; di aver frequentato la scuola fino all’età di tredici anni; che nel suo paese vendeva frutta; che la sua famiglia era composta dalla madre e da tre fratelli, mentre il padre era deceduto quando era ancora piccolo; di essere riuscito a fuggire ad un attacco dei ribelli insieme ad un amico; di aver attraversato il Mali, il Burkina Faso, il Niger ed essere giunto in Libia ove è stato ristretto per due volte in prigione subendo violenze e maltrattamenti, e di essere infine arrivato in Italia.

Il Tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione.

In particolare, il Tribunale, condividendo il giudizio della Commissione Territoriale, ha ritenuto il racconto del ricorrente poco credibile, generico e contraddittorio. Esclusa la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale maggiore sulla base del giudizio di non credibilità, il Tribunale ha anche escluso i requisiti per la protezione ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), sulla base delle COI consultate e menzionate. Il Tribunale ha infine escluso la sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in considerazione della mancata allegazione di circostanze di particolare vulnerabilità ed elementi dimostrativi di un grado elevato di integrazione sociale in Italia, ritenendo infine irrilevante nel caso di specie il transito in Libia.

Avverso il predetto decreto il ricorrente con atto notificato il 10 gennaio 2021 ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

7. Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in camera di consiglio non partecipata del 25 novembre 2021 ai sensi dell’art. 380- bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo ed il secondo motivo, illustrati congiuntamente, è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 13 del 2017, artt. 1 e 2, conv. in L. n. 46 del 2017, nonché dell’art. 276 c.p.c. (primo motivo) nonché del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 6, comma 1, lett. g), convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, e del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, artt. 3,19 e 19-bis, del D.Lgs. 13 luglio 2017, n. 116 e dell’art. 25 Cost. (secondo motivo).

Il ricorrente eccepisce, in primo luogo, l’illegittimità del decreto impugnato per l’omessa partecipazione di almeno uno dei giudici del collegio decidente all’attività istruttoria in violazione anche del principio del contraddittorio. Inoltre, si contesta la legittimità della subdelega al Giudice onorario che ha proceduto all’audizione del ricorrente e non ha partecipato al collegio che ha emesso il provvedimento impugnato.

2. Entrambi i motivi sono manifestamente infondati.

In primo luogo, questa Corte ha già enunciato il principio di diritto secondo cui, in materia di protezione internazionale, non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito il giudice onorario di tribunale abbia proceduto all’audizione del richiedente, rimettendo poi la causa per la decisione al collegio della sezione specializzata in materia di immigrazione, poiché il D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 10, recante la riforma organica della magistratura onoraria, consente ai giudici professionali di delegare, anche nei procedimenti collegiali, compiti e attività ai giudici onorari, compresa l’assunzione di testimoni, mentre il medesimo D.Lgs., art. 11, esclude l’assegnazione dei fascicoli ai giudici onorari solo per specifiche tipologie di giudizi, tra i quali non rientrano quelli di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis (Cass. n. 4887/2020).

Manifestamente infondata è anche la censura relativa alla dedotta illegittimità della subdelega conferita al Giudice Onorario di Pace. Sul punto, le Sezioni Unite di questa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5425 del 26 febbraio 2021, hanno affermato che il componente del collegio giudicante che sia stato designato dal presidente per la trattazione è titolare di poteri propri comprensivi di quelli che includono l’audizione del richiedente asilo. Tale funzione potrà essere da lui delegata al giudice onorario senza alcuna violazione del divieto di subdelega.

3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis comma 9, 10, 11 lett. A) e art. 13 comma 1-bis, in relazione all’art. 47 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, art. 6 CEDU e artt. 24 e 111 Cost., per il rigetto dell’istanza motivata di disporre audizione del ricorrente da parte del giudice, in assenza di videoregistrazione, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonché dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa motivazione su fatti decisivi dedotti dalle parti”.

Lamenta il ricorrente che il GOT ha rimesso la causa al Collegio per la decisione senza disporre la sua audizione. Dall’omissione di tale incombente è derivato il mancato riconoscimento della protezione umanitaria. In proposito, assume di essere stato imprigionato in Libia per cinque mesi e di aver riferito tale circostanza alla Commissione Territoriale, la quale, tuttavia, non ha approfondito tale profilo.

4. Il motivo è inammissibile nonché manifestamente infondato.

Va osservato che questa Corte, nella sentenza n. 21584/2000, ha formulato il seguente principio di diritto (cui questo Collegio intende dare continuità): “Nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinnanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda; b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) quest’ultimo nel ricorso non ne faccia istanza, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire i predetti chiarimenti, e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile.” Nel caso di specie, il ricorrente si duole della sua mancata audizione in sede giurisdizionale, ma non ha neppure allegato né di averne fatto richiesta in primo grado, né, a maggior ragione, di aver indicato gli eventuali chiarimenti che avrebbe inteso eventualmente fornire a seguito della decisione della Commissione Territoriale.

Ne consegue che la censura si appalesa del tutto generica e come tale inammissibile.

Non si liquidano le spese di lite in conseguenza della inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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