Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6714 del 15/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 15/03/2017, (ud. 22/02/2017, dep.15/03/2017),  n. 6714

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8496-2013 proposto da:

CENSUM SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CICERONE 28, presso

lo studio dell’avvocato PIETRO DI BENEDETTO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

INGROMAGLIE SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA FRANCESCO

CRISPI 36, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO LOMBARDI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO ROMANELLO POMES;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 97/2012 della COMM.TRIB.REG. di BARI,

depositata il 18/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/02/2017 dal Consigliere Dott. LANA MARIA TERESA ZOSO.

Fatto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La società Ingromaglie S.r.l. impugnava cinque avvisi di accertamento a mezzo dei quali la società Censum S.p.A., concessionario della riscossione per il Comune di Casamassima, aveva richiesto il pagamento dell’imposta comunale sulla pubblicità relativamente agli anni dal 2006 al 2010 sul presupposto che erano stati esposti diversi cartelli pubblicitari in corrispondenza dell’esercizio commerciale posto all’interno del centro commerciale all’ingrosso denominato “(OMISSIS)”. La commissione tributaria provinciale di Bari accoglieva parzialmente il ricorso annullando gli avvisi di accertamento per gli anni 2006, 2007 e 2008. Proposto appello da parte della Ingromaglie S.r.l. ed appello incidentale da parte della Censum S.p.A., la commissione tributaria regionale della Puglia accoglieva l’appello principale e rigettava l’appello incidentale. Osservava la CTR che mancava il presupposto impositivo definito dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 5 poichè il centro commerciale on risultava essere luogo aperto al pubblico, dato che esisteva un cancello di accesso alla struttura commerciale normalmente presidiato per il controllo di chi entrava e l’accesso era consentito ai soli soggetti abilitati alle transazioni che si svolgevano all’interno. Non vi poteva, invece, accedere il pubblico indifferenziato non interessato alle transazioni e si doveva considerare che mancavano strutture per lo svago, oltre al fatto che il centro commerciale era ubicato in zona isolata.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la società Censum S.p.A. affidato a due motivi. Si è costituita in giudizio la società Ingromaglie S.r.l. con controricorso.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 5, comma 1, in quanto la CTR ha errato nel ritenere insussistente il presupposto dell’imposta. Ciò in quanto l’art. 5 citato prevede che la diffusione di messaggi pubblicitari possa essere tassata se effettuata in luoghi pubblici o aperti al pubblico e, nel caso di specie, il centro commerciale I Baricentro era luogo aperto al pubblico posto che all’interno di esso esistevano servizi comuni quali poste, banche, bar, ristorante, albergo e università; ciò dimostrava che tali esercizi erano utilizzati da ogni e qualsiasi avventore e non in via esclusiva dagli operatori e commercianti del centro commerciale.

4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 8, comma 4, ed all’art. 2729 c.c.. Sostiene che la norma di cui all’art. 8 citato è volta a disciplinare il termine entro il quale l’ente impositore deve esercitare il potere impositivo nei casi di omessa presentazione della dichiarazione della pubblicità ma non esclude che, così come previsto in materia di Tarsu, siano utilizzabili le presunzioni semplici ai fini della dimostrazione che la pubblicità è stata svolta anche negli anni precedenti; e si doveva tener conto che già nel 2006 la società Spettacolo Srl aveva la propria sede all’interno del centro commerciale (OMISSIS) con identico oggetto sociale.

5. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è fondato. Invero è stato più volte affermato dalla Corte di legittimità il principio secondo il quale, in tema di imposta sulla pubblicità, luogo aperto al pubblico deve essere considerato quello comunque accessibile, sia pure nel rispetto di determinate condizioni, a chiunque si adegui al regolamento che disciplina l’ingresso. Ciò in quanto il presupposto impositivo deve essere individuato nell’astratta possibilità del messaggio, in rapporto all’ubicazione del mezzo, di avere un numero indeterminato di destinatari, che diventano tali solo perchè vengono a trovarsi in quel luogo determinato (con riguardo allo spazio interno della stazione ferroviaria il cui accesso sia consentito ai soggetti muniti di biglietto di viaggio, si veda Cass. n. 27497 del 30/12/2014; con riguardo alla targa indicativa di uno studio di un avvocato esposta in un cortile che, pur privato, era aperto al pubblico si veda Cass. n. 22572 del 8/9/2008).

Ne deriva che anche lo spazio destinato a centro commerciale che, come accertato in fatto dalla CTR, era accessibile dai soli soggetti abilitati alle transazioni che si svolgevano all’interno, era da considerarsi area aperta al pubblico ai fini di che trattasi.

6. Il secondo motivo è infondato. La ricorrente sostiene che la previsione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 8, comma 4, non preclude il ricorso alle presunzioni semplici per provare che il mezzo pubblicitario è stato utilizzato anche per gli anni precedenti a quello in cui è stato effettuato l’accertamento poichè la norma vale solamente a stabilire il dies a quo del termine di decadenza biennale di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 10. Sul punto la Corte di legittimità ha già affermato il principio, che questo collegio condivide, secondo cui, in tema di imposta comunale sulla pubblicità, la decadenza del comune dall’esercizio del potere impositivo – la quale può essere rilevata solo dal contribuente, su cui grava l’onere della relativa prova – si verifica, ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 10 dopo il decorso di due anni “dalla data in cui la dichiarazione è stata o avrebbe dovuto essere presentata”. In caso, pertanto, di omessa dichiarazione, il dies a quo del termine biennale di decadenza va identificato nel momento del sorgere dell’obbligo della dichiarazione, il quale nasce, ai sensi del citato D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 8 appena “prima di iniziare la pubblicità”, senza che possa essere invocato il disposto del medesimo art. 8, comma 4 – secondo il quale, in ipotesi di omessa dichiarazione, la pubblicità si presume effettuata in ogni caso “con decorrenza dal primo gennaio dell’anno in cui è stata accertata”, – atteso che la decorrenza cui detta norma si riferisce attiene unicamente alla misura del tributo che l’omittente è tenuto a versare (Cass. n. 14483 del 29/09/2003). Al lume di tale principio va ritenuto che la CTR ha fatto corretta applicazione della norma di cui all’art. 8, comma 4, citato, dovendosi considerare che il legislatore ha inteso stabilire che la misura del tributo cui è tenuto il contribuente va calcolata con decorrenza dal 1 gennaio dell’anno in cui è stata accertata l’omessa presentazione della dichiarazione, per il che è esclusa la debenza del tributo per i periodi pregressi.

7. Dall’accoglimento del primo motivo di ricorso deriva che l’impugnata sentenza va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, e il ricorso originario della contribuente va accolto limitatamente alle annualità di imposta 2006, 2007 e 2008. Le spese dell’intero giudizio si compensano in considerazione della reciproca soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza d’appello. Decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente limitatamente alle annualità di imposta 2006, 2007 e 2008 e rigetta nel resto. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2017

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