Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6743 del 01/03/2022
Cassazione civile sez. lav., 01/03/2022, (ud. 22/12/2021, dep. 01/03/2022), n.6743
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15244-2020 proposto da:
M.G., domiciliata ope legis in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso
la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato VINCENZINA SALVATORE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, (già MINISTERO DELL’ISTRUZIONE,
DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA), in persona del Ministro pro
tempore, UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER LE MARCHE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, AMBITO TERRITORIALE PER LA
PROVINCIA DI (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro
tempore, I.C. N.N. DI (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi
dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domiciliano
in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 335/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,
depositata il 04/12/2019 R.G.N. 335/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
22/12/2021 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA
MARIO MARIO, visto del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma
8 bis, convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n.
176, ha depositato conclusioni scritte.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Ancona, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto il ricorso, ha respinto le domande proposte da M.G. la quale, nel convenire in giudizio il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, aveva domandato l’annullamento dell’atto adottato il (OMISSIS) dal Dirigente Scolastico dell’Istituto N.N. di (OMISSIS), che aveva respinto l’istanza di differimento dell’assunzione del servizio ed aveva poi dichiarato la M. decaduta dalla nomina.
2. Il giudice d’appello, riassunti i fatti di causa, ha rilevato che ai sensi del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 436, il vincolo contrattuale sorge con l’assunzione in servizio, che fa seguito all’accettazione della nomina e che può essere differita solo in presenza di un giustificato motivo, ossia di gravi e comprovate ragioni che impediscano in modo assoluto all’interessato di assumere l’impiego. Ha precisato che la disciplina dettata dalla L. n. 107 del 2015, art. 1, commi da 95 a 107, trova applicazione unicamente per le assunzioni disposte nell’ambito del piano straordinario previsto dalla stessa L. citata che, al comma 99, ha consentito il differimento dell’assunzione in servizio per i soli docenti già impegnati in supplenze annuali o sino al termine delle attività didattiche.
3. La Corte territoriale ha poi precisato che, in effetti, il Ministero, nel rispondere alle domande frequentemente poste (cosiddette FAQ), si era espresso nel senso della possibilità di ottenere il differimento da parte del docente nominato anche nelle ipotesi in cui lo stesso si trovasse nella “necessità di fornire al precedente datore di lavoro il preavviso in caso di dimissioni volontarie”. Nella fattispecie, peraltro, la richiesta inviata dalla M. all’Ufficio Scolastico Regionale, al quale lo stesso Ministero aveva riservato il compito di valutare l’istanza, era priva dei requisiti di specificità e di precisione quanto alla rappresentazione dell’impedimento ed inoltre non chiariva le ragioni per le quali era richiesto il differimento di un anno quando il preavviso aveva durata non superiore a tre mesi. Da ciò il giudice d’appello ha tratto il convincimento che il motivo posto a base dell’istanza fosse “inconferente e pretestuoso”.
4. Ha aggiunto la Corte che il rinvio della presa di servizio, pur volendo tener conto delle istruzioni ministeriali, non costituisce un diritto potestativo e, pertanto, il docente che contesti la legittimità del diniego non può “reclamare in sede giudiziale una pronuncia che tenga conto ora per allora dell’assunzione in servizio” e che impedisca il maturare della decadenza, potendo esperire solo un’azione risarcitoria in relazione ai pregiudizi derivati dall’illegittimo rigetto dell’istanza.
5. Infine il giudice d’appello ha ritenuto infondata anche l’eccezione di incompetenza, riproposta dalla M. con appello incidentale dichiarato inammissibile, ed ha rilevato che l’Ufficio Scolastico Regionale aveva delegato ai dirigenti scolastici il potere di provvedere sulla istanza di differimento.
5. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso M.G. sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c., ai quali hanno resistito con tempestivo controricorso il Ministero, l’Istituto Scolastico e gli uffici indicati in epigrafe.
La Procura Generale ha concluso D.L. n. 137 del 2020, ex art. 23, comma 8 bis, convertito in L. n. 176 del 2020, per l’infondatezza del ricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 436, nonché del D.P.R. n. 3 del 1957, artt. 3 e 127, e sostiene, in sintesi, che ha errato la Corte territoriale nel ritenere limitato alle assunzioni ex L. n. 107 del 2015, l’istituto del differimento della presa di servizio che, al contrario, è previsto in via generale dalle disposizioni richiamate in rubrica.
2. La seconda censura, formulata sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, addebita al giudice d’appello la “violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, nonché degli artt. 24 e 97 Cost.; violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c.”. Rileva che il Dirigente Scolastico aveva erroneamente ritenuto che il rinvio dell’assunzione in servizio non potesse essere concesso nell’anno scolastico 2016/2017 e pertanto la Corte territoriale doveva limitare il proprio esame a detta motivazione, non potendo il giudice esprimersi sulla sussistenza o meno di ragioni idonee a giustificare il differimento, non valutate in sede amministrativa.
3. Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 4, “violazione e/o falsa applicazione art. 116 c.p.c.; violazione e/o falsa applicazione art. 111 Cost.; error in procedendo”. Sostiene la ricorrente che il giudice d’appello, nell’escludere che potesse costituire valida ragione di differimento dell’assunzione di servizio la necessità di rispettare il periodo di preavviso in relazione ad altro rapporto di lavoro già in essere, non solo aveva privato di valenza probatoria la FAQ 25 pubblicata nel sito istituzionale del Ministero ma aveva anche omesso di valutare la documentazione prodotta, ed in particolare le note di altri Uffici Scolastici Regionali che avevano consentito, in detta ipotesi, il differimento per una durata pari a quella dell’anno scolastico. Ciò perché una durata inferiore avrebbe avuto ripercussioni sulla continuità didattica creando “un inutile avvicendamento fra figure professionali”.
4. Infine la quarta censura, ricondotta all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, addebita alla sentenza gravata la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 132 del 2011, art. 4, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 25, dell’art. 116 c.p.c., dell’art. 111 Cost., e denuncia anche un error in procedendo nel quale la Corte territoriale sarebbe incorsa nel ritenere che fosse stato delegato al Dirigente Scolastico il potere di provvedere sull’istanza di differimento che, al contrario, il Ministero ha riservato all’Ufficio Scolastico Regionale. Aggiunge la ricorrente che il giudice d’appello ha confuso il Dirigente dell’Ufficio Scolastico Territoriale con il Dirigente di Istituto, violando le disposizioni richiamate in rubrica.
5. Il ricorso non può trovare accoglimento perché correttamente la Corte territoriale, escluso che la M. potesse far valere un diritto soggettivo al differimento della presa di servizio, ha ritenuto legittima la decadenza dichiarata dal Dirigente scolastico.
Il primo motivo presenta profili di inammissibilità, in quanto non coglie pienamente la ratio decidendi della sentenza impugnata.
Il giudice d’appello, infatti, ricostruito il quadro normativo, non ha limitato l’istituto del differimento della presa di servizio all’anno scolastico 2015/2016, bensì, come si è evidenziato nello storico di lite, ha solo circoscritto la proroga automatica prevista dalla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 99, al personale interessato dal piano straordinario di assunzione che fosse titolare di supplenze annuali o sino al termine delle attività didattiche, personale al quale il legislatore ha consentito di assumere servizio nella sede definitiva di assegnazione rispettivamente il 1 settembre e il 1 luglio dell’anno 2016. Ne ha tratto la conseguenza che nella fattispecie, in assenza delle condizioni sopra indicate, dovesse trovare applicazione la disciplina generale, che consente il differimento solo a fronte di un giustificato motivo, che ha, poi, escluso, sul rilievo che l’unica esigenza enunciata, ossia quella di dover rispettare il periodo di preavviso nel rassegnare le dimissioni da altro rapporto in essere con datore di lavoro privato, non giustificasse l’invocato differimento di un anno.
5.1. Così ragionando la Corte territoriale non è incorsa nel denunciato vizio di violazione di legge.
L’avvenuta contrattualizzazione del rapporto di impiego non ha determinato il superamento delle formalità che precedono l’instaurazione del rapporto stesso, perché il D.Lgs. n. 165 del 2001, richiama il D.P.R. n. 487 del 1994, che, all’art. 17, nel ricalcare la disciplina dettata dal D.P.R. n. 3 del 1957, artt. da 7 a 10, prevede che il vincitore del concorso debba essere invitato ad assumere servizio nella sede assegnata per iniziare il periodo di prova e decade dalla nomina qualora l’immissione non avvenga nel termine assegnato e non ricorra un giustificato motivo, idoneo a legittimare il differimento (recita l’art. 17, comma 4: Il vincitore, che non assuma servizio senza giustificato motivo entro il termine stabilito, decade dalla nomina. Qualora il vincitore assuma servizio, per giustificato motivo, con ritardo sul termine prefissatogli, gli effetti economici decorrono dal giorno di presa di servizio).
Si tratta di regole fissate per assicurare trasparenza ed efficienza all’agire delle Pubbliche Amministrazioni in quanto il rispetto delle cadenze imposte, oltre a consentire al datore di lavoro pubblico di disporre delle risorse di personale necessarie per il suo funzionamento, garantisce la corretta gestione delle graduatorie, tutelando, sia pure di riflesso, anche gli interessi dei non vincitori che, in caso di mancata accettazione o di non tempestiva assunzione in servizio dei chiamati, potrebbero a questi ultimi subentrare per effetto dello scorrimento.
5.2. La disciplina speciale dettata per il personale docente risponde alle medesime esigenze sopra indicate e, al pari di quella generale, prevede, al D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 436, che alla nomina facciano seguito l’accettazione e, poi, l’assunzione in servizio nella sede di destinazione che deve avvenire entro il termine stabilito a pena di decadenza, che si verifica qualora il mancato rispetto del termine non sia giustificato (dispone testualmente l’art. 436: Decade parimenti dalla nomina il personale, che, pur avendola accettata, non assume servizio senza giustificato motivo entro il termine stabilito.).
Il contratto individuale di lavoro, che con la contrattualizzazione ha sostituito il decreto di nomina, deve essere dunque sottoscritto, contestualmente all’assunzione in servizio, nel termine fissato dall’amministrazione (in tal senso espressamente del CCNL 4 agosto 1995, art. 18, commi 7 e 8).
5.3. In questo contesto si è poi inserita la L. n. 107 del 2015, che, in relazione al piano straordinario di assunzioni disciplinato dal comma 95, e relativo all’anno scolastico 2015/2016, dopo aver previsto che l’assegnazione alla sede avviene al termine della relativa fase, ha fatto salva la posizione dei docenti “titolari di contratti di supplenza diversi da quelli per supplenze brevi e saltuarie” ed ha aggiunto che “in tal caso l’assegnazione avviene al (OMISSIS), per i soggetti impegnati in supplenze annuali, e al (OMISSIS) ovvero al termine degli esami conclusivi dei corsi di studio della scuola secondaria di secondo grado, per il personale titolare di supplenze sino al termine delle attività didattiche. La decorrenza economica del relativo contratto di lavoro consegue alla presa di servizio presso la sede assegnata.”
5.4. La disposizione, la cui ratio va individuata nella necessità di garantire la continuità didattica e di semplificare le operazioni di attuazione del piano, ha limitato con chiarezza il differimento automatico dell’assunzione in servizio alle sole ipotesi di ricorrenza delle condizioni oggettive (assunzione disposta per l’anno scolastico 2015/2016 sulla base del piano straordinario disciplinato dal comma 98), e soggettive (titolarità di una supplenza annuale o fine al termine delle attività didattiche) richiamate dalla norma speciale, con la conseguenza che, in difetto, le formalità successive alla nomina restano assoggettate al rispetto delle forme e dei termini previsti dal D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 436, ed il differimento è consentito solo in presenza di un giustificato motivo, che la Corte territoriale ha escluso per le ragioni riportate nello storico di lite.
Non sussiste, pertanto, il vizio di violazione di legge denunciato nel primo motivo.
6. Il secondo motivo è infondato perché invoca principi che presuppongono la natura provvedimentale del diniego opposto dal dirigente scolastico, da escludere nella fattispecie nella quale si discute di un atto di gestione di un rapporto di diritto privato, sia pure assoggettato a regole sue proprie che derivano dalla natura pubblica del datore di lavoro.
E’ ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui, a seguito della contrattualizzazione del rapporto di impiego pubblico, la conformità a legge degli atti e procedimenti posti in essere dall’amministrazione ai fini della gestione dei rapporti deve essere valutata secondo gli stessi parametri che si utilizzano per i privati datori di lavoro, sicché, una volta esclusa la presenza di procedimenti e atti amministrativi, non possono trovare applicazione i principi e le regole proprie di questi e, in particolare, le disposizioni dettate dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, (cfr. fra le più risalenti nel tempo Cass. n. 7704/2003; Cass. n. 6570/2004; Cass. n. 3360/2005).
Dinanzi al giudice ordinario, che è giudice del rapporto, l’interessato non si può limitare a contestare le forme dell’esercizio del potere privato ed il contenuto motivazionale dell’atto occorrendo, invece, che faccia valere la titolarità di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo di diritto privato che l’atto stesso abbia mortificato e che invochi una tutela corrispondente alla natura della posizione giuridica soggettiva azionata.
Erra, pertanto, la ricorrente, sia nel richiamare la L. n. 241 del 1990, art. 3, sia nel sostenere che la Corte territoriale avrebbe dovuto limitare la cognizione alla verifica della correttezza o meno della motivazione sulla base della quale l’istanza di differimento era stata rigettata. Con il ricorso, infatti, era stato richiesto l’accertamento del “diritto riconosciuto ex lege di differire la propria presa di servizio nell’a.s. 2017/2018….” e su questa domanda il giudice d’appello ha pronunciato, escludendo che il differimento potesse essere automatico e che l’impedimento addotto fosse tale da giustificare l’accoglimento dell’istanza.
7. Parimenti infondato è il terzo motivo.
Il D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 436, al pari delle analoghe Disp. dettate dal D.P.R. n. 3 del 1957, e dal D.P.R. n. 487 del 1994, che questa Corte ha in tal senso già interpretato (Cass. n. 4393/2020), rimette alla Pubblica Amministrazione il potere di valutare la sussistenza o meno del giustificato motivo e non riconosce, quindi, un diritto incondizionato al differimento della presa di servizio perché, come si è detto al punto 5, il termine è imposto a tutela di interessi pubblici, che possono divenire recessivi rispetto a quelli dell’assunto solo qualora quest’ultimo faccia valere ragioni gravi ed obiettive che impediscano la condotta doverosa.
Si deve essere in presenza di un impedimento, seppure non assoluto, connotato da gravità, mentre non rileva il motivo personale che renda il differimento solo più conveniente, atteso che in tal caso nella necessaria comparazione fra l’interesse del singolo e quelli generali garantiti dall’imposizione del termine, il primo non può essere prevalente (in tal senso anche la giurisprudenza amministrativa – cfr. fra le tante C.d.S. n. 4513/2019 e C.d.S. n. 3870/2015).
Le conclusioni alle quali la Corte territoriale è pervenuta, nel ritenere che il richiesto differimento di un anno non potesse essere giustificato dalla necessità di concedere il periodo di preavviso al datore di lavoro privato con il quale la M. intratteneva un rapporto a tempo indeterminato, sottendono un’interpretazione corretta della normativa che nella specie viene in rilievo.
7.1. Ne’ il diritto soggettivo della ricorrente può essere fondato sulla FAQ 25 comparsa sul sito del Ministero e sugli atti adottati dagli Uffici Scolastici Regionali menzionati nel terzo motivo, dei quali, inammissibilmente, la M. denuncia l’omesso esame ex art. 360 c.p.c., n. 4.
Le risposte a domande frequenti (Frequently Asked Questions – FAQ) non costituiscono una fonte del diritto e non sono neppure assimilabili alle circolari, sia perché non sono dirette ad orientare l’azione degli organi e degli uffici dell’amministrazione, sia in quanto non sono pubblicate a conclusione di un procedimento e per lo più non consentono di individuare l’autore delle stesse né forniscono elementi utili sulle modalità della loro elaborazione.
7.2. Va, poi, aggiunto che la Corte territoriale ha esaminato il contenuto della FAQ inerente al differimento della presa di servizio e, con accertamento di merito non sindacabile in questa sede, ha evidenziato che la stessa non conferiva al docente interessato un diritto potestativo al differimento né si esprimeva in termini di automaticità perché, al contrario, riservava all’autorità scolastica il potere di valutare se la richiesta potesse essere accolta. Ne ha tratto quale conseguenza che, a fronte del diniego opposto dal dirigente scolastico, la docente avrebbe dovuto comunque assumere servizio per scongiurare la pronuncia di decadenza e che l’eventuale illegittimità del rigetto dell’istanza avrebbe al più potuto legittimare un’azione risarcitoria.
Questa autonoma ratio decidendi della pronuncia non è stata censurata dal motivo di ricorso, incentrato sull’omessa valutazione delle note di uffici periferici che avevano ritenuto possibile il differimento all’anno scolastico successivo, sicché opera il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui qualora la decisione impugnata si fondi su una pluralità di ragioni, ciascuna idonea a sorreggere il decisum, i motivi di ricorso devono essere specificamente riferibili, a pena di inammissibilità, a ciascuna di dette ragioni (cfr. fra le tante Cass. n. 17182/2020; Cass. n. 10815/2019) ed inoltre l’inammissibilità o l’infondatezza della censura attinente ad una di esse rende irrilevante l’esame dei motivi riferiti all’altra, i quali non risulterebbero in nessun caso idonei a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione oggetto della censura dichiarata inammissibile o rigettata (cfr. fra le più recenti Cass. n. 15399/2018).
8. Deve essere rigettato anche il quarto motivo di ricorso perché il denunciato vizio di incompetenza del dirigente scolastico non sussiste, sia pure per ragioni diverse da quelle indicate nella sentenza impugnata, della quale va corretta la motivazione ex art. 384 c.p.c., comma 4.
Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 25, comma 4, ed il D.P.R. n. 275 del 1999, art. 14, attribuiscono al dirigente scolastico la competenza ad adottare gli atti di gestione del personale che non siano riservati dalla legge al Ministero, il quale, sulla base dell’elencazione contenuta nello stesso D.P.R., art. 15, esercita in materia di personale solo le funzioni “il cui esercizio è legato ad un ambito territoriale più ampio di quello di competenza della singola istituzione…” quali sono quelle inerenti alla formazione delle graduatorie, al reclutamento, alla mobilità esterna, alle autorizzazioni per utilizzazioni ed esoneri per le quali sia previsto un contingente nazionale, ai comandi ed ai collocamenti fuori ruolo, al riconoscimento di titoli di studio.
Sui poteri dei dirigenti e’, poi, intervenuta la L. n. 107 del 2015, che con l’art. 1, commi da 78 a 85, li ha ampliati, valorizzando il ruolo centrale del dirigente e prevedendo, a partire dall’anno scolastico 2016/2017, la cosiddetta chiamata diretta, ossia la proposta di incarico formulata dal dirigente ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento.
Non interessa in questa sede accertare quale attuazione sia stata data alla riforma del 2015 ed in che termini abbiano inciso gli accordi sindacali successivi. Basterà solo rimarcare che dal complesso delle fonti normative citate emerge l’attribuzione al dirigente scolastico della competenza ad adottare, a partire dalla conclusione del contratto, gli atti di gestione del singolo rapporto, ivi compresi quelli, non riferibili alla responsabilità disciplinare, che ne determinano la risoluzione, quali sono la dispensa o il mancato superamento del periodo di prova (cfr. Cass. n. 196/2019 e la giurisprudenza ivi richiamata).
Ne discende che correttamente l’atto della cui legittimità qui si discute è stato adottato dal dirigente scolastico, la cui competenza non può essere messa in dubbio facendo leva sul contenuto delle FAQ, che, per quanto si è già detto nel punto che precede, non possono derogare alle disposizioni normative.
9. In via conclusiva il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dalla ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022