Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6746 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. I, 10/03/2021, (ud. 18/11/2020, dep. 10/03/2021), n.6746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MELONI Marina – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16368/2019 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Augusto

Riboty, n. 23, presso lo studio dell’Avv. Valeria Gerace, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– resistente –

avverso la sentenza n. 651/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

Sezione della persona e della famiglia, depositata il 20/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/11/2020 da Dott. ACIERNO MARIA.

 

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il cittadino (OMISSIS) B.A. ha impugnato, dinnanzi la Corte di Appello di Catania, Sezione della persona e della famiglia, l’ordinanza con la quale il Tribunale di Catania ha rigettato l’opposizione al provvedimento di diniego della protezione internazionale ed umanitaria emesso dalla competente C.T.

L’appellante ha chiesto in via principale il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ed, in via gradata, il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. La Corte ha rigettato integralmente l’appello, ritenendo la domanda infondata con riferimento a tutte le forme di protezione invocate. Le motivazioni poste a base della decisione sono state le seguenti.

La Corte di appello ha ritenuto non sussistenti i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, attesa la mancanza di una persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica. Invero, il ricorrente ha riferito di essere fuggito dal (OMISSIS) a causa del timore di essere ucciso da alcuni ribelli che precedentemente avevano cagionato la morte del padre ed avevano rapinato il negozio di sua proprietà.

In merito al diniego della protezione sussidiaria, non risulta integrata nessuna delle ipotesi di danno grave di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. Nella specie, è da escludere che, qualora il richiedente ritorni in (OMISSIS), corra il rischio di subire tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante, secondo il citato art. 14, lett. a) e b) tenuto conto che sono trascorsi molti anni dalla morte del padre (avvenuta nel (OMISSIS)). Pertanto, il giudice di appello non ha rilevato alcun pericolo per il richiedente, il quale, in ogni caso, può chiedere protezione alle autorità del proprio Paese.

Con riferimento all’ipotesi di danno grave art. 14 cit., ex lett. c) la Corte ha escluso la possibilità che, allo stato attuale, in Casamance sussista una situazione di violenza generalizzata o di emergenza umanitaria.

Da ultimo, è negata la protezione umanitaria poichè il richiedente non ha provato alcuna particolare condizione che giustifichi suddetta protezione ed è possibile escludere che, in caso di rimpatrio, egli possa essere compromesso nell’esercizio dei diritti fondamentali, posto che le condizioni politiche attuali del (OMISSIS) sono stabili e fanno ritenere che il predetto possa reperire un’attività lavorativa o comunque possa vivere in condizioni assimilabili a quelle godute in Italia.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione il cittadino straniero. Il Ministero intimato non ha svolto attività difensiva.

Nel primo motivo di ricorso di lamenta la violazione della Direttiva Europea 2004/83/CE del 29 aprile 2004 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 per una duplice ragione. In primis, il giudice di appello non ha tenuto conto della diligenza e della buona fede dimostrata dal richiedente nel circostanziare la domanda, il quale ha compiuto ogni ragionevole sforzo nonostante il suo livello culturale e scolastico. Secondariamente, il difetto di credibilità è ininfluente ai fini del doveroso esercizio dei poteri officiosi da parte del giudice, del tutto omessi nel caso di specie. Di fatti, ove la Corte di appello avesse approfondito la situazione vigente in (OMISSIS), avrebbe rilevato che la situazione in (OMISSIS) è una piaga ancora esistente, denunciata da numerose ONG.

Con il secondo motivo di ricorso si censura la violazione della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 poichè, dal momento che la valutazione di inattendibilità del ricorrente non ha riguardato la zona di provenienza dello stesso, il giudice di appello avrebbe dovuto approfondire la situazione generale del Paese, così come richiesto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. Alla luce del Report Amnesty International 2017/2018 e del sito del Ministero degli Affari Esteri pubblicato il 28/02/2019, nella regione del (OMISSIS) si verificano scontri armati tra forze di sicurezza (OMISSIS) e ribelli ed, in generale, si assiste ad una limitazione dei diritti fondamentali della persona. Dunque, non si comprende come la Corte di appello abbia potuto definire la situazione del (OMISSIS) sicura e stabile.

Il primo motivo è fondato nei limiti di cui in motivazione. La prima parte della censura, relativa alla violazione di parametri di cui all’art. 3, non può essere accolta dal momento che il ricorrente si è limitato a contestare genericamente le conclusioni del giudice di appello, affermando la veridicità delle dichiarazioni del richiedente sulla base dell’asserito sforzo compiuto dallo stesso nel circostanziare la domanda, senza fornire al riguardo alcun elemento concreto e specifico idoneo a smentire la ratio del provvedimento impugnato. Si ricorda che la valutazione di credibilità del richiedente costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito che non può essere censurato in sede di legittimità attraverso la prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione di quanto dichiarato, trattandosi in tal caso di censura attinente al merito (Cass., Sez. I, n. 3340/2019).

Con riferimento all’inosservanza del dovere di cooperazione istruttoria, si evidenzia che secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, ove la parte abbia allegato una situazione di violenza generalizzata nel proprio Paese di origine, il giudice è tenuto, in attuazione del dovere di cooperazione istruttoria, non solo ad accertare – in via preferenziale, ma non esclusiva, attraverso lo scrutinio dei cd. c.o.i. – se nella zona indicata sia oggettivamente sussistente una situazione di violenza indiscriminata talmente grave da costituire ostacolo al rientro del richiedente; bensì, anche ad indicare la fonte in concreto utilizzata per tale accertamento, nonchè il contenuto dell’informazione da essa tratta e rilevante ai fini della decisione (Cass., Sez. II, n. 26229/2020; Cass., Sez. I, n. 15794/2019). Nel caso di specie il ricorrente ha assolto ai propri oneri allegativi, indicando nell’atto di appello la presenza nel (OMISSIS) di una situazione di instabilità e violenza. Per contro, la Corte di appello ha escluso apoditticamente che nella regione suddetta, allo stato attuale, sussista una situazione di violenza generalizzata o un’emergenza umanitaria (pag. 4 del provvedimento impugnato), senza indicare le fonti informative dalle quali avrebbe tratto tali conclusioni e, tantomeno, riportarne il contenuto. Tale omissione, oltre a far dubitare ex ante che sia stata svolta un’indagine effettiva circa la situazione di pericolo indicata dal ricorrente, preclude, in ogni caso, la possibilità di evincere e verificare la correttezza dell’iter logico-giuridico posto a fondamento della decisione impugnata.

Il secondo motivo è assorbito.

Ciò determina l’accoglimento del primo motivo nei limiti suesposti e l’assorbimento del secondo, nonchè la cassazione del provvedimento impugnato con rinvio alla Corte di Appello di Catania, Sezione della persona e della famiglia, in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo ed assorbe il secondo, cassa e rinvia alla Corte di Appello di Catania, Sezione della persona e della famiglia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

 

 

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