Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6713 del 19/03/2010

Cassazione civile sez. II, 19/03/2010, (ud. 15/01/2010, dep. 19/03/2010), n.6713

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.L. (OMISSIS), P.R., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio

dell’avvocato PANARITI BENITO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato VETTORELLO GINO;

– ricorrenti –

contro

BRIANZA MOBILI DITTA, ARRITAL CUCINE SPA, MARTEX SPA, MOBILIFICIO

RIMINI SPA, SUPERMOBIL 2 SRL in persona dei rispettivi legali

rappresentanti pro tempore;

– intimati –

avverso la sentenza n. 521/2004 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 23/08/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

15/01/2010 dal Consigliere Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I coniugi P.L. e P.R. convenivano in giudizio l’impresa individuale Brianza Mobili di C.R. per sentir risolvere il contratto di compravendita tra loro intercorso con risarcimento dei danni subiti. A sostegno della domanda gli attori deducevano che i mobili che avevano acquistato per l’arredamento della loro casa erano risultati non idonei all’uso cui erano destinati per i gravi difetti che rendevano inservibile tutto il mobilio.

La convenuta impresa Brianza, costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda e chiamava in giudizio in garanzia le imprese fornitrici societa’ Arridal Cucine, Super Mobili, Mobilificio Romini e Martex.

Le dette societa’ si costituivano eccependo l’infondatezza dell’azione di garanzia.

Con sentenza 10/5/2001 il tribunale di Pordenone – all’esito dell’acquisizione della documentazione prodotta e della disposta c.t.u. – accoglieva la domanda dichiarando la risoluzione del contratto di fornitura con condanna della convenuta al risarcimento del danno liquidato in via equitativa in L. 4.000.000. Il primo giudice riteneva provati i fatti denunciati dagli attori, ad eccezione della camera da letto fornita dalla ditta Martex.

Avverso la detta sentenza l’impresa Brianza Mobili proponeva appello al quale resistevano i coniugi P. e le societa’ chiamate in causa.

Con sentenza 23/8/2004 la corte di appello di Trieste, in accoglimento del gravame e in totale riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda dei coniugi P.. Osservava la corte di merito: che i vizi ed i difetti riscontrati dal c.t.u. non rendevano i mobili in questione inidonei all’uso cui erano destinati;

che, dal solo esame del materiale fotografico corredato e delle descrizioni del tecnico, emergevano difetti modestissimi di cui taluni di natura estetica con riferimento alla cucina, altri ininfluenti sull’uso del bene che solo in alcuni casi non era ottimale ma sempre idoneo a svolgere il suo compito essenziale; che, secondo quanto ritenuto dal c.t.u., per l’utilizzazione conforme alla regola era necessaria per la totale eliminazione dei vizi la somma di poco piu’ di un milione per al 10% del valore globale dei beni; che si trattava di un inadempimento del venditore cosi’ lieve da non consentire al compratore la risoluzione del contratto, ma al piu’ una riduzione del prezzo non richiesta; che peraltro l’univa parte inadempiente era quella compratrice che aveva pagato il prezzo con un assegno poi protestato.

La cassazione della sentenza della corte di appello di Trieste e’ stata chiesta dai coniugi P.L. e P.R. con ricorso affidato ad un unico motivo. Nessuna delle parti intimate – ditta Brianza Mobili e societa’ Arrida Cucine, Super Mobili, Mobilificio Romini e Martex – ha svolto attivita’ difensiva in questa sede di legittimita’.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso i coniugi P.L. e P.R. denunciano violazione degli artt. 1490, 1492 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., nonche’ vizi di motivazione, deducendo che la corte di appello non ha in alcun modo indicato i motivi per i quali ha ritenuto i vizi dei mobili in questione denunciati da essi ricorrenti – e riscontrati dal c.t.u. nominato il primo grado – non influenti in modo rilevante sull’idoneita’ all’uso a cui detti mobili erano destinati o sul valore dei beni stessi. La corte di merito non ha proceduto ad un esame puntuale e singolare di ciascun vizio e difetto lamentato, limitandosi ad un generico riferimento alle fotografie ed alle descrizioni del c.t.u. senza procedere ad una valutazione complessiva della relazione peritale e degli altri elementi di prova prodotti in corso di causa. Il giudice di secondo grado ha dato rilievo esclusivamente ai costi necessari per l’eliminazione dei vizi accertati al fine di consentirne l’utilizzazione. Tale aspetto, pero’, puo’ avere rilevanza sul valore dei mobili ma non sull’idoneita’ al loro uso. La corte di appello, peraltro, attribuendo rilevanza alla necessita’ di procedere all’eliminazione dei vizi denunciati per consentire l’utilizzo dei mobili in questione, si e’ posta in contraddizione con la sua conclusione in ordine all’esclusione di vizi tali da rendere i mobili non idonei all’uso a cui erano destinati.

La Corte rileva l’infondatezza delle dette censure che si risolvono essenzialmente, pur se titolate come violazione di legge e come difetto di motivazione, nella prospettazione di una diversa analisi del merito della causa, inammissibile in sede di legittimita’, nonche’ nella pretesa di contrastare valutazioni ed apprezzamenti dei fatti e delle risultanze probatorie che sono prerogativa del giudice del merito e la cui motivazione non e’ sindacabile in sede di legittimita’ se sufficiente ed esente da vizi logici e da errori di diritto: il sindacato di legittimita’ e’ sul punto limitato al riscontro estrinseco della presenza di una congrua ed esauriente motivazione che consenta di individuare le ragioni della decisione e l’iter argomentativo seguito nell’impugnata sentenza. Spetta infatti solo al giudice del merito individuare la fonte del proprio convincimento e valutare le prove, controllarne l’attendibilita’ e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dar prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova.

Ne’ per ottemperare all’obbligo della motivazione il giudice di merito e’ tenuto a prendere in esame tutte le risultanze istruttorie e a confutare ogni argomentazione prospettata dalle parti essendo sufficiente che egli indichi gli elementi sui quali fonda il suo convincimento e dovendosi ritenere per implicito disattesi tutti gli altri rilievi e fatti che, sebbene non specificamente menzionati, siano incompatibili con la decisione adottata.

Va aggiunto che, come e’ pacifico nella giurisprudenza di legittimita’, le disposizioni degli artt. 1490 e 1492 c.c. in tema di esercizio dell’azione redibitoria vanno interpretate con riferimento al principio generale sancito dall’art. 1455 c.c. in materia di risoluzione del contratto; pertanto, l’esercizio dell’azione redibitoria e’ legittimato soltanto da vizi concretanti un inadempimento di non scarsa importanza, i quali non sono distinti in base a ragioni strutturali ma solo in funzione della loro capacita’ di rendere la cosa inidonea all’uso cui era destinata o di diminuirne in modo apprezzabile il valore, secondo un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito. L’accertamento, ai fini dell’azione redibitoria, della sussistenza di vizi tali da rendere la cosa venduta inidonea all’uso pattuito contrattualmente, costituisce infatti un apprezzamento di merito ed e insindacabile in Sede di legittimita’ se sorretto da adeguata motivazione, esente da vizi logici e giuridici.

Cio’ posto va osservato che nel caso in esame non sono ravvisabili ne’ il lamentato difetto di motivazione, ne’ l’asserita violazione di legge: la sentenza impugnata e’ del tutto corretta e si sottrae alle critiche di cui e’ stata oggetto.

Come sopra riportato nella parte narrativa che precede, la Corte di appello ha escluso la possibilita’ di ravvisare nella specie la sussistenza di vizi e difetti tali da rendere i mobili forniti ai coniugi resistenti dall’impresa Brianza Mobili inidonei all’uso al quale erano destinati.

La Corte di appello e’ pervenuta alla detta conclusione (dai ricorrenti criticata) attraverso complete argomentazioni, improntate a retti criteri logici e giuridici – nonche’ frutto di un’indagine puntuale delle risultanze di causa riportate nella decisione impugnate, ossia del materiale fotografico allegato alla consulenza tecnica di ufficio disposta in primo grado e delle descrizioni del nominato consulente – ed ha dato conto delle proprie valutazioni, circa i riportati accertamenti in fatto, esponendo adeguatamente le ragioni del suo convincimento.

Alle dette valutazioni i ricorrenti contrappongono le proprie, ma della maggiore o minore attendibilita’ di queste rispetto a quelle compiute dal giudice del merito non e’ certo consentito discutere in questa sede di legittimita’, cio’ comportando un nuovo autonomo esame del materiale delibato che non puo’ avere ingresso nel giudizio di cassazione. Dalla motivazione della sentenza impugnata risulta chiaro che la Corte di merito, nel porre in evidenza gli elementi probatori favorevoli alle tesi della ditta Brianza Mobili, ha implicitamente espresso una valutazione negativa delle contrapposte tesi dei coniugi P. – P..

Sono pertanto insussistenti gli asseriti vizi di motivazione e le dedotte violazioni di legge che presuppongono una ricostruzione dei fatti diversa da quella ineccepibilmente effettuata dal giudice del merito.

In definitiva, poiche’ resta, istituzionalmente preclusa in sede di legittimita’ ogni possibilita’ di rivalutazione delle risultanze istruttorie, non possono i ricorrenti pretendere il riesame del merito sol perche’ la valutazione delle accertate circostanze di fatto come operata dalla Corte territoriale non collima con le loro aspettative e confutazioni.

Va poi segnalato che le critiche concernenti l’asserito omesso o errato esame di alcune risultanze istruttorie (relazione del c.t.u. e “elementi di prova prodotti in corso di causa”) non sono meritevoli di accoglimento, oltre che per l’incidenza in ambito di apprezzamenti riservati al giudice del merito, anche per la loro genericita’ in ordine all’asserita erroneita’ in cui sarebbe incorso il giudice di appello nell’interpretare e valutare le dette risultanze istruttorie.

Le censure in esame non riportano il contenuto specifico e completo delle dette risultanze probatorie e non forniscono alcun dato valido per ricostruire, sia pur approssimativamente, il senso complessivo di tali risultanze. Cio’ impedisce a questa Corte di valutare – sulla base delle sole deduzioni contenute in ricorso – l’incidenza causale del denunciato difetto di motivazione e la decisivita’ dei rilievi al riguardo mossi dai ricorrenti.

Nel giudizio di legittimita’, il ricorrente che deduce l’omessa o l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie ha l’onere (per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione) di specificare il contenuto delle prove non esaminate, indicando le ragioni del carattere decisivo dell’asserito vizio di valutazione:

tale onere non e’ stato nella specie rispettato.

Sotto altro aspetto le censure concernenti gli asseriti errori che sarebbero stati commessi dal giudice di secondo grado nel ricostruire i fatti di causa sono inammissibili risolvendosi nella tesi secondo cui l’impugnata sentenza sarebbe basata su affermazioni contrastanti con gli atti del processo e frutto di errore di percezione o di una mera svista materiale degli atti di causa.

Trattasi all’evidenza della denuncia di travisamento dei fatti contro cui e’ esperibile solo il rimedio della revocazione. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, la denuncia di un travisamento di fatto, quando attiene al fatto che sarebbe stato affermato in contrasto con la prova acquisita, costituisce motivo di revocazione e non di ricorso per Cassazione importando essa un accertamento di merito non consentito in sede di legittimita’.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Nessuna pronuncia deve essere emessa in ordine alle spese del giudizio di legittimita’ in mancanza di costituzione delle controparti.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 marzo 2010

 

 

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