Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6752 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. trib., 01/03/2022, (ud. 18/01/2022, dep. 01/03/2022), n.6752

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTI Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 16027/2015 R.G. proposto da:

P.E.I. Promozioni Edilizie Italia s.r.l. in persona del suo legale

rappresentante pro tempore rappresentato e difesa dagli avv.ti Mauro

Trivellin e Domenico Bonaccorsi Di Patti, con domicilio eletto

presso il secondo in Milano via Federico Cesi 72;

– ricorrente-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12 presso gli

uffici dell’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e

difende;

– controricorrente-

Nel procedimento n. 16027/2015 avverso la sentenza n. 2076/24/14

emessa dalla CTR del VENETO e depositata in data 15/12/2014;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 18/01/2022 dal

Consigliere Dott. Russo Rita;

sentito il Procuratore generale che conclude per la dichiarazione di

inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società PEI ha impugnato l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro nella misura di Euro 74.261,28 in relazione alla sentenza n. 1360/2009, con la quale il Tribunale di Vicenza ha dichiarato risolto il contratto preliminare sottoscritto tra essa società e l’architetto P.E., per inadempimento della società, condannando la prima al pagamento della somma di Euro 2.447.299,37 oltre interessi legali e spese di lite. L’Agenzia ha tassato l’atto ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8 della tariffa allegata, applicando cinque volte le imposte in misura fissa per “domande respinte e disposizioni varie”, ed inoltre applicando l’imposta proporzionale del 3% sulla somma per cui è condanna. Il ricorso della società è stato accolto in primo grado, annullando l’avviso impugnato per difetto di motivazione e per omessa allegazione della sentenza oggetto della liquidazione. L’Agenzia ha proposto appello, che la CTR del Veneto ha accolto parzialmente, confermando la tassazione proporzionale ma eliminando la liquidazione di quattro delle cinque tasse fisse applicate.

Avverso la predetta sentenza la società ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a nove motivi. Si è costituita l’Agenzia con controricorso. Con ordinanza interlocutoria del 13.10.2020 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per consentire la trattazione congiunta tematica delle controversie in materia di imposta di registro. Nelle more la società ricorrente ha depositato la sentenza, passata in giudicato, con la quale la Corte d’appello di Venezia ha accolto il suo appello principale avverso la sentenza n. 1360/2009, oggetto di tassazione, rigettando tutte le domande proposte dall’arch. P., ed ordinando la cancellazione della trascrizione dell’atto di citazione; in questa sentenza la Corte ha rilevato che l’inadempimento va imputato non alla società ma all’architetto P. pur non riconoscendo il diritto della società a trattenere la caparra in difetto di prova dei danni sulla mancata conclusione dell’affare. Con la memoria illustrativa depositata ex art. 378 c.p.c. la società rileva che è venuto meno quasi totalmente il diritto dell’ufficio al versamento dell’imposta di registro liquidata, restando dovuta soltanto la tassa fissa per la risoluzione del contratto.

Il Procuratore generale ha quindi concluso per l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

La causa è stata trattata alla udienza pubblica del 18 gennaio 2022.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la nullità dell’avviso di liquidazione impugnato per violazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21-septies, per difetto di sottoscrizione da parte di soggetto legittimato. La società invoca la sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2015 che ha dichiarato illegittimi i ripetuti conferimenti di incarichi dirigenziali a meri funzionari, senza indire regolari concorsi come previsto dalla legge. Deduce che, secondo quanto consta ad essa società, il funzionario che ha firmato l’avviso è un mero incaricato di funzioni dirigenziali e non un dirigente.

Il motivo è inammissibile, posto che la parte non deduce di avere sottoposto la questione del difetto di sottoscrizione ai giudici di merito, e pertanto si tratta di un argomento nuovo.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione o falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), con riferimento all’art. 112 c.p.c., al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 18 e 24, ed alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, avendo la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto che la parte avesse sollevato solo tardivamente la questione della mancata allegazione della sentenza oggetto di tassazione all’avviso. La parte deduce che è mancato il vaglio circa il reale contenuto della sentenza del Tribunale oggetto di registrazione, e quindi circa la natura delle somme alle quali è stata applicata immotivatamente l’imposta proporzionale di registro; e che la sola indicazione degli estremi dell’atto del registrare e della somma da pagare non è idonea ad integrare il requisito della motivazione dell’atto impositivo.

Con il terzo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione di legge a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, con riferimento al difetto di motivazione dell’avviso di liquidazione impugnato. La parte deduce che se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato, e pertanto ha errato il giudice d’appello a ritenere sufficiente le indicazioni della parte in causa, l’oggetto della sentenza e le disposizioni di condanna contenute in essa; non si comprende infatti quali sono le disposizioni di condanna contenute nella sentenza stessa sulla base della quale è avvenuta la tassazione.

I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati.

L’imposta proporzionale di registro è stata chiaramente applicata sulla condanna, della quale la parte è ben a conoscenza, avendo peraltro subito, come essa stessa riferisce, una esecuzione forzata; la sentenza oggetto di tassazione non doveva necessariamente essere allegata all’avviso, purché in esso chiaramente indicata. Questa Corte ha già affermato che in tema di imposta di registro su atti giudiziari definitori di procedimenti nei quali il contribuente sia stato parte, l’avviso di liquidazione è adeguatamente motivato anche quando, pur non allegando l’atto, riporti sia gli estremi identificativi essenziali del medesimo, quali la natura del provvedimento, ufficio emanante, estremi di ruolo e pubblicazione, sia i criteri normativi e matematici di determinazione del dovuto, quali la base imponibile, aliquota tariffaria applicata ed imposta (Cass. 26340/2021).

3.- Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5), l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, e cioè la mancata valutazione da parte dei giudici di merito della natura degli importi che la società è stata condannata a pagare all’architetto P.; si trattava infatti di una somma composita, data in parte dalla restituzione della caparra, in parte dal mancato profitto, in altra parte di compenso per l’opera resa, e in altra parte ancora di lucro cessante per il mancato incarico di direzione dei lavori.

Con il quinto motivo del ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8 della tariffa allegata, in relazione all’importo di Euro 150.000,00 che la società è stata condannata a versare all’architetto P. a titolo di restituzione della caparra per effetto di risoluzione del contratto. La parte deduce che non si tratta di risarcimento del danno e che ha errato la CTR nel non tenerne conto, erroneamente applicando pertanto l’art. 8 della tariffa, poiché si tratta di una mera restituzione della caparra confirmatoria che rientra esclusivamente nell’ambito di applicazione dell’art. 8, lett. e), della tariffa e non anche nell’ambito di applicazione del citato art. 8, lett. b).

Con il sesto motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8, comma 1, lett. b), della tariffa allegata, in relazione all’importo che la società è stata condannata a versare all’architetto P. in quanto corrispettivo assoggettato ad Iva.

Con il settimo motivo del ricorso si lamenta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4), per omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. sull’eccezione di non debenza dell’imposta di registro in misura proporzionale in assenza del relativo presupposto impositivo. La parte deduce che non vi sarebbe una manifestazione di capacità contributiva, che costituisce il presupposto per l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale, poiché non vi è stato alcun trasferimento avente natura patrimoniale tra le parti del rapporto, atteso che l’architetto P. ha avviato una procedura di pignoramento presso terzi per incassare l’importo a lui dovuto e quindi la tassazione avrebbe dovuto colpire soltanto l’ordinanza di assegnazione.

Con l’ottavo motivo del ricorso si lamenta la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4), per omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. con riguardo alla richiesta di scomputare, dall’imposta richiesta in pagamento, l’imposta versata per la registrazione dell’ordinanza di assegnazione.

Con il nono motivo del ricorso si lamenta la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4) per omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c., con riguardo alla non debenza delle sanzioni per omesso o tardivo versamento.

Questi motivi possono essere esaminati congiuntamente perché attengono ad una imposizione rispetto alla quale è venuto meno il presupposto, per effetto della pronuncia della Corte d’appello di Venezia che la parte ha allegato.

Questa Corte ha già affermato che in tema d’imposta di registro sugli atti dell’Autorità giudiziaria del D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 37, qualora il provvedimento giudiziario sia stato definitivamente riformato, l’Amministrazione finanziaria, che abbia correttamente emesso l’avviso di liquidazione dell’imposta principale e la relativa cartella di pagamento senza procedere alla riscossione, non ha interesse, nonostante la soccombenza, a ricorrere per cassazione avverso la sentenza di annullamento della cartella emessa dal giudice tributario d’appello, essendo venuto meno il presupposto dell’imposta, il cui pagamento comporterebbe la necessità dell’immediato rimborso (Cass. n. 15645 del 11/06/2019)

La sentenza della Corte d’appello di Venezia ha totalmente riformato la sentenza di condanna di primo grado escludendo l’inadempimento da parte della società ed escludendo, di conseguenza, che debbano essere pagate somme a titolo di risarcimento del danno all’architetto P.. La risoluzione del contratto è infatti imputata all’inadempimento dell’architetto P., pur con esclusione del diritto della società a trattenere la caparra confirmatoria; questa statuizione non è una sentenza di condanna, trattandosi di un mero effetto restitutorio della pronuncia di risoluzione del contratto. Di conseguenza la sentenza è soggetta soltanto a tassazione misura fissa, venendo meno il presupposto impositivo per la tassazione in misura proporzionale.

Pertanto, rigettati i motivi primo, secondo e terzo, e rilevata la sopravvenuta carenza di interesse sugli altri motivi per il venire meno della pretesa impositiva, la Corte cassa la sentenza impugnata e, decidendo sul ricorso, accoglie l’originario ricorso della contribuente. In considerazione delle ragioni della decisione, si compensano interamente tra le parti le spese del doppio grado di merito e di quello di legittimità.

P.Q.M.

– rigetta i motivi primo, secondo e terzo;

– dichiara inammissibili i restanti;

– decidendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata ed accoglie l’originario ricorso della contribuente;

– compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di merito e del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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