Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6749 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. II, 10/03/2021, (ud. 03/11/2020, dep. 10/03/2021), n.6749

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 24336 – 2019 R.G. proposto da:

T.H., – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato in

Roma, alla via Augusto Riboty, n. 23, presso lo studio dell’avvocato

Valeria Gerace, che lo rappresenta e difende in virtù di procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, – c.f. (OMISSIS) – in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Brescia n. 943/2019;

udita la relazione nella camera di consiglio del 3 novembre 2020 del

consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. T.H., cittadino del (OMISSIS), di religione (OMISSIS), formulava istanza di protezione internazionale.

Esponeva che aveva nel suo paese d’origine sposato una donna diversa dalla cugina, figlia di uno zio paterno, cui era destinato; che per tale ragione era stato più volte minacciato dallo zio e per giunta, in due occasioni, aveva subito un tentativo di omicidio; che si era quindi determinato ad abbandonare il suo paese d’origine, temendo per la sua vita e la sua incolumità personale.

2. La competente Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale rigettava l’istanza.

3. Con ordinanza in data 24.3.2017 il Tribunale di Brescia dichiarava inammissibile, siccome tardivo, il ricorso con cui T.H., avverso il provvedimento della commissione territoriale, aveva chiesto della protezione internazionale.

4. Avverso tale ordinanza T.H. proponeva appello. Resisteva il Ministero dell’Interno.

5. Con sentenza n. 943/2019 la Corte d’Appello di Brescia rigettava il gravame.

Dava atto la corte che pacificamente il ricorso in prime cure era stato proposto tardivamente e che d’altra parte l’istanza di rimessione in termini non era stata presentata nel primo atto successivo.

Dava atto in ogni caso la corte che l’appello era pur nel merito immeritevole di accoglimento; che invero la vicenda riferita dall’appellante riguardava un conflitto meramente familiare.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso T.H.; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente ai soli fini dell’eventuale partecipazione alla pubblica udienza.

7. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Deduce che ha errato la corte di merito a disconoscere i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato.

Deduce segnatamente che, allorchè ha sposato una donna diversa da quella cui era destinato, ha infranto una regola religiosa e sociale; che d’altro canto non è necessario che la persecuzione provenga dall’autorità statuale.

Deduce dunque che la corte di merito avrebbe dovuto, sulla scorta dei suoi poteri officiosi, approfondire la situazione generale del suo paese d’origine.

Deduce che ha errato la corte di merito a negare la protezione umanitaria. Deduce segnatamente che il rimpatrio comprometterebbe i suoi fondamentali diritti alla salute ed all’alimentazione.

8. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della Direttiva Europea 2004/83/CE del Consiglio del 29.4.2004 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

Deduce che ha errato la corte distrettuale a non avvalersi dei suoi poteri istruttori officiosi, onde riscontrare i fatti addotti alla sua valutazione.

9. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso errato esame della vicenda narrata in relazione alla situazione di violazione dei diritti umani esistente in (OMISSIS).

Deduce che la corte non ha tenuto conto che, sposando una donna diversa, ha arrecato un danno all’intera famiglia.

10. I motivi di ricorso, da esaminare tutti contestualmente, sono inammissibili.

11. E’ sufficiente il riferimento all’insegnamento di questa Corte.

Ovvero all’insegnamento secondo cui, qualora il giudice che abbia ritenuto inammissibile una domanda, o un capo di essa, o un singolo motivo di gravame, così spogliandosi della “potestas iudicandi” sul relativo merito, proceda poi comunque all’esame di quest’ultimo, è inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di impugnazione della sentenza da lui pronunciata che ne contesti solo la motivazione, da considerarsi svolta “ad abundantiam”, su tale ultimo aspetto (cfr. Cass. (ord.) 19.12.2017, n. 30393; Cass. sez. un. 20.2.2007, n. 3840).

12. Su tale scorta si evidenzia quanto segue.

E’ innegabile nella fattispecie, per un verso, che, così come si è premesso, la corte bresciana ha ribadito la declaratoria di inammissibilità del ricorso, siccome tardivamente proposto, operata dal tribunale.

E’ innegabile nella fattispecie, per altro verso, alla luce dell’illustrazione che se ne è in precedenza operata, che i motivi di ricorso afferiscono tutti al “merito” della statuizione della corte bresciana, ovvero alla motivazione svolta ad abundantiam.

13. Il Ministero dell’Interno si è costituito ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza di discussione. Di fatto dunque non ha svolto alcuna difesa. Nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio va pertanto assunta.

14. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez, un. 20,2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quaterdà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 3 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

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