Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6741 del 19/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 19/03/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 19/03/2010), n.6741

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.E.Z., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

AURELIO SAFFI 95, presso lo studio dell’avvocato COPPACCHIOLI

CLAUDIO, rappresentato e difeso dagli avvocati REFERZA PIETRO,

GALASSI EUGENIO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, DE ROSE EMANUELE, TRIOLO VINCENZO, giusta mandato in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 69/2006 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 04/05/2006 r.g.n. 759/04;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

27/01/2010 dal Consigliere Dott. ZAPPIA Pietro;

udito l’Avvocato SOCCIO ANGELA per delega GALASSI EUGENIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilita’, in parte, e,

in parte, rigetto del ricorso.

 

Fatto

Con ricorso al Pretore, giudice del lavoro, di Teramo, depositato in data 22.6.1993, D.E.Z., premesso che gli era stato riconosciuto dall’inps il trattamento di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria a far data dal 13.4.1981, lamentava la illegittimita’ del provvedimento di sospensione di tale trattamento adottato dall’Istituto predetto nell’ottobre del 1984, a seguito di accertamento dell’Ispettorato Provinciale del Lavoro di Teramo che, avendone rilevata la presenza presso un mercato ortofrutticolo intento ad acquistare e trasportare ortaggi, gli aveva contestato l’espletamento di un’attivita’ di collaborazione con la moglie nella gestione di un negozio ortofrutticolo. Tale condotta, secondo la tesi sostenuta dall’Istituto previdenziale, comportava la decadenza dal beneficio in questione, perche’ idonea ad integrare la fattispecie di cui al D.Lgs.Lgt. 9 novembre 1945, n. 788, art. 3, comma 2, e art. 16, comma 4. Rilevava per contro il ricorrente che nel caso di specie si trattava di collaborazione, saltuaria ed occasionale, effettuata a titolo gratuito, ed assistita tra l’altro da una presunzione di gratuita’ in quanto svolta in favore della propria moglie ed a causa delle precarie condizioni di salute della stessa. Chiedeva pertanto che venisse dichiarato il diritto di esso ricorrente all’integrazione salariale per il periodo compreso tra il 30.9.1984 (data della contestata violazione) ed il 30.7.1989 (data in cui era subentrato nell’attivita’ sino ad allora gestita dalla moglie).

Istauratosi il contraddittorio, l’Inps contestava quanto dedotto dal ricorrente e svolgeva domanda riconvenzionale volta alla restituzione del trattamento di integrazione salariale gia’ percepito dallo stesso per il periodo compreso tra il mese di aprile 1981 ed il mese di settembre 1984.

Con sentenza in data 24.6.2004 il Tribunale di Teramo, subentrato al Pretore a seguito della riforma del c.d. giudice unico ai sensi del D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, accoglieva la domanda avanzata dal ricorrente, mentre rigettava la domanda proposta in via riconvenzionale dall’Inps.

Avverso tale sentenza proponeva appello l’Istituto predetto lamentandone la erroneita’ sotto diversi profili e chiedendo il rigetto delle domande avanzate da controparte con il ricorso introduttivo nonche’ l’accoglimento della propria domanda riconvenzionale.

La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza in data 26.1.2006, accoglieva il gravame e, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettava le domande proposte dall’appellato che condannava al pagamento, in favore dell’Inps, della somma di Euro 18.370,60, oltre interessi.

Avverso questa sentenza propone ricorso per Cassazione D. E.Z. con quattro motivi di impugnazione.

Resiste con controricorso l’Istituto intimato.

Diritto

Col primo motivo di gravame il ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 disp. gen., ovvero violazione e/o falsa applicazione della L. n. 160 del 1988, art. 8, commi 4 e 5;

error in iudicando.

Rileva in particolare il ricorrente che la Corte territoriale, in palese violazione del principio generale di irretroattivita’ della legge posto dall’art. 11 disp. gen., aveva applicato la norma di cui alla L. n. 160 del 1988, art. 8, commi 4 e 5, sebbene la contestazione della presunta violazione fosse stata effettuata in data 10.11.1984, e cioe’ prima dell’entrata in vigore di tale norma.

Col secondo motivo di gravame il ricorrente lamenta omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto controverso e decisivo per il giudizio.

In particolare rileva il ricorrente che la Corte territoriale aveva inopinatamente applicato la suddetta disposizione normativa, entrata in vigore successivamente al momento della descritta contestazione, senza in alcun modo giustificare siffatta applicazione con effetto retroattivo.

Col terzo motivo di gravame il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 160 del 1988, art. 8, comma 4; error in iudicando.

In particolare il ricorrente lamenta, sotto altro profilo, la erroneita’ della decisione dell’impugnata in relazione all’applicazione della norma suddetta, che faceva chiaramente riferimento allo svolgimento di una attivita’ remunerata, mentre nel caso di specie l’attivita’ posta in essere da esso ricorrente era assolutamente gratuita, ed assistita da una presunzione di gratuita’, trattandosi di prestazioni lavorative rese tra persone legate da vincolo di coniugio ed abitanti sotto lo stesso tetto.

Col quarto motivo di gravame il ricorrente eccepisce, in via gradata, l’intervenuta prescrizione in ordine alla richiesta di controparte di restituzione delle somme corrisposte sino al 1983, essendo stata tale restituzione chiesta soltanto con la domanda riconvenzionale proposta nel giudizio di primo grado nel 1993.

Il ricorso non e’ fondato.

Ed invero, per quel che riguarda i primi tre motivi di gravame, che il Collegio ritiene di dover trattare unitariamente stante la stretta connessione esistente fra gli stessi, devesi innanzi tutto evidenziare che, contrariamente a quanto rilevato dal ricorrente, la statuizione del giudice di appello non si fonda assolutamente sulla norma di cui alla L. n. 160 del 1988, art. 8 (che sancisce la decadenza dalla cassa integrazione qualora l’interessato svolga attivita’ lavorativa autonoma o subordinata), e quindi il decidente non ha operato alcuna applicazione retroattiva di tale norma, avendo preso in considerazione la stessa solo per il periodo successivo al 30.3.1988.

Emerge invero dal contesto della motivazione dell’impugnata sentenza che la Corte territoriale, nell’accogliere l’appello proposto dall’Inps che era fondato sul contenuto del D.Lgs.Lgt. n. 788 del 1945, art. 3, aveva fatto chiaramente riferimento a tale testo normativo, rilevando che “il sistema non puo’ ammettere che del trattamento previdenziale goda anche chi, in coincidenza con il periodo di sospensione dell’originario rapporto di lavoro subordinato, svolga una diversa attivita’ lavorativa tendenzialmente idonea a costituire fonte di reddito”.

E tale conclusione e’ suffragata dal fatto che la Corte suddetta ha rilevato come, per il periodo successivo al 30.3.1988, venisse in considerazione la disposizione di cui alla L. n. 160 del 1988, art. 8, commi 4 e 5, a riprova che tale norma veniva applicata solo con riferimento a tale periodo.

Sotto altro profilo occorre rilevare che la Corte territoriale, ritenuta acquisita la prova dello svolgimento di siffatta attivita’ lavorativa alla stregua degli esiti dell’esperimento testimoniale (da cui era emerso che il D.E. frequentava il mercato ortofrutticolo da diversi anni, acquistando merce per conto della moglie, firmando le bolle di consegna e le fatture di acquisto), e delle emergenze documentali (da cui risultava che la maggior parte delle fatture emesse dal 1981 recava la sottoscrizione del predetto), ha rilevato l’inconferenza dell’assunto difensivo circa la gratuita’ della stessa, trattandosi comunque di attivita’ capace di produrre reddito.

Ed invero, ai fini della decadenza dal diritto al trattamento di integrazione salariale, deve aversi riguardo alla redditivita’ dell’attivita’ espletata, essendo del tutto irrilevante che la medesima attivita’ non sia retribuita, come pure e’ irrilevante che si versi in tema di attivita’ autonoma o subordinata, trattandosi comunque di attivita’ produttiva di un reddito, essendo la ratio della norma quella di evitare l’erogazione del trattamento di integrazione guadagni in concomitanza dello svolgimento di una attivita’ sostitutiva di quella sospesa.

Il ricorso sul punto non puo’ trovare accoglimento.

Per quel che concerne il quarto motivo di gravame osserva il Collegio che dal carattere dispositivo della prescrizione deriva la non rilevabilita’ d’ufficio della stessa, essendo onere della parte che intende avvalersene eccepirla, a pena di decadenza, nel primo atto processuale posto in essere. Logico corollario di tale principio e’ la norma posta dall’art. 437 c.p.c., comma 2 che sancisce il divieto di nuove eccezioni in appello.

Da cio’ consegue l’inammissibilita’ del suddetto motivo di gravame, non risultando che l’eccezione di prescrizione sia stata sollevata sin dal primo grado del giudizio.

Il proposto gravame va pertanto rigettato ed a tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 12,00 oltre Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2010

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