Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6736 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 01/03/2022, (ud. 07/12/2021, dep. 01/03/2022), n.6736

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5383-2020 proposto da:

F.K.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA, 32, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO GREGORACE, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI (OMISSIS), in

persona del Ministro Pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il

17/07/2019 R.G.N. 127/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/12/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte di appello di Catanzaro ha confermato l’ordinanza del Tribunale della stessa città che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale e umanitaria avanzata da F.K.D., proveniente dalla Nigeria ed espatriato per timore di essere ucciso dai comproprietari di un terreno del padre che avrebbe dovuto essere venduto e che gli avevano chiesto di consegnare i documenti di proprietà minacciandolo, in caso contrario, di ucciderlo.

2. Il giudice di secondo grado ha escluso che vi fossero i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato ritenendo non credibili le dichiarazioni rese dal richiedente, non sufficientemente circostanziate quanto ai luoghi, alle persone, ai tempi e alle dinamiche degli eventi narrati. Ha evidenziato che i fatti esposti erano riconducibili ad episodi in parte penalmente rilevanti ed in parte di rilievo civile (quanto alla proprietà della quota dell’immobile) e non a situazioni di derivazione sociale, politica o religiosa. Ha escluso altresì che esistessero i presupposti per la protezione sussidiaria non essendovi rischio di torture e maltrattamenti né situazioni di violenza indiscriminata nella regione di residenza e dello stato di provenienza ((OMISSIS)). Non ha ravvisato la sussistenza dei “gravi motivi di carattere umanitario” che avrebbero potuto giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria non essendo ravvisabile nella regione una emergenza sanitaria o alimentare. Inoltre, tenuto conto della non credibilità delle dichiarazioni del richiedente, ha evidenziato che non vi erano altri elementi da cui desumere la possibile compromissione dei suoi diritti fondamentali o l’impossibilità di soddisfare bisogni ineludibili connessi al sostentamento ed al raggiungimento dei livelli minimi per un’esistenza libera e dignitosa.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso F.K.D. affidato a tre motivi. Il Ministero dell’Interno ha depositato memoria al fine di una sua eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo di ricorso è denunciato l’omesso esame delle dichiarazioni rese dal richiedente alla Commissione territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione delle condizioni del paese di origine del ricorrente. Deduce il ricorrente che dalle consultazioni di fonti internazionali accreditate sarebbe emersa l’esistenza di una situazione di conflitto e di pericolo in numerosi stati della Nigeria e tra questi l’Edo State dal quale questi proviene.

5. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 47, e deduce che il richiedente aveva diritto ex lege, in ragione delle condizioni socio politiche del paese di origine, al riconoscimento della protezione sussidiaria.

6. Il terzo motivo denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione alla mancata concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Sostiene il ricorrente che erroneamente la Corte di merito avrebbe escluso l’esistenza di una condizione di fragilità che al contrario era stata provata. Sottolinea inoltre che era stata offerta anche la prova dell’avvenuta integrazione del richiedente in Italia.

7. I primi due motivi di ricorso devono essere dichiarati inammissibili.

7.1. Entrambi, infatti, contengono censure estremamente generiche ed inidonee perciò a scalfire la ricostruzione fatta dal giudice di appello che ha accertato che lo stato di provenienza del richiedente era l'(OMISSIS) che non risulta toccato dalle violenze di gruppi terroristici ed in particolare di (OMISSIS) ed in genere non si presentava come un’area geografica pericolosa e con rischi per la sicurezza. Per contrastare tale accertamento di fatto l’odierno ricorrente avrebbe dovuto specificatamente indicare quali erano gli elementi di fatto decisivi trascurati; quali le fonti dalle quali sarebbero emerse, se esaminate, situazioni di pericolosità e di emergenza nella regione della Nigeria di provenienza dalle quali desumere l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria negata. Nulla di tutto questo si rinviene nei due motivi di ricorso che qui si esaminano.

8. Deve invece essere accolto il terzo motivo di ricorso che riguarda la protezione umanitaria dovendosi dare seguito a quanto affermato dalle sezioni unite di questa Corte che recentemente hanno chiarito che “in base alla normativa del testo unico sull’immigrazione anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 113 del 2018, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, occorre operare una valutazione comparativa tra la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine e la situazione d’integrazione raggiunta in Italia, attribuendo alla condizione del richiedente nel paese di provenienza un peso tanto minore quanto maggiore risulti il grado di integrazione che il richiedente dimostri di aver raggiunto nella società italiana, fermo restando che situazioni di deprivazione dei diritti umani di particolare gravità nel paese originario possono fondare il diritto alla protezione umanitaria anche in assenza di un apprezzabile livello di integrazione in Italia; qualora poi si accerti che tale livello è stato raggiunto e che il ritorno nel paese d’origine renda probabile un significativo scadimento delle condizioni di vita privata e/o familiare tali da recare un “vulnus” al diritto riconosciuto dalla della Convenzione EDU, art. 8, sussiste un serio motivo di carattere umanitario, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per riconoscere il permesso di soggiorno” (cfr. Cass. Sez. U. 09/09/2021 n. 24413). In sostanza il focus della comparazione deve incentrarsi sul rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo quali definiti nelle Carte sovranazionali e nella Costituzione italiana. Nello stesso modo in cui con il D.L. 21 ottobre 2020, n. 130, convertito nella L. 18 dicembre 2020, n. 173, “ha ancorato il divieto di respingimento od espulsione non più soltanto alla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, art. 3, ma anche all’art. 8, declinando la disposizione di detto art. 8, in termini di tutela del “radicamento” del migrante nel territorio nazionale e qualificando tale radicamento come limite del potere statale di allontanamento dal territorio nazionale, superabile esclusivamente per ragioni, come si è visto, “di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché di protezione della salute” (cfr. Cass. Sez. U. ult. cit. in motivazione).

8.1. Orbene, la Corte territoriale, discostandosi da tali principi, ha ritenuto che l’inserimento sociale e lavorativo dello straniero non sarebbe stato idoneo a giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria richiesta senza neppure procedere ad alcun approfondimento circa la situazione sociale e sanitaria del paese di provenienza in cui il richiedente andrebbe a reinserirsi.

9. In conclusione per le ragioni esposte deve essere accolto il terzo motivo di ricorso, inammissibili gli altri, e la sentenza cassata in relazione al motivo dedotto, deve essere rinviata alla Corte di appello di Catanzaro che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili il primo ed il secondo motivo di ricorso; accoglie il terzo motivo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 7 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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