Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6755 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 01/03/2022, (ud. 25/11/2021, dep. 01/03/2022), n.6755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da

M.D., nato il (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

Perugia, via Campo di Marte n. 6/d, presso lo studio dell’avv. Avv.

Bracci Doretta PEC: (OMISSIS), che lo rappresenta e difende per

procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato ex lege presso Avvocatura dello Stato in Roma, PEC

(OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. 957/2020 del Tribunale di Perugia, depositato

in data 23 novembre 2020, R.G. n. 5170/2018;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons.

Fidanzia Andrea.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis depositato il 29 settembre 2018, M.D., nato il (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Perugia impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Nel richiedere il riconoscimento della protezione internazionale o ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, il ricorrente esponeva le seguenti ragioni: di essere nato a Labe’, ma di aver vissuto a Conakry; di essere di etnia Peulh, di religione musulmana; di aver frequentato la scuola per cinque anni; di aver lavorato come meccanico; di avere la madre vivente ed aver perso il padre; di essere stato militante del partito di opposizione UFDG durante la repressione allo stadio di Conakry nel settembre 2009; che lo zio paterno, sostenitore dello stesso partito, era stato arrestato nel 2012 e imprigionato nella prigione di Kindia con l’accusa di aver sostenuto l’attacco al Presidente Conde’ nel 2011; che anche il fratello maggiore, che lavorava nella sicurezza del partito UFDG, era stato arrestato nel 2013 con l’accusa di essere un mercenario e di aver anche lui preso parte all’attacco presidenziale del 2011; che a seguito di tali eventi, lui e la madre si trasferivano, nella regione di Kissidougou, presso un altro zio, a Guekedou dove era rimasto per circa un anno, finché, a causa della diffusione del virus Ebola, aveva deciso di espatriare in Mali e poi di raggiungere l’Algeria dove aveva degli amici; ma nel suo transito in Niger insieme ad altri uomini era stato venduto da un gruppo di trafficanti e condotto in un campo di prigionia in Libia, dove era stato torturato; che nuovamente venduto ad altri trafficanti era stato costretto a lavorare e poi imbarcato forzatamente verso l’Italia; di temere in caso di rimpatrio in Guinea, di essere arrestato dalle forze governative di etnia Malinke’ a causa dell’appartenenza e militanza della sua Data pubblicazione 01/03/2022 famiglia al partito di opposizione UFDG e a causa della sua etnia Peulh, come già accaduto allo zio e al fratello; che le forze di polizia del suo Paese non potrebbero tutelarlo perché’ le stesse autorità alimentano il conflitto etnico; di frequentare in Italia un corso di lingua italiana e un corso di H.A.C.c.p. per la manipolazione degli alimenti, di aver partecipato a lavori socialmente utili e di aver lavorato presso la cooperativa “I resilienti”.

Il Tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione.

In particolare, il Tribunale, pur ritenendo il racconto credibile e senza rilevare alcuna contraddizione, ha ritenuto insussistenti nel caso di specie i requisiti per il riconoscimento della protezione internazionale rilevando l’assenza di un rischio individuale in quanto il ricorrente non ha dedotto di aver subito personalmente atti di persecuzione o di aver egli stesso partecipato al partito di opposizione. Il Tribunale di Perugia ha rilevato che sulla base delle fonti COI citate e menzionate, non vi è alcuna evidenza che in Guinea vi sia un conflitto fondato su ragioni etniche, bensì solo disordini politici riconducibili alle proteste antigovernative e a una situazione di forte tensione sociale, che sebbene molte vittime della repressione attuata dalle forze di sicurezza siano di etnia Peul (come il ricorrente) non può riconoscersi una persecuzione di carattere etnico ma una forte repressione posta in essere dal governo contro gli oppositori politici. Esclusa la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale maggiore, il Tribunale ha quindi escluso anche la sussistenza dei requisiti per la protezione ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e per il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi del D.lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, – pur considerando infatti che “il triste trascorso abbia segnato il ricorrente” il Tribunale perugino ha rilevato che non vi è una specifica allegazione di “patologie o disturbi psichici o di altre apprezzabili conseguenze che lo abbiano reso vulnerabile”. Infine ha escluso la permanenza di un rischio di contagio del virus di Ebola che non costituisce più un pericolo attuale.

Avverso il predetto decreto il ricorrente con atto notificato il 22 dicembre 2020 ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi.

Il ministero intimato si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in camera di consiglio non partecipata del 25 novembre 2021 ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta: “1. violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c. n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 9 e dell’art. 8, comma 3.

Lamenta il ricorrente che il Tribunale di Perugia, nonostante non abbia dubitato della credibilità del ricorrente, nel fare riferimento alla situazione politica e sociale in Guinea è venuto meno all’obbligo di effettuare gli opportuni controlli e di esaminare le risultanze degli accertamenti effettuati, non indicando le fonti dalle quali ha tratto l’analisi politico-sociale su cui ha basato la propria decisione. La difesa rileva che le vicende narrate trovano pieno riscontro nelle fonti disponibili alcune delle quali peraltro sono state prodotte in giudizio. Il Tribunale si è poi limitato ad affermare che “non vi e’evidenza che nel Paese vi sia un conflitto fondato su ragioni etniche …” senza citare le specifiche fonti che possano giustificare tale affermazione.

2. Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente non ha fatto altro che svolgere mere censure di merito alla valutazione di fatto effettuata dal giudice di merito in ordine alla insussistenza di una persecuzione nei confronti degli appartenenti alla etnia Peul in Guinea. In proposito, il Tribunale di Perugia ha evidenziato che tutti gli scontri verificatisi negli ultimi anni in tale paese hanno una matrice sociale e politica e traggono il proprio fondamento da rivendicazioni di natura economica. La circostanza che, dal punto di vista ideologico, gli appartenenti all’etnia Peul si identifichino fortemente con il partito di opposizione, avversario di quello al governo, non consente di affermare che nel paese vi sia un conflitto fondato su ragioni etniche o razziali.

Inoltre, è infondata la censura secondo cui tale valutazione sarebbe il frutto di un’elaborazione personale del Tribunale, essendo state indicate dal giudice di merito, nelle note 1 e 2 della pagina 9 della sentenza impugnata, le fonti consultate per addivenire a tali conclusioni (Report Human Rights in Guinea 2017 e e Rapporto del Ministero dell’Interno, Commissione Nazionale per il diritto all’asilo 2020).

3. Con il secondo motivo è stata dedotta: violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al D.Lgs. n.. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4, 5, 6, e 14 ed in particolare alla lett. a e b, e al D.Lgs. n.. n. 25 del 2008, artt. 8 e 25 e agli artt. 2, 3, 4, 5 e 9 CEDU.

Reitera il ricorrente la censura di mancato adempimento, da parte del Tribunale di Perugia, dell’obbligo di cooperazione istruttoria ai fini della valutazione della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della protezione sussidiaria citata legge, ex art. 14, lett. a) e b). Lamenta cheil Tribunale avrebbe dovuto acquisire le informazioni sulla situazione socio-politica della Guinea dalle fonti ufficiali, dalle autorità indicate al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 comma 3. Evidenzia i rischi cui è esposto anche solo per il fatto di portare il cognome che coincide con quello del leader del partito UFDG, rilevando che la maggior parte delle vittime accertate in Guinea porta il cognome Diallo (cognome tipico della regione Futa Jalon da cui proviene il ricorrente e che è la regione di provenienza dell’etnia Peul).

4. Il motivo è inammissibile, per quanto già illustrato al punto precedente, nonché manifestamente infondato quanto alla individuazione delle fonti da cui il Tribunale può trarre le informazioni sulla situazione socio-politica di un paese.

In proposito, a prescindere dal rilievo che una delle fonti citata dal Tribunale di Perugia è il rapporto del Ministero dell’Interno, Commissione Nazionale per il diritto di asilo, in ogni caso, questa Corte ha già enunciato il principio di diritto secondo cui l’indicazione delle fonti di cui all’art. 8, legge cit. non ha carattere esclusivo, ben potendo le notizie essere tratte da concorrenti canali di informazione, quali i siti internet delle principali organizzazioni non governative attive nel settore dell’aiuto e della cooperazione internazionale (Cass. n. 13253/2020).

5. Con il terzo motivo (indicato come quarto dal ricorrente per mero errore materiale) è stata dedotta la: violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, commi 1 e 1.1. e/o art. 20-bis, nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Lamenta il ricorrente l’omesso esame dei fatti decisivi ai fini della valutazione dell’esistenza di una situazione di vulnerabilità meritevole di riconoscimento della protezione umanitaria e in particolare la situazione personale famigliare del ricorrente, i disturbi correlati ai traumi subiti nel suo percorso che lo ha portato in Italia dove ha intrapreso la frequentazione proficua di corsi di formazione e ha potuto stipulare alcuni contratti di lavoro.

6. Il motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che il ricorrente non si è minimamente confrontato con il preciso rilievo del Tribunale di Perugia secondo cui non vi è stata neppure un’allegazione da parte sua che le violenze patite dai suoi familiari gli abbiano provocato patologie o disturbi psichici o altre conseguenze apprezzabili che lo abbiano reso vulnerabile.

Inoltre, difettano di autosufficienza le allegazioni del ricorrente riguardanti la sua integrazione sociale. In particolare, si deduce l’avvenuta produzione nel corso del giudizio di primo grado di documenti attestanti la frequenza di corsi di formazione, corsi di lingua e contratti di lavoro, senza neppure precisare “dove” e “come” sarebbe avvenuta tale produzione nonché il contenuto del corso di formazione eventualmente seguito o del rapporto di lavoro eventualmente instaurato.

Non si liquidano le spese di lite in conseguenza della inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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