Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 675 del 12/01/2018

Cassazione civile, sez. lav., 12/01/2018, (ud. 12/10/2017, dep.12/01/2018),  n. 675

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di Appello di Cagliari ha respinto l’appello proposto da Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva rigettato l’opposizione della società al decreto ingiuntivo emesso dallo stesso Tribunale il 4 luglio 2007 con il quale era stato ingiunto il pagamento in favore di C.R. della complessiva somma di Euro 47.655,22, dovuta a titolo di equo indennizzo per infermità dipendenti da causa di servizio.

2. La Corte territoriale ha premesso che dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro del personale ferroviario l’Istituto dell’equo indennizzo ha perso la sua natura pubblicistica per essere rimesso alla contrattazione collettiva che non l’ha più previsto con l’entrata in vigore del CCNL 16/4/2003. Ha peraltro ritenuto applicabile alla fattispecie la diversa disciplina dettata dal C.C.N.L. 6/2/1998 perchè il diritto, in quanto volto a compensare la perdita di integrità fisica derivante dalla esplicazione dell’attività lavorativa era sorto nel momento in cui la lesione si era manifestata. Ha aggiunto che il dipendente aveva avviato tempestivamente il procedimento con la domanda presentata il 17 luglio 2001 e, quindi, il ritardo nella definizione non poteva in alcun modo essere imputato al C., al quale la società non poteva opporre l’entrata in vigore di un nuovo contratto collettivo.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Rete Ferroviaria s.p.a. sulla base di un unico motivo, al quale ha opposto difese C.R. con tempestivo controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso denuncia con un unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 3 del 1957, art. 68,L. n. 564 del 1981, art. 11, D.M. Trasporti 2 luglio 1983, n. 1622, artt. 1 e segg. e di ogni altra norma e principio in materia di spettanza dell’equo indennizzo in favore dei dipendenti di R.F.I., già Ferrovie dello Stato”. La società ricorrente sostiene, in sintesi, che il diritto all’equo indennizzo nasce solo a seguito del riconoscimento della dipendenza della infermità o della lesione da causa di servizio, nella fattispecie intervenuto quando già era entrato in vigore il nuovo CCNL che, come riconosciuto dalla stessa Corte territoriale, non conteneva più alcun richiamo all’istituto.

2. Occorre preliminarmente rilevare che non si discute in questa sede dell’interpretazione del CCNL 6.4.2003 per il personale del settore delle attività ferroviarie e dell’Accordo aziendale di confluenza sottoscritto in pari data dalle organizzazioni sindacali e dalle società del Gruppo FS.

La società ricorrente, infatti, censura il solo capo della decisione relativo alla inopponibilità dell’intervenuta abrogazione dell’istituto ai dipendenti che, avendo subito una lesione dell’integrità fisica, alla data di entrata in vigore del nuovo CCNL avevano già inoltrato domanda volta ad ottenere il riconoscimento della causa di servizio.

L’interpretazione data dalla Corte territoriale ai richiamati testi contrattuali, riportata nello storico di lite, non è stata censurata neppure dalla difesa del controricorrente, sicchè la questione interpretativa esula dalla materia qui controversa.

La Corte, infatti, è chiamata unicamente a pronunciare sugli effetti dell’eventuale abrogazione dell’istituto rispetto ai procedimenti già pendenti, e, quindi, su un tema che presuppone l’individuazione degli elementi costitutivi del diritto all’equo indennizzo.

2.1. Una volta circoscritto in detti termini il thema decidendum, risulta evidente la infondatezza delle eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità del ricorso sollevate dal controricorrente, perchè gli oneri imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, di specificazione della clausola contrattuale e di deposito dell’intero testo del CCNL, operano solo in relazione ai ricorsi fondati sulle disposizioni del contratto, delle quali viene denunciata ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione o l’errata interpretazione.

Nè si può sostenere che, a fronte di una materia regolata contrattualmente, la ricorrente avrebbe dovuto specificare le ragioni per le quali sarebbero rilevanti norme di legge, ormai superate dalla contrattualizzazione dell’istituto. Infatti il richiamo alle leggi ed ai regolamenti si giustifica in quanto sui testi normativi, indicati nella rubrica e richiamati nel corpo del motivo, la società ricorrente fonda la natura di elemento costitutivo del diritto all’equo indennizzo attribuita al previo riconoscimento della causa di servizio. La censura, quindi, è senz’altro ammissibile.

3. Il motivo, peraltro, è infondato.

Va premesso che “la contrattazione collettiva non può incidere, in relazione alla regola dell’intangibilità dei diritti quesiti, in senso peggiorativo su posizioni già consolidate o su diritti già entrati nel patrimonio dei lavoratori in assenza di uno specifico mandato o di una successiva ratifica da parte degli stessi, ma solo su diritti del singolo lavoratore non ancora acquisiti” (Cass. 1.7.2014 n. 14944).

Ne discende che nel caso di specie la asserita abrogazione dell’equo indennizzo, desunta dall’assenza nel CCNL 2003 di qualsiasi richiamo all’istituto (richiamo contenuto invece nel CCNL 6.2.1998), potrebbe spiegare effetti solo qualora si ritenesse che il riconoscimento della causa di servizio, non ancora intervenuto al momento dell’entrata in vigore del nuovo CCNL, costituisca un elemento costitutivo del diritto.

Al quesito deve darsi risposta negativa, in continuità con il principio già espresso da questa Corte che, sia pure in altro contesto e ad altri fini, in linea con la giurisprudenza amministrativa, ha evidenziato che il diritto all’equo indennizzo nasce quando si verifica la stabilizzazione della malattia lamentata dal dipendente, con la conseguenza che la normativa applicabile nel procedimento di liquidazione è quella vigente a tale data (Cass. 4.4.2017 n. 8707).

Invero l’equo indennizzo, previsto per i dipendenti pubblici dal D.P.R. n. 3 del 1957, art. 68, comma 8 (abrogato dal D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla L. n. 214 del 2011, nei limiti previsti dallo stesso D.L.) ed esteso ai ferrovieri dalla L. 6 ottobre 1981, n. 564, art. 11 (Cass. S.U. 19.12.1996 n. 11395) è volto a compensare la perdita dell’integrità fisica nei casi in cui la stessa sia dipendente da causa di servizio.

Il legislatore è poi intervenuto a disciplinare, con atti di normazione primaria e secondaria, le modalità del procedimento che anche per i ferrovieri, sulla base delle previsioni contenute del D.M. Trasporti 2 luglio 1983, si articola in due fasi distinte, di cui la prima diretta al riconoscimento della dipendenza della causa di servizio e la successiva alla concessione dell’equo indennizzo, con distinti ed autonomi termini che, quanto al secondo beneficio, decorrono, nell’ipotesi normale, dall’avvenuta conclusione in senso positivo della prima delle due fasi (Cass. 11.10.2007 n. 21332 e la giurisprudenza ivi richiamata).

Occorre, però, tenere distinta la disciplina sostanziale da quella procedimentale e non confondere il momento in cui il diritto sorge, perchè ne ricorrono gli elementi costitutivi, con quello in cui lo stesso può essere validamente esercitato, in quanto sono stati posti in essere gli atti del procedimento che costituiscono il presupposto necessario per la liquidazione del beneficio.

La dipendenza da causa di servizio, che condiziona la nascita del diritto all’equo indennizzo, è sussistente a prescindere dal suo accertamento in sede amministrativa, tanto che, ove venga erroneamente esclusa, può essere accertata in sede giudiziale. La sentenza che la riconosca, disattendendo la diversa valutazione espressa in sede amministrativa, ha natura accertativa e non costitutiva del diritto, sicchè la circostanza che il termine di decadenza per la richiesta dell’equo indennizzo in tal caso decorre dalla data del passaggio in giudicato, non può far collocare in un diverso momento temporale la nascita del diritto.

Quest’ultima si verifica nel momento in cui risultano realizzati gli elementi costitutivi della fattispecie (nesso causale fra attività lavorativa e infermità e fra quest’ultima e lesione permanente dell’integrità psico-fisica), non già allorquando gli stessi vengono accertati secondo lo schema procedimentale previsto dalla normativa regolamentare o con sentenza.

4. E’ pacifico che la domanda di riconoscimento della causa di servizio era stata presentata dal C. il 13 luglio 2001, nella vigenza del contratto collettivo del 1998, sicchè a quella data il diritto era già entrato nel patrimonio del dipendente e sullo stesso non poteva incidere, per il principio di diritto richiamato in premessa, la contrattazione collettiva intervenuta nelle more del procedimento.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con conseguente condanna della società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

Non sussistono ratione temporis le condizioni richieste per il raddoppio del contributo unificato dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante all’esito delle modifiche operate dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2018

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