Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6731 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. II, 01/03/2022, (ud. 13/10/2021, dep. 01/03/2022), n.6731

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3331-2017 proposto da:

S.C., rappresentata e difesa dall’avv. JOSE’ BONOMO;

– ricorrente –

contro

G.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 32, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE FISCHIONI,

rappresentata e difesa dall’avvocato LEONARDO SALATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1214/2016 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 22/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/10/2021 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

CHE:

1. S.C. ha proposto opposizione contro il decreto che le aveva ingiunto il pagamento di Euro 80.050,82 in favore di G.G.. Il ricorso era fondato su una scrittura privata intervenuta il (OMISSIS) tra l’opponente da un lato e G.G. e G.C. dall’altra, con la quale – premesso che nella stessa data era stato rogato l’atto di cessione in favore di S. da parte delle G. del 25% per ciascuna delle partecipazioni sociali in una società – veniva concordato il prezzo della cessione in Lire 155 milioni in favore di ognuna delle cedenti, con l’impegno di S. a corrispondere il prezzo pattuito nel termine e secondo le modalità indicate nella scrittura. Con l’atto di citazione in opposizione S.C. aveva disconosciuto la firma apposta alla scrittura privata; costituendosi, G.G. aveva formulato istanza di verificazione della scrittura.

Il Tribunale di Trapani ha accolto l’opposizione e ha revocato il decreto ingiuntivo, in particolare rilevando che, una volta proposta l’istanza di verificazione, era onere di G.G. acquisire agli atti il documento originale, onere che non era stato adempiuto, con conseguente inopponibilità a S. della scrittura privata.

2. La Corte d’appello di Palermo – con sentenza 22 giugno 2016, n. 1214 – in totale riforma della sentenza di primo grado ha rigettato l’opposizione, affermando la piena utilizzabilità dell’originale della scrittura privata, allegata al fascicolo del monitorio prodotto nel giudizio d’appello, giudizio nel quale è stata espletata apposita perizia grafica che ha concluso nel senso dell’autografia della sottoscrizione della scrittura privata.

3. Avverso la sentenza della Corte d’appello S.C. ricorre per cassazione.

Resiste con controricorso G.G..

Con atto datato 8 maggio 2019 si è costituito un nuovo difensore della ricorrente, sulla base di procura allegata all’atto.

Memoria è stata depositata dalla ricorrente in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso è articolato in due motivi.

1) Il primo motivo denuncia “violazione degli artt. 346,216 e 345 c.p.c.”: il procedimento di verificazione proposto, come nel caso in esame, in via incidentale ha contenuto e finalità istruttorie, così che l’istanza di verificazione andava riproposta in sede di precisazione delle conclusioni di primo grado, il che non è avvenuto; l’istanza doveva pertanto ritenersi abbandonata e non poteva essere riesaminata ed ammessa in appello.

Il motivo (a prescindere dall’oscuro rinvio, sottolineato dalla controricorrente, all’art. 360 c.p.c., comma 1, lett. a)) non può essere accolto. E’ vero che “la parte che si sia vista rigettare dal giudice di primo grado le proprie richieste istruttorie ha l’onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni poiché, diversamente, le stesse debbono intendersi rinunciate e non possono essere riproposte in appello” (Cass. 19352/2017); la precisazione delle conclusioni, infatti, ha la funzione di delineare con precisione il tema sottoposto al giudice e di porre la controparte nella condizione di prendere posizione in ordine alle richieste – istruttorie e di merito definitivamente proposte (ex multis, ancora, Cass. 19352/2017). Nel caso in esame, però, ove il tema sottoposto al Tribunale era l’esistenza del credito dell’opposta/attrice sostanziale, fondato sulla scrittura privata, a fronte della richiesta dell’opposta, in sede di precisazione delle conclusioni, di confermare il decreto ingiuntivo non poteva ritenersi rinunciata l’istanza di verificazione. Dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte e dalla connessione dell’istanza di verificazione con le conclusioni rassegnate e con la linea difensiva adottata, emergeva infatti la volontà inequivoca di insistere sulla richiesta pretermessa, così che correttamente tale istanza il giudice d’appello ha riesaminato e ha ammesso.

2) Il secondo motivo contesta violazione dell’art. 2909 c.c.: la controparte è stata “partecipe alla scrittura privata unitamente alla ricorrente e alla sorella G.C. che ha proposto coevo ricorso per decreto ingiuntivo, conclusosi, a seguito dell’opposizione, con sentenza n. 33/2012 di rigetto delle richieste monitorie per le stesse motivazioni esposte nella sentenza di primo grado della presente vicenda”, sentenza sulla quale si è formato il giudicato.

Il motivo è inammissibile. La ricorrente richiama una sentenza, che secondo lei avrebbe efficacia di giudicato nel presente processo (peraltro non indicando in quale preciso momento tale pronuncia sarebbe passata in giudicato formale), senza produrre la medesima né indicare in quale momento del processo l’avrebbe prodotta; il contenuto della sentenza, poi, viene solo genericamente richiamato e le parti – a quanto si legge nel motivo – non sarebbero le medesime del presente giudizio.

II. Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio a favore della controricorrente che liquida in Euro 5.500, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della sezione Seconda civile, il 13 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

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