Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6729 del 10/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/03/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 10/03/2021), n.6729

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25668-2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

VAMMA s.a.s. di L.M.G.M. & C., in persona del legale

rappresentante pro tempore, L.M.G.M., rappresentata e

difesa, per procura speciale in calce al controricorso, dall’avv.

Mario BALSAMO, presso il cui studio legale sito in San Giovanni La

Punta, alla piazza Manganelli, n. 12, è elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3279/13/2018 della Commissione tributaria

regionale della SICILIA, depositata il 24/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/12/2020 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con la sentenza impugnata la CTR della Sicilia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla Vamma s.a.s. di L.M.G.M. & C. avverso il diniego tacito opposto dall’amministrazione finanziaria al rimborso della quota pari al 90 per cento dell’ILOR versata per gli anni 1990, 1991 e 1992, richiesto dalla predetta società contribuente, avente sede legale ed operante in una delle province colpite degli eventi sismici del dicembre 1990, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, e dal giudice di appello ritenuto alla medesima spettante con la precisazione che la stessa non aveva diritto al rimborso dell’IVA che, peraltro, neppure aveva richiesto.

2. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre con tre motivi l’Agenzia delle entrate, cui replica l’intimata con controricorso.

3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo mezzo di cassazione, incentrato sull’inammissibilità del ricorso introduttivo per mancanza nell’istanza di rimborso del quantum richiesto, e, quindi, proposto in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18,19 e 21, è inammissibile sia perchè nuovo, non risultando che la questione – non rilevabile d’ufficio, come erroneamente sostiene la difesa erariale – sia stata posta nei gradi di merito, sia per difetto di autosufficienza, non avendo la ricorrente riprodotto nel ricorso il contenuto di quell’istanza, che neppure ha allegato, così impedendo a questa Corte di effettuare il necessario vaglio di fondatezza del motivo.

2. Con il secondo motivo di ricorso la difesa erariale censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, della VI Direttiva n. 77/388/CEE come interpretata dalla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità Europee del 17/07/2008 in causa C-13206, dall’ordinanza della Sesta Sezione della predetta Corte, del 15/07/2015 in causa C-82/14 e dalla Decisione del 14/08/2015, C(2015) 5549 final della Commissione Europea, sostenendo che nel caso di specie avevano errato i giudici di appello a ritenere che al contribuente, esercente attività d’impresa, spettasse il rimborso dell’ILOR.

3. Il motivo è fondato e va accolto nei termini di cui appresso si dirà.

4. Premesso che la richiedete il rimborso è società commerciale, deve osservarsi che lo svolgimento di un’attività di impresa costituisce, ai sensi della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, prima parte, limite all’applicabilità del beneficio in esame. Il diritto al rimborso delle imposte versate per il triennio 1990-1992 in misura superiore al 10 per cento, previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, in favore dei “soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’O.M. coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, art. 3”, è espressamente escluso per “quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea”, atteso che la Corte di giustizia nella sentenza del 17/07/2008, in causa C-132/06, aveva già rilevato l’incompatibilità delle disposizioni condonistiche di cui alla L. n. 289 del 2002 con il sistema comune dell’IVA, in quanto, introducendo rilevanti differenze di trattamento tra i soggetti passivi sul territorio italiano, alteravano il principio di neutralità fiscale.

5. Orbene, anche con riferimento al beneficio di cui alla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, prima parte, la Commissione UE, con la decisione sopra richiamata (impugnata da una società siciliana dinanzi al Tribunale di primo grado UE, che l’ha confermata con sentenza del 26 gennaio 2018 e che, pertanto, è vincolante per il giudice nazionale, che deve darvi attuazione anche attraverso la disapplicazione delle norme interne con essa contrastante – Cass. n. 15354 del 2014 e n. 22377 del 2017), ha stabilito, in via generale, che “Le misure di aiuto di Stato in oggetto (L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modifiche e integrazioni; (…) e tutti gli atti esecutivi pertinenti previsti dalle leggi sopraccitate), che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art. 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono incompatibili con il mercato interno”, salvo che si tratti di “aiuto individuale” che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014”, ovvero dei regolamenti che prevedono gli aiuti c.d. de minimis (art. 2 della decisione) o che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione dell’art. 1 del regolamento (CE) n. 994/98” (del 7 maggio 1998, sull’applicazione degli artt. 92 e 93 (ora 87 e 88) del trattato che istituisce la Comunità Europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali) “o da ogni altro regime di aiuti approvato”, ma “fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti” (art. 3).

6. Ha precisato al riguardo la Commissione UE che “una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sè aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perchè il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come imprese oppure perchè il beneficio individuale è in linea (con) il regolamento de minimis applicabile oppure perchè il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esenzione)” (p. 134 della “decisione”).

7. Assodato, quindi, lo svolgimento da parte della contribuente di un’attività economica, assoggettata ad imposizione sul valore aggiunto e sulle attività produttive, il giudice di merito è tenuto a verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (artt. 2 e 3 dec. cit.), “tenendo conto, in specie, che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1 TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza” (Cass., n. 22377/2017, cit.; conf. n. 29905/2017, cit.). In difetto, il giudice di merito deve valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la ridetta decisione della Commissione UE, fanno ritenere comunque compatibili gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’art. 107, par. 2, lett. b) TFUE, ovvero che si tratti di “aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale” (p. 150, lett. b), dec. cit.), sempre che sussista “un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame” (p. 136 dec. cit.); il che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovra-compensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o da altre misure di aiuto (p. 148 dec. cit.); inoltre, per il rispetto del principio de minimis, non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. sez. lav., 09/06/2017, n. 14465).

8. Al riguardo occorre precisare che la prova delle suddette circostanze è a carico del soggetto che invoca il beneficio, ma, in sintonia con quanto affermato da Cass. n. 22377 del 2017 citata, l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla vincolante decisione della Commissione UE (sopravvenuta nel corso del giudizio di appello), e la sua diretta incidenza sulla decisione della lite, nel determinare la cassazione della sentenza delle commissione regionale, consentono alle parti l’esibizione, in sede di rinvio, di quei documenti prima non ottenibili ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica (cfr. in tal senso già Cass. n. 5224 del 1998, cit.).

9. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. 190 del 2014, art. 1, comma 665, come modificato dal D.L. n. 91 del 2017, art. 16-octies, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 123 del 2017, per avere la CTR omesso di applicare alla fattispecie lo ius superveniens di cui alle disposizioni censurate.

10. Il motivo, proposto in via subordinata all’accoglimento del secondo, sopra esaminato, è infondato e va rigettato.

11. Quello che viene in discussione è se la modifica legislativa introdotta dal convertito D.L. n. 91 del 2017, che ha operato una riduzione al 50 per cento del rimborso spettante ai soggetti che ne abbiano diritto e, addirittura, ha escluso lo stesso rimborso in caso di superamento delle risorse stanziate nel bilancio dello Stato, sia applicabile alla fattispecie.

11.1. Al riguardo pare opportuno precisare che, come questa Corte ha più volte ribadito (ex multis, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 6213 del 14/03/2018, Rv. 647496 e Cass. n. 9785 del 2018, non massimata), che i limiti quantitativi al rimborso delle maggiori imposte pagate, fino a concorrenza dell’apposito stanziamento con riduzione del 50 per cento in ipotesi di eccedenza delle richieste, introdotti dalla norma sopravvenuta, attuata con il Provv. Direttore dell’Agenzia delle entrate 26 settembre 2017, prot. n. 195405/2017, non incide sul titolo della ripetizione, ma unicamente sull’esecuzione dello stesso, delineandosi come un posterius rispetto all’odierno giudizio; peraltro, costituisce jus receptum l’affermazione che, in mancanza di disposizioni transitorie, non incida sui giudizi in corso l’introduzione, con legge sopravvenuta, di un diverso procedimento amministrativo di rimborso (tra le tante, Cass., Sez. 5, sentenza 24/04/2015, n. 8373, in tema di IVA), che rende complessivamente tuttora operanti e pienamente attuali i consolidati principi di diritto enunciati in materia da questa Corte.

11.2. In buona sostanza il delineato ius superveniens, attuato con il sopra citato provvedimento direttoriale, per nulla incide sul diritto al rimborso spettante ai soggetti colpiti dal sisma del 1990, qual è l’intimato, operando i limiti delle risorse stanziate e venendo in rilievo eventuali questioni sui consequenziali provvedimenti liquidatori emessi dall’Agenzia delle entrate soltanto in fase esecutiva e/o di ottemperanza (cfr., Cass. nn. 32758/2018, 28172/2018, 25268/2018, 17565/2018, 29900/2017). Ne consegue che, anche ove il giudice dichiari spettante al contribuente il rimborso delle maggiori imposte dirette versate, l’entità dello stesso concretamente erogabile alla società contribuente non potrà che essere determinato sulla base di quanto previsto dalle disposizioni e dal provvedimento direttoriale citati, ovvero verificando la sufficienza delle risorse statuali stanziate e, in caso di superamento, applicando la riduzione del 50 per cento o addirittura escludendo in toto la stessa erogazione del rimborso. Verifica che ovviamente dovrà essere effettuata, come detto sopra, nella fase esecutiva o di ottemperanza.

12. Conclusivamente, va accolto il secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione e vanno rigettati il primo ed il terzo. La sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio alla competente CTR cui è demandato di procedere a nuovo esame in conformità ai citati principi di diritto, osservando la decisione della Commissione UE del 14/08/2015 e le indicazioni della Corte di giustizia del 15/07/2015, ed i consolidati principi affermati da questa Corte (cfr., ex multis, Cass. n. 4291 del 2018).

13. Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, rigetta il primo ed il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2021

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