Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6708 del 01/03/2022

Cassazione civile sez. lav., 01/03/2022, (ud. 12/10/2021, dep. 01/03/2022), n.6708

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16319-2016 proposto da:

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso lo

studio dell’avvocato MICHELE ROMA, rappresentata e difesa dagli

avvocati ALBERTO PIZZOFERRATO, LUCIA BOBBIO, NICOLO’ PEDRAZZOLI;

– ricorrente –

contro

U.P.D., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FEDERICO FEDRIZZI;

– controricorrente –

e contro

C.P., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FEDERICO FEDRIZZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 88/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 22/12/2015 R.G.N. 79/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/10/2021 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS.

 

Fatto

RILEVATO

– che con sentenza del 22 dicembre 2015, la Corte d’Appello di Trento, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Trento, accoglieva integralmente la domanda proposta da U.P.D. e C.P. nei confronti della Provincia Autonoma di Trento, avente ad oggetto la declaratoria di nullità dei contratti a termine reiterati in via continuativa in virtù dei quali gli istanti avevano prestato servizio quali insegnanti alle dipendenze dell’Ente predetto ed in via gradata la costituzione, fin dal primo contratto, di un rapporto a tempo determinato o la condanna dell’Ente al risarcimento del danno per l’abuso del contratto a termine ed, in ogni caso, la condanna dell’Ente medesimo, in applicazione del divieto di discriminazione, al pagamento delle differenze di retribuzione e al riconoscimento degli effetti giuridici connessi all’anzianità maturata nel corso dei vari rapporti succedutisi nel tempo, nonché al pagamento degli scatti biennali L. n. 312 del 1980, ex art. 52;

– che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto infondata la prospettazione della Provincia Autonoma di Trento circa la specialità del rapporto dato dal suo carattere temporaneo ed, a questa stregua, l’inconfigurabilità di una irrazionale disparità di trattamento rispetto al personale a tempo indeterminato e, pertanto, ammissibile in rito ed accoglibile nel merito, in base alla Dir. n. 1999/70/CE, Accordo quadro allegato, clausola n. 4, punto 1, la domanda degli istanti relativa al riconoscimento dell’anzianità maturata in ragione del servizio prestato sulla base dei successivi contratti a termine, nonché quella concernete la non scomputabilità del trattamento economico durante il periodo estivo spettante anche ai supplenti con contratti a termine in quanto previsto per tutti coloro che abbiano maturato 180 giorni di servizio e motivato dalla disponibilità del personale supplente per tutti gli adempimenti eventualmente resisi necessari nel periodo estivo;

– che per la cassazione della decisione ricorre la Provincia Autonoma di Trento, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resistono, con controricorso, tutti gli originari istanti;

– che l’Ente ricorrente ha poi presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

– che con il primo motivo, l’Ente ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione della L. n. 312 del 1980, art. 53, del D.Lgs. n. 297 del 1994, artt. 485 e 526, e della Dir. n. 1999/70/CE, Accordo quadro allegato, clausola 4, nonché dei CCPL per il personale docente della Provincia Autonoma di Trento, lamenta la non conformità a diritto, alla stregua della normativa invocata del pronunciamento della Corte territoriale circa il carattere discriminatorio del trattamento applicato al personale supplente a termine, la disapplicazione della normativa interna e l’estensione al personale non di ruolo del trattamento retributivo previsto dalla disciplina legale e contrattuale in favore del personale di ruolo;

– che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., l’Ente ricorrente lamenta l’incongruità logica e giuridica del convincimento per cui la “retribuzione estiva” non rappresenti un trattamento migliorativo rispetto alla disciplina nazionale in vigore per il personale supplente non giustificato a motivo dell’assenza della prestazione lavorativa e dunque scomputabile dall’importo delle differenze retributive spettanti per effetto dell’anzianità maturata in virtù dei servizio prestato sulla base dei contratti a termine;

– che il primo motivo va ritenuto inammissibile nella parte in cui denuncia in via diretta la violazione dei contratti collettivi della Provincia Autonoma di Trento, giacché, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi di lavoro è consentita dall’art. 360 c.p.c., n. 3, soltanto in relazione alle fonti dell’autonomia collettiva di carattere nazionale con esclusione dei contratti decentrati, anche delle province autonome, senza che tale limitazione possa dar luogo ad un dubbio di costituzionalità atteso che il rilievo nazionale della disciplina, che giustifica l’intervento nomofilattico della Corte, rappresenta, altresì, l’elemento differenziale tra la fattispecie sufficiente a giustificare l’esercizio della discrezionalità del legislatore statale nel disciplinare i rimedi giurisdizionali (cfr., ex plurimis, Cass. n. 551 del 2021);

– che nel resto il motivo medesimo si rivela infondato dovendosi ribadire, in riferimento ai docenti a termine della Provincia autonoma di Trento (per i quali, per allegazione della stessa Provincia ricorrente, trova applicazione la legislazione nazionale di cui al T.U. n. 297 del 1994, che non consente progressioni economiche legate all’anzianità) i medesimi principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte in relazione al trattamento economico dei docenti a termine della scuola statale e così l’affermazione della natura discriminatoria del trattamento nella parte in cui non prevede, in ragione della natura a termine del rapporto di lavoro, alcuna progressione economica legata all’anzianità di servizio acquisita nel corso dei precedenti rapporti di lavoro (cfr., da ultimo, Cass. n. 15352 del 2020), differenziazione che nella prospettazione della Provincia ricorrente prescinde dalle caratteristiche intrinseche delle mansioni e delle funzioni esercitate dai docenti a termine e fanno leva sulla natura non di ruolo del rapporto di impiego e sulla novità di ogni singolo contratto rispetto al precedente, argomenti già ritenuti dalla Corte di giustizia non idonei a giustificare la diversità di trattamento (Corte di Giustizia 15.4.2008, causa C-268/06, Impact; 13.9.2007, causa C-307/056 Del Cerro Alonso; 8.9. 2011, causa C-177/10 Rosado Santana, 9.7.2015, causa C177/14, Regojo Dans; 5.6.2018, causa C-677/16, Montero Mateos 20.6.2019, causa C-72/18, Ustariz Arostegui e con riferimento ai rapporti non di ruolo degli enti pubblici italiani Corte di Giustizia 18.10.12, cause C-302/11 e C-305/11 Valenza, 7.3.2013, causa C-393/11 Bertazzi secondo cui a) la clausola 4 dell’Accordo esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicché la stessa ha carattere incondizionato e può esser fatta valere dal singolo innanzi al giudice nazionale, che ha l’obbligo di applicare il diritto dell’Unione e di tutelare i diritti che quest’ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno; b) il principio di non discriminazione non può essere interpretato in modo restrittivo per cui in materia di retribuzioni contenuta nel Trattato, art. 137, n. 5 (oggi n. 153, n. 5) “non può impedire ad un lavoratore a tempo indeterminato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorché proprio l’applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione”; c) le maggiorazioni retributive che derivano dall’anzianità di servizio del lavoratore costituiscono condizioni di impiego ai sensi della clausola 4, con la conseguenza che le stesse possono essere legittimamente negate agli assunti a tempo determinato solo in presenza di una giustificazione oggettiva; d) non è sufficiente che la diversità di trattamento sia prevista da una norma generale ed astratta, di legge o di contratto” né rilevano la natura pubblica del datore di lavoro e la distinzione fra impiego di ruolo e non di ruolo, perché la diversità di trattamento può essere giustificata solo da elementi precisie concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni espletate);

– che il secondo motivo è inammissibile non essendo stata adeguatamente censurata (non trovando applicazione nei confronti dei contratti di lavoro decentrati della Provincia Autonoma di Trento il principio “iura novit curia” viceversa riferibile ai contratti collettivi relativi ai comparti pubblici aventi rilievo nazionale) la statuizione della Corte territoriale per cui “la retribuzione estiva, attualmente prevista per tutti coloro che abbiano maturato i 180 giorni di servizio, trova causa nella disponibilità del personale supplente per tutti gli adempimenti ed esigenze che dovessero manifestarsi nel periodo estivo e alla ripresa dell’anno scolastico”, giustificando, dunque, con riguardo a tale condizione, del tutto comparabile a quella dei docenti a tempo indeterminato e pertanto insuscettibile di fondare la differenziazione pretesa dalla Provincia ricorrente, il riconoscimento contrattuale del trattamento in questione e confutando la tesi sostenuta dalla ricorrente medesima secondo cui quella retribuzione sarebbe erogata ai docenti a termine senza che questi fossero legati alla Provincia da alcun rapporto di servizio e senza prestare alcuna attività lavorativa e dunque quale condizione di miglior favore, suscettibile, ove così fosse effettivamente, di riassorbimento, in quanto non giustificata alla luce del principio di parità di trattamento;

– che il ricorso va, pertanto, rigettato;

– che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2022

 

 

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