Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6708 del 06/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 6708 Anno 2016
Presidente: VENUTI PIETRO
Relatore: ESPOSITO LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 1672-2021 proposto da:
POSTE TTALLANE S.P.A. C. E. 97103080585, in persona J:J
legale rappresentante pro tempere, elettivamente
domicliata in ROM, VIALE MAllINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difendo giusta delega in atti;

2016

ricorrente

contro

185

MERCURI BARBAR7-‘.. C.F. MRCBBR71E62F205P;
– intimata –


Nonché da:
4.

Data pubblicazione: 06/04/2016

o

MERCURI BARBARA C. MRCBBR71E62E205P, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo
studio dellinvuocato SERGIO NATALE EDOARDO GALLEANO,
che la rappresenta e difende giusta delega in ani;
– controricorrente e ricorrente

incidentale –

POSTE ITALIANE 5.P.A. 5.1. 97101080585;
– intimata –

avverso la sentenza n. 5404/2009 della CORTE :D’APPELLO
di ROMA, depositata il 00/01/2010 R.G.N. 912/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/01/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA
ESPOSTTO;
udito l’Avvocdi_o RICCARDI RAFFAELE per delega verbale
Avvocato FIORILLC LUJG1;
udito

VAR]

,

1LAR1A ANITA per delega

Avvocato GALLEANO SERWO NATALE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI, che ha concluso per:
o

rinv i o

n

nuovo

ruolo

SS.UU.,

rigetto

principale, inammissibilità ricorse incidentale.

ricorso

contro

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.Con sentenza depositata 18/1/2010, la Corte d’appello di Roma ha
parzialmente confermato la decisione del giudice di primo grado che aveva
dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra Poste
italiane s.p.a. e Mercuri Barbara dal 2/8/1999 al 30110/1999, condannando la

2.11 termine al contratto era stato apposto, ai sensi dell’art. 8 del CCNL del 1994
e successivi accordi integrativi, “per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di
ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione
della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di
nuovi servizi e di attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sui
territorio delle risorse umane”.

3.La Corte territoriale argomentava che il contratto era stato stipulato dopo la
scadenza del termine previsto dalla contrattazione collettiva, fissato per tale
fattispecie autorizzato–ria, in attuazione dell’art. 23 della L. n. 56 del 1987, al 30
aprile 1998, e che inoltre non poteva attribuirsi efficacia sanante retroattiva della
nullità all’accordo del 18/1/2001.

4. In riforma della sentenza di primo grado e in applicazione del principio di cui
all’art. 1227 c. 22 c.c., la Corte territoriale ha rigettato la domanda attinente al
pagamento delle retribuzioni maturate dalla costituzione In mora. Ha rilevato in
proposito che a tale ultimo adempimento la ricorrente aveva provveduto a
distanza di oltre un triennio dalla scadenza del contratto affetto da nullità
parziale; che, pertanto, non poteva ravvisarsi in capo alla medesima alcun
pregiudizio risarcibile, dovendosi includere nell’area dei comportamenti esigibili
dal creditore al fine di evitare l’aggravamento del danno anche le attività
positivamente rivolte a ridurlo. Rilevavano i giudici del merito che, tenuto conto
delle condizioni del mercato del lavoro e delle condizioni soggettive della
lavoratrice, ancora nel pieno dell’attività, ella avrebbe potuto, attivandosi,
reperire altra occupazione.

4. Per la cassazione della sentenza Poste italiane s.p.a. ha proposto ricorso,
affidato a tre motivi. Resiste la Mercuri con controricorso, proponendo, altresì,
ricorso Incidentale e svolgendo memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

società ai ripristino del rapporto di lavoro.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Devono essere preliminarmente riuniti il ricorso principale e quello incidentale
In forza del disposto dell’art. 335 c.p.c.

2.1 primi tre motivi di ricorso attengono, sotto i profili della violazione di legge e
del vizio di motivazione, all’efficacia temporale dell’autorizzazione fornita dalla
contrattazione collettiva, a ciò legittimata dall’art. 23 della L. n. 56 del 1987, ad
apporre a giustificazione del termine contrattuale la causale basata sulle
“esigenze eccezionali” che nel caso rileva.

-byriv.am.u-3. Specificamente, con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa
applicazione degli artt. 1 e 2 I. 18 aprile 1962 n. 230, nonché dell’art. 23 l. n.
56/1987. Rileva che la sentenza impugnata, pur riconoscendo che l’art. 8 CCNL
26/11/1994, con i relativi accordi integrativi costituisce applicazione della deroga
di cui all’art. 23 I. 56/87, ha erroneamente affermato che il potere riconosciuto ai
contraenti collettivi di introdurre nuove ipotesi di assunzione a termine sarebbe
soggetto a pretesi limiti temporali.

4. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 23 I. n.
56/1987, dell’art. 8 CCNL 26/11/1994, nonché degli accordi sindacali del
25/9/97, del 16 gennaio 2001 e seguenti, in connessione con gli artt. 1362 c.c. e
ss. (art. 360 n. 3 c.p.c.). Rileva che la decisione, nella parte in cui ha ritenuto di
individuare nella data del 30/4/1998 il termine ultimo di validità ed efficacia
temporale dell’accordo integrativo del 25/9/1997 non considera che le
organizzazioni sindacali hanno sempre preso atto del permanere delle esigenze
di ristrutturazione. Rileva che la sentenza viola il disposto di legge nel momento
In cui fornisce un’interpretazione antinomica tra i verbali sindacali e la previsione
del contratto collettivo, facendo prevalere detti verbali senza tener conto che la
delega all’autonomia collettiva contenuta nella legge è limitata alle “ipotesi
individuate nei contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o
locali appartenenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano
nazionale”.

4.Con il terzo motivo la ricorrente deduce omessa motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.). Rileva che la Corte
d’appello aveva indicato quale data ultima fino alla quale le parti avrebbero
Inteso limitare la stipula di contratti quella del 30/4/1998 senza tuttavia

_

compiutamente ed adeguatamente indicare le fonti del proprio convincimento,
con evidente deficienza del criterio logico di ragionamento.

5. I primi tre motivi in disamina, da trattare congiuntamente in quanto connessi,
non sono fondati. In base alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, “in
materia di assunzioni a termine dei dipendenti postali, l’art. 23 della legge 28
febbraio 1987, n. 56, nel consentire anche alla contrattazione collettiva di

lavoro, ha consentito il ricorso ad assunzione di personale straordinario nei soli
limiti temporali previsti dalla contrattazione collettiva, con conseguente
esclusione della legittimità dei contratti a termine stipulati oltre i detti limiti;
resta altresì escluso che le parti sociali, mediante lo strumento
dell’interpretazione autentica delle vecchie disposizioni contrattuali ormai
scadute (volta ad estendere l’ambito temporale delle stesse), possano
autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti non più legittimi per
effetto della durata in precedenza stabilita, tanto più che il diritto del lavoratore
si era già perfezionato e le organizzazioni sindacali non possono disporre dello
stesso.* (v. fra le altre Cass. 16-11-2010 n. 23120). In particolare, come è stato
precisato, “con l’accordo sindacale dei 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8
del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto
il 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della
situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica dell’ente e alla
conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti
occupazionali, fino alla data del 30 aprile 1998. Ne consegue che deve escludersi
la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998 per
carenza del presupposto normativo derogatorio, con l’ulteriore conseguenza della
trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza dell’art. 1
della legge 18 aprile 1962 n. 230” (v. Cass. 18-1 1-2011 n. 24281, cfr. Cass. 2811-2008 n. 28450, 4-8-2008 n. 21062, CaSS_ 27-3-2008 n. 7979, Cass. 1-102007 n. 20608, Cass. 23-8-2006 n. 18378). Ed infatti la costante giurisprudenza
di questa Corte (v. ancora da ultimo Cass. ord. n. 362 del 2015, n. 206 del
2015), cui occorre dare continuità, ha affermato, sulla scia di Cass. S.U.
2.3.2006 n. 4588, che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23
della L. n. 56 del 1987, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine
rispetto a quelli previsti dalla legge n. 230 del 1962, discende dall’intento del
legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del
mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i
loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di
lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo

individuare nuove ipotesi di legittima apposizione di un termine al contratto di

indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi
specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a
condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare
‘contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di
procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Gas. 4-8-2008 n. 21063, v.
anche Cass. 204-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004
n,14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei

vincolati all’individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla
legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale in
materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato.” (v., fra le altre, Cass.
4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378). In tale quadro, ove però, come
nel caso di specie, un limite temporale sia stato previsto dalle parti collettive
(anche con accordi integrativi del contratto collettivo), e ciò pur a fronte della
situazione riconosciuta di aumentato fabbisogno di personale, la sua
inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra
le altre Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745, Cass. 14-2-2004 n.
2866), In particolare, quindi, come va anche qui ribadito, “in materia di
assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25
settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il
successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti
hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria,
relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente
ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di
attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la
legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza
del presupposto normativo derogatorio, con l’ulteriore conseguenza della
trasformazione degli stessi contratti a tempo indeterminato, in forza dell’art. 1
della legge 18 aprile 1962 n. 230” (v., fra le altre, Cass. 1-10-2007 n. 20608;
Cass. 4-8-2008 n- 21062; Cass. 27-3-2008 n. 7979). L’esistenza delle “esigenze
eccezionali” è stata dunque negozialmente riconosciuta fino al 30.04.98, sicché
la legittimità dei contratti a termine stipulati con tale causale entro tale data è
basata su una ricognizione di fatto derivante direttamente dal sistema normativo
nato dall’attuazione dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987. Essendo stato il
contratto in esame stipulato successivamente alla data indicata, correttamente in
applicazione dei suesposti principi la Corte territoriale, con ragionamento che
unisce alla conformità al diritto la congruità logica, ha ritenuto che il termine
fosse illegittimo.

contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi

6. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta violazione ed erronea applicazione
degli artt. 1206, 1207, 1218, 1219, 2094 c.c.. 2697 c.c. ( art. 360 n. 3 c.p.c.).
Rileva la violazione dei principi e delle norme di legge sulla messa in mora, sulla
base dei quali i lavoratori, anche nel caso di denegata conferma della nullità del
termine finale apposto al contratto, avrebbero diritto a titolo risarcitorio alle
retribuzioni solo dal momento dell’effettiva ripresa del servizio. Osserva che la
sentenza impugnata si rivela illegittima per violazione dell’art. 1223 c.c., per

successive attività lavorative in epoca successiva alla scadenza del termine.

7. La ricorrente, infine, invoca l’applicazione dello ius superveniens costituito
dalla disposizione che ha introdotto nell’ordinamento nuove regole che
disciplinano la determinazione del risarcimento del danno connesso alla
conversione del contratto a termine illegittimo (art. 32 I. 183/2010).

8. Con il ricorso incidentale la ricorrente deduce violazione degli arti 112, 114 e
432 c.p.c. e 1218, 1219 e 1227 c.c. Omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione. Osserva in primo luogo che, in contrasto con l’art. 112 c.p.c., i
giudici del merito avevano deciso secondo equità sul punto relativo alle
conseguenze risarcitorie derivanti dalla declaratoria di nullità al di fuori delle
richieste delle parti e dell’ipotesi prevista dall’art. 432 c.p.c. Rileva, inoltre, che
la decisione si pone in contrasto con le indicate norme di legge, poiché non è
ravvisabile alcun comportamento dilatorio del lavoratore tale da far ritenere una
colpa concorrente dello stesso.

9.

L’ultimo motivo del ricorso principale e il ricorso incidentale attengono

entrambi alle conseguenze economiche della declaratoria di illegittimità del
termine. Orbene, la questione posta con il ricorso incidentale deve essere
trattata preliminarmente nell’ordine logico. La stessa, infatti, investe in toto la
pronuncia di diniego del risarcimento del danno, richiesto in ragione dell’importo
delle retribuzioni maturate a decorrere dalla costituzione in mora. In relazione
alla suddetta statuizione la Corte territoriale, dopo aver affermato che “date la
nullità del termine e la conseguente conversione, il rapporto deve considerarsi
proseguito ed in atto fi no ad oggi”, e pur affermando che il risarcimento del
danno ‘compete in via astratta dalla costituzione in mora”, ha negato ogni
ristoro sulla scorta delle clausole generali di correttezza e buona fede in tema di
esecuzione del contratto, nonché dei principi in tema di affidamento incolpevole,
attribuendo rilevanza, ai sensi dell’art.

1227 c.c., alla circostanza del tardivo

inoltro da parte della lavoratrice dell’istanza diretta a mettere a disposizione le

aver omesso di accertare se e in che misura la ricorrente avesse svolto ulteriori e

energie lavorative in costanza di omessa ricerca di altra occupazione da parte
della medesima, pur nel pieno dell’età lavorativa.

10. La decisione della Corte territoriale sul punto si pone in contrasto con le
norme di legge richiamate ed evidenzia una palese illogicità.

11. Ed invero, in base ai principi generali in materia di nullità parziale del

termine, ed alla nullità della clausola di apposizione dello stesso, consegue
l’invalidità parziale relativa alla sola clausola e l’instaurarsi di un rapporto di
lavoro a tempo indeterminato (in tal senso la costante giurisprudenza di questa
Corte, ex multis Cass. n. 7244/2014, rv. 630083). Ne consegue che non può
esigersi dal lavoratore, che ha interesse alla prosecuzione del rapporto ancora in
essere, un obbligo di ricercare altra attività ed al suo mancato attivarsi in vista
del reperimento di altra occupazione non può essere assegnata rilevanza in
termini di concorso colposo del creditore nella determinazione del danno, ai sensi
dell’art. 1227 c.c.

12. Per le ragioni indicate, rigettati i primi tre motivi del ricorso principale, va
accolto il ricorso incidentale. Di conseguenza il processo deve essere rimesso al
giudice del merito, H quale provvederà alla determinazione del risarcimento del
danno conformandosi al principio di diritto che segue: “nel caso di nullità parziale
del contratto di lavoro per illegittimità della clausola di apposizione di un
termine, con conseguente affermazione della sussistenza tra le parti di un
rapporto a tempo indeterminato, l’omessa ricerca di altra occupazione da parte
del lavoratore non può incidere sull’entità del risarcimento del danno in termini di
concorso colposo del creditore ai sensi dell’art. 1227 c.c.”. A seguito del rinvio
resta assorbito l’esame dell’ultimo motivo del ricorso principale, attinente alla
misura del risarcimento del danno e all’applicazione dello ius superveniens.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta i primi tre motivi del ricorso principale, accoglie
il ricorso incidentale e dichiara assorbito il quarto motivo del ricorso principale.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di
legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 14/1/2016
n Fun:dando Gladiahdo
Il Co sigliere relatore

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contratto e di eterointegrazione della disciplina contrattuale, all’illegittimità del

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