Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6750 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. trib., 01/03/2022, (ud. 23/02/2022, dep. 01/03/2022), n.6750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 15286/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

TRENORD SRL (incorporante di LENORD SRL A SOCIO UNICO), elettivamente

domiciliata in Roma Viale Liegi n. 32 presso lo studio dell’avvocato

Marcello Clarich, rappresentata e difesa dall’avvocato Marco

Miccinesi, dall’avvocato Francesco Pistolesi e dall’avvocato Marco

Allena.

– controricorrente, ricorrente incidentale –

Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 4582/17,

depositata il 13/11/2017.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 febbraio

2022, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, ex art. 23, comma 8-bis,

convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, dal Consigliere Dott.

Guida Riccardo.

Dato atto che il Sostituto Procuratore Generale Dott. Locatelli

Giuseppe ha concluso chiedendo l’accoglimento del secondo motivo del

ricorso principale e che sia dichiarato inammissibile il ricorso

incidentale.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Trenord Srl, quale incorporante di Lenord Srl, esercente il servizio di trasporto pubblico ferroviario affidatole dalla Regione Lombardia, presentò alla direzione provinciale di Milano dell’Agenzia delle entrate istanza di rimborso della maggiore Irap indebitamente versata per l’annualità 2009 ed asserì di avere diritto alla riduzione della relativa base imponibile dichiarata in applicazione del novellato del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, comma 1, lett. a), nn. 2 e 4 (c.d. cuneo fiscale). L’istanza venne trasmessa dall’ufficio ricevente alla direzione regionale della Lombardia. Al rifiuto tacito di rimborso opposto dall’Amministrazione finanziaria, seguì il contenzioso, promosso dalla contribuente, e la C.T.P. di Milano, con sentenza n. 6434/2015, accolse la domanda, senza esaminare l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla direzione provinciale I di Milano.

2. La C.T.R. della Lombardia, con la sentenza in epigrafe – dato atto di avere riunito i distinti appelli, di uguale contenuto, proposti dalla direzione regionale della Lombardia, che si era costituta sia in nome proprio, con intervento volontario D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 14, sia per conto della direzione provinciale I di Milano – ha respinto l’appello dell’ufficio ed ha confermato la sentenza di primo grado, rimarcando, innanzitutto, che la società aveva ritualmente presentato l’istanza di rimborso in base al proprio domicilio fiscale, e che erano prive di pregio le censure del fisco di mancata formazione del diniego tacito di rimborso e di difetto di legittimazione passiva della direzione provinciale I di Milano, in ragione del fatto che, per i principi di collaborazione e buona fede, il contribuente non è tenuto a conoscere le regole organizzative e i criteri di riparto degli uffici finanziari, che hanno una valenza puramente interna. Nel merito, la C.T.R. ha ritenuto che la contribuente (all’epoca denominata Ferrovie Nord Milano Srl, poi divenuta Lenord Srl), in data 12/05/2006, avesse stipulato con la Regione Lombardia un “contratto di servizio”, e non una “concessione a tariffa”, con la previsione di un “corrispettivo” e non di una “tariffa”, il che faceva venire meno la condizione (normativa) ostativa alla riduzione dell’Irap.

3. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso con tre motivi per la cassazione della sentenza d’appello; la società ha resistito con controricorso, nel quale ha svolto ricorso incidentale, con un motivo, e ha depositato una memoria ex art. 378, c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso principale (“1) Nullità della sentenza per difetto di provvedimento impugnabile. Mancata formazione del silenzio-rifiuto alla richiesta di rimborso per violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, nonché del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10. Denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata che non ha rilevato che, nella specie, non si era validamente formato un tacito diniego dell’ufficio all’istanza di rimborso della contribuente. E ciò era accaduto perché Trenord Srl, in qualità di grande contribuente, avrebbe dovuto presentare l’istanza di rimborso alla direzione regionale di Milano, mentre l’aveva presentava all’incompetente direzione provinciale I.

2. Con il secondo motivo (“2) Violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 11, lett. a), nn. 2 e 4, così come modificato ai sensi della L. 23 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007). Insussistenza dei presupposti per la deduzione dei costi. Esistenza della concessione e della tariffa remunerativa. Denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”), in subordine rispetto al precedente rilievo, l’Agenzia censura la sentenza impugnata che non ha rilevato che, in forza del contratto di servizio stipulato dalla contribuente con la Regione Lombardia, Trenord operava nel settore del trasporto terreste interurbano di passeggeri in regime di concessione e tariffa.

3. Con il terzo motivo (“3) In ulteriore subordine, violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.. Denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”), l’Agenzia censura la sentenza impugnata che ha riconosciuto l’agevolazione fiscale benché la contribuente, cui spettava fornire la relativa prova, non avesse dimostrato il carattere non remunerativo della tariffa applicata all’utenza.

4. Con l’unico motivo di ricorso incidentale (“Nullità della sentenza per violazione del combinato di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49 e art. 327 c.p.c., comma 1 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”), la contribuente assume che risulta dagli atti di causa che il gravame della direzione regionale, sottoscritto in data 11/04/2016, e spedito a mezzo raccomandata il 12/04/2016, era tardivo in quanto il termine ultimo per impugnare la sentenza della C.T.P. di Milano depositata il 15/07/2015, e non notificata, scadeva il 15/02/2016. Ascrive, quindi, alla C.T.R. di non avere ravvisato la tardività dell’appello in quanto (così, testualmente, a pag. 42 del controricorso), “L’iniziativa dell’ufficio, intervenuta a distanza di quasi due mesi dalla predetta scadenza, è (…) manifestamente tardiva.”.

5. L’unico motivo di ricorso incidentale, da esaminare per primo perché attiene ad un error in procedendo, è inammissibile.

La contribuente, che pure dimostra per tabulas la fondatezza del proprio assunto, non ha interesse a fare valere la tardività dell’appello che la DRE ha proposto “in nome proprio”, poiché il secondo appello, quello proposto dalla Direzione regionale “per conto della Direzione provinciale I di Milano” (cfr. pag. 3 della sentenza), anch’essa parte del giudizio di primo grado, è idoneo ad elidere la rilevanza del prospettato error in procedendo della decisione della C.T.R. Sul punto merita ricordare l’orientamento della Corte (Cass. 14/01/2015, n. 441) secondo cui il modello organizzativo dell’Agenzia delle entrate è assimilabile alla preposizione institoria di cui agli artt. 2203 e 2204 c.c., e quindi l’ufficio periferico va considerato come un organo della sede centrale dell’Agenzia.

6. Il primo motivo di ricorso principale non è fondato.

La statuizione della C.T.R. segue il filo conduttore della giurisprudenza di questa sezione tributaria, alla quale va data continuità, che fin da Cass. 15/07/2009, n. 16436, menzionata dal giudice di merito, ha enunciato il principio che “Gli uffici di una medesima Agenzia delle Entrate nelle grandi aree metropolitane sono espressione di una distribuzione delle competenze ad essa intrinseca, disposta con atti interni – denominati decreti direttoriali – aventi natura oggettiva e soggettiva di atti amministrativi e privi d’efficacia verso il pubblico degli utenti. Pertanto, la loro violazione da parte degli uffici non comporta alcun vizio e, per converso, l’atto che il privato indirizzi all’organo esattamente individuato, ma privo di competenza in base ai predetti criteri, produce gli effetti che la legge gli riconnette, dovendo l’azione dell’amministrazione pubblica essere improntata a principi di collaborazione e buona fede (L. n. 212 del 2000, art. 10) ed essendo onere dell’ufficio curarne la trasmissione a quello competente.”. Inoltre, con specifico riferimento al tema del decidere, questa Corte (Cass. 22/11/2018, n. 30229), ha avuto modo di affermare che “In tema di rimborso delle imposte sui redditi, disciplinato dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 2, la presentazione della relativa istanza ad un organo diverso da quello territorialmente competente a provvedere costituisce atto idoneo non solo ad impedire la decadenza del contribuente dal diritto al rimborso, ma anche a determinare la formazione del silenzio-rifiuto impugnabile dinanzi al giudice tributario, sia perché l’ufficio non competente (purché non estraneo all’Amministrazione finanziaria) è tenuto a trasmettere l’istanza all’ufficio competente, in conformità delle regole di collaborazione tra organi della stessa Amministrazione, sia alla luce dell’esigenza di una sollecita definizione dei diritti delle parti, ai sensi dell’art. 111 Cost.”.

7. Il secondo e il terzo motivo, suscettibili di esame congiunto per connessione, sono fondati.

7.1. Per Cass. 12/12/2019, n. 32633 (in senso conforme, in motivazione, Cass. 11/08/2020, 16889; 14/10/2020, n. 22156; 22/10/2021, n. 29504; 15/09/2021, n. 24977; 22/12/2021, 41282) “L’Agenzia delle entrate (circ. 19/11/2007, n. 61/E: deduzioni dalla base imponibile Irap – riduzione del cuneo fiscale) ha chiarito che la misura agevolativa non si applica alle imprese che svolgono attività “regolamentata” (cc.dd. “public utilities”), ossia a tutti quei soggetti che svolgono la propria attività (sotto il profilo giuridico) in forza di una concessione traslativa (con la quale l’ente pubblico conferisce ad un soggetto privato diritti o potestà inerenti (a) un’attività economica in origine riservata alla pubblica amministrazione e che, tuttavia, questa non intenda esercitare direttamente), ricevendo (sotto il profilo economico) un corrispettivo costituito da una tariffa, ossia da un prezzo fissato o regolamentato dalla pubblica amministrazione in misura tale da assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa gestione; la Commissione Europea (dec. 12/09/2007 C(2007) 4133, def.) ha riconosciuto la legittimità dell’esclusione del beneficio fiscale, nei confronti delle public utilities, prendendo atto che: (p. 33.) “le autorità italiane hanno giustificato l’esclusione sostenendo che essa ha lo scopo di evitare la potenziale sovracompensazione generata dalla misura in quanto l’attuale livello delle tariffe è stato determinato tenendo conto dell’onere Irap prima della riforma, ossia senza le deduzioni dalla base imponibile introdotte dalla misura. In effetti i pubblici servizi interessati sono soltanto quelli operanti in settori nei quali si tiene già interamente conto dell’onere fiscale nella determinazione della tariffa. (p. 34.) Inoltre, per quanto riguarda il futuro, le autorità italiane si sono impegnate a far sì che l’esclusione non determini né vantaggi né svantaggi per i pubblici servizi in quanto i costi fiscali continueranno a essere presi in considerazione. Per questi motivi l’esclusione dei pubblici servizi operanti in concessione e a tariffa non determinerà un vantaggio o uno svantaggio selettivo.”; per questa ragione, tenuto conto della neutralità dell’esclusione del beneficio fiscale rispetto ai servizi pubblici operanti in concessione e a tariffa, la Commissione Europea ha negato che la misura costituisse aiuto di Stato, incompatibile con il mercato comune, ai sensi dell’art. 87, p. 1., del trattato CE; a giudizio di questa Corte la necessità d’intendere il criterio normativo della “tariffa” come “tariffa remunerativa”, ossia capace di generare un profitto, è coerente con la ratio giustificatrice del c.d. cuneo fiscale: consentire, indiscriminatamente, a tutte le imprese operanti nel settore dei pubblici servizi di fruire delle deduzioni Irap darebbe luogo a un utile insperato, genererebbe cioè quella sovracompensazione (secondo la terminologia dell’Amministrazione finanziaria) capace di frustrare l’obiettivo perseguito dall’autorità di regolamentazione con la fissazione delle tariffe; per converso, escludere dal beneficio fiscale le imprese del settore che applicano una tariffa non remunerativa, causerebbe uno svantaggio selettivo, ossia un pregiudizio economico del tutto ingiustificato.”.

7.2. La sentenza impugnata non si è attenuta a questi principi di diritto laddove, come suaccennato (cfr. p. n. 2 dei “Fatti di causa”), ha riconosciuto il diritto della contribuente a fruire della riduzione del cuneo fiscale ai fini dell’Irap in ragione del fatto che quest’ultima svolgeva l’attività di trasporto passeggeri in forza del “contratto di servizi” stipulato con la Regione Lombardia (in data 12/05/2006), e non in base ad una “concessione a tariffa”, secondo la diversa prospettazione dell’erario.

7.3. In altri termini, il giudice d’appello ha negato di essere in presenza di una “concessione a tariffa” e ha piuttosto ravvisato un “contratto di servizio” con l’applicazione di un “corrispettivo”, senza considerare che la locuzione “contratto di servizio” è bivalente, (per così dire) anfibiologica, e può celare tanto un appalto di servizi quanto una concessione di servizi. La sentenza non scioglie il nodo dell’esatta qualificazione giuridica del rapporto negoziale tra l’ente pubblico e la contribuente, che postula la scrupolosa e puntuale disamina delle clausole del contratto inter partes datato 12/05/2006. Invece, ai fini della verifica circa la sussistenza o meno delle condizioni per il riconoscimento del beneficio fiscale, è essenziale dipanare la questione della natura del contratto. Infatti, in caso di appalto di pubblico servizio, il beneficio è dovuto; in caso di concessione traslativa, il beneficio è dovuto purché la tariffa non sia remunerativa. In merito a tale aspetto cruciale della lite è il caso di ricordare il precedente di questa Corte (Cass. 16/10/2020, n. 22469) che, con riferimento aa analoga istanza della società di rimborso dell’Irap per il 2008, ha cassato con rinvio la decisione di appello che aveva qualificato il contratto di servizio del 12/05/2006 come una “concessione” (pervenendo quindi alla soluzione opposta rispetto alla pronuncia d’appello qui impugnata), a causa di un’opzione interpretativa, a giudizio di questa Corte, non conforme alle regole di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e s.s. c.c..

8. Sicché, all’esito della cassazione di questa sentenza, è demandato al giudice di merito il compito di sussumere il rapporto negoziale inter partes entro l’uno o l’altro schema negoziale ai fini della verifica della sussistenza o meno dei due presupposti ostativi al riconoscimento dell’agevolazione fiscale.

9. In conclusione, accolti il secondo e il terzo motivo di ricorso principale, rigettato il primo motivo, dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, la sentenza è cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio al giudice a quo, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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