Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6741 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. I, 10/03/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 10/03/2021), n.6741

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14832/2019 proposto da:

N.F., elettivamente domiciliato in Roma V.le Delle Milizie

38 presso lo studio dell’avvocato Paravani Stefania, rappresentato e

difeso dall’avvocato Nanula Valentina;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1507/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 04/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2020 da Dott. RUSSO RITA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.- Il ricorrente ha chiesto la protezione internazionale narrando di avere lasciato il suo paese ((OMISSIS), (OMISSIS)) per il timore di essere perseguitato da alcuni terroristi; racconta di aver rinvenuto vicino al negozio del padre un sacco contenente armi ed esplosivi lasciati in deposito dai frequentatori di una vicina madrasa, denunciando il fatto alla polizia, nonostante le minacce ricevute di ritirare la denuncia e di dichiararsi proprietario delle armi; che successivamente lui e il padre sono stati aggraditi e picchiati e il padre è stato rapito mentre egli stesso è stato ricoverato per tre giorni in ospedale e ha perso la vista da un occhio per le percosse. Espone di avere quindi lasciato il villaggio e che si è rifugiato dalla sorella, dove però ha ricevuto altre minacce e ha saputo che il negozio era stato incendiato.

La richiesta è stata respinta dalla competente Commissione territoriale e l’impugnazione è stata rigettata sia in primo che in secondo grado. In particolare il giudice d’appello, con sentenza depositata in data 4 aprile 2019 ha ritenuto il racconto non credibile perchè non collocato in uno specifico contesto spazio-temporale; il giudice d’appello ha affermato inoltre di condividere la decisione del giudice di primo grado di non eseguire una consulenza tecnica di ufficio sulle ferite riportate e la sua compatibilità con la violenze narrate ritenendola irrilevante. Infine la Corte di merito ha escluso il rischio di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) ritenendo non sussistente in (OMISSIS) una situazione di conflitto armato in base alle informazioni contenute nel Report EASO 2018, e ha escluso altresì la sussistenza dei presupposti per il permesso di soggiorno per motivi umanitari in assenza una situazione di particolare vulnerabilità, in quanto, sebbene il soggetto sia radicato in Italia e svolga attività lavorativa, ciò non è di per sè sufficiente non risultando che nel paese di origine subirebbe gravi violazioni della sua libertà e dei suoi diritti.

2.- Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione il richiedente affidandosi a due motivi. Resiste il Ministero con controricorso.

Diritto

RITENUTO

CHE:

3.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 per inadempimento del dovere di cooperazione istruttoria, in quanto a fronte di un racconto lineare e dettagliato, scevro da contraddizioni, il giudice non ha tenuto conto della situazione locale, se non sommariamente e in particolare non ha considerato la condizione del (OMISSIS), ove sussiste una situazione di grave violenza generalizzata a causa degli attacchi terroristici.

Il motivo è infondato.

Il ricorrente muove dal presupposto di avere reso un racconto “lineare e scevro da contraddizioni o lacune”. Così non è perchè entrambi i giudici del merito hanno escluso il rischio individuale ritenendo il racconto del richiedente non attendibile, perchè inficiato da contraddizioni interne e soprattutto perchè privo di riferimenti spazio-temporali. La Corte in particolare ha evidenziato quelle che sono state le specifiche carenze del racconto, e l’importanza di queste omissioni (mancata indicazione del posto di polizia dove è stata presentata la denuncia, omessa indicazione del luogo ove erano situati il negozio e la madrasa, nonchè dell’ospedale ove è stato ricoverato, della casa della sorella) tali da impedire ogni verifica, e ciò sebbene il richiedente asilo sia stato nuovamente sentito dal giudice di primo grado, dopo il rigetto da parte della Commissione, e avrebbe potuto in quella sede spiegare le contraddizioni e le carenze. Pertanto non può dirsi che il richiedente abbia fatto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda, come richiede il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 (comma 5, lett. a) nè che vi sia stata omissione del dovere di cooperazione istruttoria da parte del giudicante, considerando che il richiedente è stato nuovamente sentito dal giudice di primo grado, e quindi gli è stata data la possibilità di spiegare le contraddizioni del racconto e che, ritenuto inattendibile intrinsecamente il racconto, il giudice non è tenuto ad assumere le pertinenti informazioni sul paese di origine (Cass. n. 28862/2018, Cass. n. 33858/2019, Cass. n. 08367/2020). Se il racconto è affetto da estrema genericità o da importanti contraddizioni interne, la ricerca delle COI è inutile perchè manca alla base una storia individuale rispetto alla quale valutare la coerenza esterna, e il livello di rischio; il giudice non può e non deve supplire ad eventuali carenze delle allegazioni (Cass. n. 2355/2020; Cass. 8819/2020), posto che il ricorrente è l’unico ad essere in possesso delle informazioni relative alla sua storia personale e quindi deve indicare gli elementi relativi all’età, all’estrazione, ai rapporti familiari, ai luoghi in cui ha soggiornato in precedenza, alle domande di asilo eventualmente già presentate (v. CGUE 5 giugno 2014, causa C-146/14; nello stesso senso Cass. 8819/2020).

Vero è che questa Corte ha anche affermato che l’onere di allegazione si attenua in quei casi in cui può prescindersi dal riscontro individuale, entro i limiti rigorosi indicati dalla CGUE nelle sentenze del 17 febbraio 2009 (Elgafaji, C-465/07) e del 30 gennaio 2014, (Diakitè C- 285/12) e cioè quando la violenza indiscriminata sul territorio raggiungelivello talmente elevato da far ritenere che un civile correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, il rischio di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) (v. Cass. 17069/2018). Tuttavia, la sussistenza nella zona del (OMISSIS) di una situazione di violenza indiscriminata è stata esclusa dal giudice del merito, facendo riferimento ad informazioni tratte da fonte attendibile e aggiornata rispetto alla data della decisione (Report EASO 2018).

Il giudice del merito ha specificato che in base alle informazioni assunte, seppure nel (OMISSIS) si sono verificati, anche in tempi recenti, episodi di violenza ed attentati terroristici, non risulta che essi siano così estesi e generalizzati da configurare una situazione di violenza indiscriminata.

Lo stesso ricorrente, del resto, non afferma che il giudicante abbia tratto le informazioni da fonte non attendibile o non aggiornata, ma si limita a affermare che la zona è soggetta ad attacchi terroristici, il che però non consente di prescindere dal rincontro individualizzante, e a riferire che in altri casi di provenienza dalla stessa zona la giurisprudenza di merito si è regolata diversamente, il che tuttavia non costituisce un precedente vincolante ovvero immutabile nel tempo, trattandosi peraltro non già dell’affermazione di una regula iuris bensì di valutazione dei fatti.

4.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 per non avere il giudice di merito riconosciuto la protezione umanitaria in ragione del livello di integrazione e radicamento raggiunto nel nostro paese e della attuale situazione nel paese di origine del richiedente.

Il motivo è infondato.

Il punto è stato esaminato dalla Corte d’appello che ha escluso la sussistenza di una situazione di vulnerabilità, con giudizio di fatto, legato anche alla ritenuta inattendibilità della storia narrata, che in questa sede è incensurabile.

Peraltro il ricorrente pur facendo riferimento in ricorso alle sue condizioni di salute compromesse, non spiega per quale ragione ciò lo esporrebbe nel paese di origine a possibili violazioni dei suoi diritti fondamentali, se non, ancora una volta, con riferimento alla storia di aggressioni e lesioni subite nel (OMISSIS), già ritenuta inattendibile dai giudici di merito. Anche in questo caso il ricorrente indica precedenti giurisprudenziali relativi al riconoscimento in favore di altri cittadini (OMISSIS) della protezione umanitaria, che tuttavia hanno poco rilievo posto che la protezione umanitaria è riconosciuta su base individuale e non in ragione della mera provenienza da un determinato paese.

Ne consegue il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.100,00 oltre rimborso spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

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