Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6736 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. I, 10/03/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 10/03/2021), n.6736

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9383/2019 proposto da:

G.A., (alias C.A.), elettivamente

domiciliato in Roma Viale Angelico, 38 presso lo studio

dell’avvocato Lanzilao Marco, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2083/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 17/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2020 da Dott. RUSSO RITA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1.- Il ricorrente, cittadino (OMISSIS), ha chiesto la protezione internazionale, deducendo di essere fuggito dal proprio paese (regione di (OMISSIS)) per il timore di essere aggredito e ucciso da un creditore. La Commissione territoriale ha respinto la domanda e il Tribunale di Firenze ha confermato la decisione. Il richiedente asilo ha impugnato la sentenza e la Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza di primo grado affermando: a) quanto allo status di rifugiato, che si tratta di una vicenda del tutto personale che nulla ha a che vedere con il rischio di subire violenze o persecuzioni contemplate dal D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 7 e dalla Convenzione di Ginevra; b) in ordine alla protezione sussidiaria, che nessuna delle tre ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 è stata realisticamente invocata dall’appellante, poichè egli non è in una situazione di pericolo dovuta alla guerra in quanto proviene dalla regione del (OMISSIS) mentre il conflitto interessa solo il nord del paese e inoltre che egli non è esposto a danno grave da persecuzione privata, posto che lo Stato di provenienza tutela i suoi cittadini da eventuali persecuzioni private; c) sui motivi umanitari si afferma che il ricorrente non ha dedotto alcuna situazione di vulnerabilità, ma solo di aver svolto in Italia attività di volontariato, mentre di contro la famiglia di origine vive in (OMISSIS) sicchè il rimpatrio non lo priverebbe nè di affetti familiari nè di un lavoro.

2. Avverso la predetta sentenza il richiedente asilo propone ricorso per cassazione affidandosi a cinque motivi. Il Ministero non ha svolto difese.

Diritto

RITENUTO

CHE:

3.- Con il primo motivo del ricorso, si lamenta l’omesso e comunque erroneo esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione territoriale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; in particolare si deduce che il giudice ha omesso di approfondire la situazione del paese ai fini di verificare se lo Stato è in grado di proteggere il suo cittadino ed ha escluso una condizione di violenza generalizzata, mentre dalle fonti ufficiali consultabili emerge che vi è una crescente insicurezza in tutta l’aera geografica; si lamenta inoltre che non è stata considerata l’integrazione sociale in Italia ove egli si trova da sei anni. Con il secondo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo cioè la condizione di pericolosità e la situazione di violenza generalizzata in (OMISSIS), come descritta in ricorso, punto sul quale la Corte si è limitata ad affermazioni apodittiche senza esaminare e citare fonti informative. Con il terzo motivo si lamenta la violazione ed erronea applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14 ribadendo che la Corte d’appello non ha citato alcuna fonte informativa sulla condizione del (OMISSIS) mentre di contro la norma prevede la consultazione delle maggiori fonti informative onde valutare la situazione del paese, attualizzate al momento della decisione. Trascrive le informazioni generali sul paese di origine riportate nel sito “(OMISSIS)” (Ministero degli esteri) deducendo che le informazioni pertinenti sono reperibili anche tramite altre fonti di provata affidabilità. Con il quarto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 per difetto di motivazione e travisamento dei fatti, sempre in relazione alla omessa istruttoria condotta dalla Corte d’appello. Con il quinto motivo si lamenta erronea applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 51, comma 6, perchè diversamente da quanto ritenuto dalla Corte ricorrono seri motivi di carattere umanitario nonchè le condizioni di applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 in relazione ai rischi che il soggetto corre nel suo paese d’origine per atti terroristici diffusi.

3.1.- I primi quattro motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono fondati nei termini di cui appresso si dirà.

La parte lamenta, in sostanza, la violazione del dovere di cooperazione istruttoria da parte del giudice in quanto la Corte ha affermato che la zona di provenienza del soggetto ((OMISSIS), regione di (OMISSIS)) non è interessata da conflitto, che si localizzerebbe al nord del paese, escludendo così la situazione di rischio, senza citare alcuna fonte informativa (country of origin information, in acronimo COI). Di contro la parte illustra quali sono le criticità che interessano il suo paese di origine e le ragioni per le quali richiede la protezione.

3.2- Il dovere di cooperazione istruttoria, (artt. 10/16 direttiva 2013/32/UE, già direttiva 2005/85/CE; D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3; D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27) inteso come attività di cooperazione dello Stato con il richiedente asilo per determinare gli elementi significativi della domanda, è generalmente inquadrato dalla giurisprudenza nazionale come una attenuazione dell’onere della prova, con correlativa valorizzazione dei poteri officiosi del giudice, sin dalla storica sentenza delle sezioni unite dell’anno 2008 (Cass. civ., n. 27310/2008) ove, tra l’altro, si legge che “risulta così delineata una forte valorizzazione dei poteri istruttori officiosi, prima della competente Commissione e poi del Giudice”. L’attribuzione al giudice civile di poteri istruttori officiosi è da tempo nota al nostro sistema processuale ed è giustificata dalla presenza, in determinate materie (status, minori, lavoro) di interessi di carattere generale e di diritti indisponibili, o solo limitatamente disponibili; i poteri istruttori officiosi non sono comunque del tutto esclusi neppure nel processo civile avente ad oggetto diritti disponibili, posto che anche il corretto svolgimento del rapporto processuale e la sua finalità di ricerca della verità costituiscono interessi di carattere generale, nella cornice data dal principio costituzionale del giusto processo (art. 111 Cost.).

Il dovere di cooperazione istruttoria nella materia della protezione internazionale presenta tuttavia delle peculiarità ulteriori, perchè pur fondandosi sulle ragioni di cui si è detto, posto che vengono in gioco diritti fondamentali, si collega anche al principio della effettività del ricorso giurisdizionale e dell’accesso alla giustizia da parte di soggetti che si trovano in condizioni particolari e cioè non soltanto sono in una situazione di esposizione a rischio dei diritti fondamentali, ma anche in condizioni di estrema difficoltà se non anche impossibilità ad offrire prova di quanto avviene o è avvenuto nel paese di origine, e questa è la ragione per la quale la mancanza di prova documentale non può mai essere considerata decisiva (Corte EDU, Bahaddar c. Paesi Bassi, 19 Febbraio 1998, p. 45). In questi termini la Corte EDU parla di uno “shared duty” (dovere condiviso) tra le autorità e il richiedente asilo nell’accertare e valutare tutti i fatti rilevanti nei procedimenti di asilo (Corte EDU, J.K. e altri c. Svezia, 23 agosto 2016, p. 96).

In particolare nella sentenza della Corte di Strasburgo da ultimo citata (p. 93-96) si afferma che le autorità nazionali che esaminano una richiesta di asilo hanno pieno accesso alle informazioni di carattere generale e quindi è necessario un differente approccio: la situazione generale in un altro paese, inclusa la capacità delle pubbliche autorità ad offrire protezione devono essere accertate motu proprio dalla autorità nazionale competente in materia di immigrazione (“the general situation in another country, including the ability of its public authorities to pro vide protection, has to be established proprio motu by the competent domestic immigration authorities”); invece sul richiedente, che di regola è l’unico a conoscenza della storia individuale, grava l’onere principale di offrire “evidence relating to their individuai circumstances” e cioè non la prova (proof) bensì gli elementi a sostegno della domanda (evidence), tenendo conto però delle sue difficoltà peculiari, sicchè a lui va accordato il beneficio del dubbio nel valutare la credibilità delle sue affermazioni (nel medesimo senso il testo in lingua francese, ove si parla del dovere di “presenter, aussi rapidement que possible, tous les elements relatifs à sa situation personnelle”).

Si disegna così una contestuale attività di cooperazione tra organi dello Stato (e quindi anche il giudice) e il richiedente, nell’ambito tuttavia di ruoli diversi.

3.3.- Come chiarito dalla Corte di giustizia (CGUE 22 novembre 2012, causa C-277/11) “benchè il richiedente sia tenuto a produrre tutti gli elementi necessari a motivare la domanda, spetta tuttavia allo Stato membro interessato cooperare con tale richiedente nel momento della determinazione degli elementi significativi della stessa. Tale obbligo di cooperazione in capo allo Stato membro implica, pertanto, concretamente che, se, per una qualsivoglia ragione, gli elementi forniti dal richiedente protezione internazionale non sono esaustivi, attuali o pertinenti, è necessario che lo Stato membro interessato cooperi attivamente alla procedura per consentire di riunire tutti gli elementi atti a sostenere la domanda. Peraltro, uno Stato membro riveste una posizione più adeguata del richiedente per l’accesso a determinati documenti” In particolare, per quanto attiene alla ricerca delle COI il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 stabilisce che “ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei paesi in cui questi sono transitati, elaborate dalla Commissione Nazionale sulla base dei dati forniti dall’UNHCR, dall’EASO, dal Ministero degli Affari Esteri anche con la collaborazione di altre agenzie ed enti di tutela dei diritti umani operanti a livello internazionale, o comunque acquisiti dalla Commissione stessa”.

3.4- Il corretto svolgimento della attività di cooperazione presuppone che tutti i soggetti coinvolti assolvano i propri compiti, posto che anche il richiedente asilo ha il dovere di cooperare per una corretta istruzione della domanda compiendo ogni ragionevole sforzo per motivarla e circostanziarla (art. 13 Direttiva 2013/32/UE e art. Direttiva 2011/95/UE) mentre il compito del giudicante si esplica sia nella adeguata conduzione della audizione del richiedente (si veda, in particolare, art. 16 della Direttiva 2013/32/UE) che in termini di integrazione istruttoria (Cass. n. 16411/2019), trattandosi appunto di cooperazione con la parte e non sostituzione ad essa, sicchè le relative modalità di svolgimento devono essere improntate a criteri di trasparenza, di modo che la terzietà dell’organo giudicante non ne risulti compromessa (Cass. 29056/2019).

A fronte del dovere del richiedente di motivare e circostanziare la domanda, e correlativamente anche il motivo del ricorso per cassazione, che però non si traduce nel dovere di documentare la sua condizione o di ricercare e citare le fonti informative purchè si indichino le vicende e le criticità che attingono la sfera del soggetto, così soddisfacendo il dovere di allegazione, sussiste il dovere del giudice di cooperare nel definire gli elementi significativi della domanda, in particolare acquisendo da fonti attendibili informazioni complete, puntuali pertinenti e aggiornate sulle condizioni del pate di origine, citando la fonte nel provvedimento giurisdizionale (Cass. 11096/2019; Cass. 25545/2020; Cass. 8819/2020; Cass. 13897/2019; sull’onere di allegazione si vedano Cass. 11103/2019 e Cass. 2355/2020). Da precisare ulteriormente che, nel caso in cui si affievolisca l’importanza del riscontro individuale, entro i limiti rigorosi indicati dalla CGUE nelle sentenze del 17 febbraio 2009 (Elgafaji, C-465/07) e del 30 gennaio 2014, (Diakitè C- 285/12) – e cioè quando la violenza indiscriminata sul territorio raggiunge livello talmente elevato da far ritenere che un civile correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, il rischio di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) – il potere dovere di acquisire le COI discende direttamente dalla allegazione della provenienza dalla zona interessata dal conflitto (v. Cass. 17069/2018).

3.5- Particolare importanza assume la citazione e datazione delle fonti informative. E’ stato già affermato da questa Corte che il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche nè omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente (Cass. 13897/2019; Cass. 11096/2019; Cass. 9230/2020). In particolare, di recente, la Corte ha esplicitamente affermato che: “Il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle “fonti informative privilegiate” deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione” (Cass. 13255/2020). Non si tratta, invero, di fatti notori, cioè di quei fatti che costituiscono dati acquisiti alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire incontestabili (Cass. 33154/2019; Cass. 13715/2019) seppure in un dato momento storico alcuni di essi possono essere ampiamente pubblicizzati dalla stampa e malgrado le fonti siano generalmente accessibili tramite consultazione di siti internet. Ciò non toglie che, poichè le fonti sono soggette a valutazione di affidabilità, non ogni notizia che circola sul web può essere per ciò stesso considerata vera o attendibile e il fatto notorio deve configurarsi nei limiti rigorosi in cui la giurisprudenza di questa Corte lo ha sempre inquadrato.

Pertanto il giudicante non può limitarsi ad affermare che una data caratteristica del paese di origine o un evento ivi accaduto è fatto noto, omettendo di indicare le fonti; diversamente, si finirebbe per esprimere valutazioni meramente soggettive (Cass. 11096/2019; Cass. 3550/2019). Allo stesso tempo, il giudice non può esimersi dall’indicare la data delle informazioni che egli ha assunto, in particolare quando nella sentenza si faccia riferimento a Report che vengono redatti periodicamente (come i Report di Amnesty o dell’EASO). Se le fonti di informazioni non sono datate diviene impossibile o comunque estremamente difficile verificare se il giudicante ha assolto al dovere di effettuare la valutazione all’attualità (ex nunc evaluation) richiesta non solo dalla legislazione nazionale e dalle fonti unionali, ma anche dalla stessa Corte EDU (Corte EDU J.K. e altri c. Svezia, cit. p. 79).

La Corte d’appello non ha fatto buon governo di questi principi, limitandosi alla apodittica affermazione che la regione di (OMISSIS) non è interessata dal conflitto che invece investe il nord del paese, senza specificare da quale fonte abbia tratto questa informazione, e a quali periodi si riferisce. Di contro il ricorrente ha esposto una critica dettagliata alle affermazioni della Corte di merito, sia pure facendo riferimento ad una fonte (il sito (OMISSIS)) che normalmente è considerata non esaustiva, trattandosi di un sito “il cui scopo e funzione non coincidono, se non in parte, con quelli perseguiti nei procedimenti indicati” (Cass. 8819/2020). Sul richiedente, tuttavia, incombe il dovere di allegazione, peraltro con un grado di minore specificità qualora si paventi il rischio di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) (Cass. 4350/2020; Cass. 19224/2020), ma non il dovere di provare le condizioni del paese di origine. Pertanto non può esigersi che il richiedente offra COI complete, puntuali e specifiche come quelle che spetta al giudice ricercare; è piuttosto il giudice che, dopo aver verificato che il richiedente ha fatto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda e che ha prodotto tutti gli elementi pertinenti in suo possesso e giustificato la (eventuale) mancanza di altri elementi, deve acquisire le informazioni che consentono di valutare al tempo stesso la attendibilità del racconto e la concretezza ed attualità del rischio (Cass. 29056/2019). Nella sentenza della Corte di giustizia sopra citata la diversità dei compiti tra il giudice e il richiedente asilo è ben esemplificata, chiarendosi che nel caso in cui gli elementi forniti dal richiedente protezione internazionale non siano “esaustivi, attuali o pertinenti” è necessario che lo Stato membro interessato cooperi attivamente alla procedura per consentire di riunire tutti gli elementi atti a sostenere la domanda e ciò in quanto “uno Stato membro riveste una posizione più adeguata del richiedente per l’accesso a determinati documenti”.

In conformità al suddetto principio questa Corte ha precisato che il giudice non può supplire ad eventuali carenze delle allegazioni (Cass. n. 2355/2020; Cass. 8819/2020), posto che il ricorrente è l’unico ad essere in possesso delle informazioni relative alla sua storia personale e quindi deve indicare gli elementi relativi all’età, all’estrazione, ai rapporti familiari, ai luoghi in cui ha soggiornato in precedenza, alle domande di asilo eventualmente già presentate (v. CGUE 5 giugno 2014, causa C-146/14; nello stesso senso Cass. 8819/2020). Correlativamente, nel ricorso per cassazione il richiedente deve assolvere all’onere di specificità dei motivi di ricorso esponendo quali sono le ragioni per cui critica il provvedimento impugnato, in termini concreti e non astratti, con riferimento anche alle condizioni del paese di origine e alla sua situazione individuale; tale onere non si estende però sino al punto di dover offrire egli stesso quelle COI complete, pertinenti ed aggiornate che in ipotesi il giudice di rinvio dovrebbe esaminare, perchè diversamente si violerebbero i principi in tema di dovere di cooperazione come sopra esposti.

4.- Ne consegue l’accoglimento per quanto di ragione dei primi quattro motivi, l’assorbimento del quinto e il rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione per un nuovo esame della domanda, e anche per le spese, in conformità al seguente principio di diritto:

Il richiedente asilo, sul quale incombe l’onere di circostanziare la domanda, non è tenuto a ricercare e citare le fonti informative sul paese di origine purchè si indichi il luogo di provenienza, le vicende e le criticità che attingono la sfera del soggetto, così soddisfacendo il dovere di allegazione, che richiede un grado di minore specificità qualora si paventi il rischio di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); sussiste di contro il dovere del giudice di cooperare nel definire gli elementi significativi della domanda, in particolare acquisendo da fonti attendibili informazioni complete, puntuali, pertinenti e aggiornate sulle condizioni del pase di origine, citandone la fonte e la data nel provvedimento giurisdizionale, atteso che le COI non possono considerarsi fatti notori.

PQM

Accoglie per quanto di ragione i primi quattro motivi del ricorso, assorbito il quinto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione per un nuovo esame e per la decisione sulle spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

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