Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6707 del 06/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 6707 Anno 2016
Presidente: VENUTI PIETRO
Relatore: ESPOSITO LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 142-2n11 pronnsto da:
CAPPELLO ANDREA

CPPNDRi5A10H153P, elettivmentp

domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 74, presso la studio
dell’avvocato GIANNI EMILIO IACOBELL], che lo
rappresenta e difende giuste delega in atti;
– ricorrente 2016
183

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINT 134, presso lo

studio dell’dvvoca:.o FIORILLO LUIGI, che la

Data pubblicazione: 06/04/2016

rappresenta e d 6iHe giusta delega in atti.;
con troricorrente

avverso la sentenza n. 6010/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depnsitata i] 1W01/2010 r.g.n. 4086/2006;
udita la rela .lione de_la causa svolta nella pubblica

ESPOSITO:
udito

l’Avvonatn

FARFS;

ILARIA ANITA per delega

1ACOM1,[] O] UN] MIMO;
udito l’Avvoc.:Alo RI(‘flARDI RAFFAELE per delega verbale
Avvocato FIORILLO LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. L’RAIT:LSCA CERONI, che ha concluso per
Il rigetto (1E:1. ricul

;i

udienza del 11/01/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA

Svolgimento del processo

1.Con sentenza depositata il 15/1/2010 la Corte d’appello di Roma, ha confermato la decisione
di primo grado che aveva rigettato la domanda avanzata da Cappello Andrea al fine di far
dichiarare la nullità della clausola di apposizione del termine contenuta nei contratti intercorsi
tra il medesimo e Poste Italiane s.p.a. dal 1/6/1998 al 30/7/1998 e dal 1/6/1999 al 30/6/1999
“per far fronte alle necessità di espletamento del servizio in concomitanza delle assenze per

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2,La Corte territoriale poneva a fondamento della decisionetritenuta legittimità del contratto
il principio in forza del quale l’assunzione a termine per sostituzione di lavoratori assenti per
ferie, in forza della delega conferita alla contrattazione collettiva dal legislatore, non deve
rispondere ai requisiti di cui all’art. 1 c. 2 della I. 230/62, talché deve escludersi che il relativo
contratto debba contenere il nominativo del dipendente da sostituire.

3. Avverso la sentenza il Cappello propone ricorso per cessazione sulla base di cinque motivi.
Resiste Poste con controricorso.

Motivi della decisione

1.0ccorre premettere che il collegio ha autorizzato l’estensore alla redazione della sentenza in
forma semplificata.

2. I motivi di ricorso possono essere così sintetizzati : 1) Art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. – violazione e
falsa applicazione degli artt. 1362 ss. in relazione all’art. 87 del CCNL Poste del 26/11/1994.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c. in relazione agli artt. 8 e 87 del CCNL Poste e
all’abrogato art. 2074 cc. – violazione degli art. 2727 ss. c.c. Deduce il ricorrente che, essendo
scaduto il CCNL 26/11/1994 ed essendo stato stipulato il nuovo contratto collettivo
1’11/1/2001, tutti i contratti di lavoro conclusi nel periodo intermedio sono rimasti privi dello
strumento derogatorio e come tali nulli, con la conseguente conversione a tempo
indeterminato dei rapporti di lavoro sorti in forza di essi; 2) art. 360 n. 3, n. 4 e 5 c.p.c. Violazione degli artt. 112 e 277 c.p.c. – violazione degli artt. 1362 ss. c.c. in tema di
interpretazione della clausola di contingentamento di cui all’art. 8 del CCNL Poste del
26/11/1994 – violazione dell’art. 8 c. 3 del CCNL Poste 26/11/1994 in relazione agli artt. 2697
c.c., art. 3 I. 230/62 e art. 231. 56/8. Rileva il ricorrente che era onere della società provare
che il numero dei dipendenti assunti a termine nell’anno fosse stato inferiore al 10% dei
lavoratori in servizio a tempo indeterminato, costituendo il suddetto limite requisito essenziale
per la legittimità dell’assunzione a termine, posto che la relativa eccezione era stata proposta

in primo e in secondo grado; 3) Violazione dell’art. 360 n. 3 n. 4 e n. 5 c.p.c. – violazione

ferie del personale nel periodo giugno-settembre”.

.12

dell’art. 115 c.p.c. e degli artt. 112 e 113 c.p.c.- violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. in
relazione all’art. 1421 c.c. Rileva che la Corte d’appello aveva affermato che i contratti a
termine in esame erano entrambi motivati per far fronte alla necessità di espletamento del
servizio in concomitanza di assenze per ferie e non anche per esigenze eccezionali legate alla
fase di ristrutturazione, laddove il secondo dei contratti stipulati era motivato con tale ultima
causale, talché sul punto era ravvisabile omessa pronuncia, non essendo stato esaminato il
suddetto secondo contratto e valutato se lo stessa fosse legittimo in relazione alla differente

relazione agli artt. 1 e 3 I. 230/62- violazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 3 I. 230/62violazione dell’art. 1421 c.c. e dell’art. 2729 c.c. anche in relazione all’art. 116 c.p.c. Rileva
che la Corte territoriale aveva ritenuto legittima la causale indicata in contratto e ritenuto
assolto dalla società l’onere di provare la sussistenza delle assenze del personale per ferie
nell’ufficio in cui aveva lavorato il ricorrente, consentendo alla predetta di eludere l’onere su di
essa gravante di provare che effettivamente il lavoratore avesse sostituito lavoratori assenti
per ferie; 5) violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.- violazione dell’art. 2729 c.c. violazione
dell’art. 1362 c.c. e seg. per errata applicazione della norma contrattuale di cui all’art. 8 del
CCNL per i dipendenti delle Poste italiane s.p.a. del 26/11/1994 conseguente violazione degli
artt. 1, 2 e 3 I. 230/62. Ancorché le Poste abbiano addotto quale causa del termine apposto al
primo contratto la necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie,
la società nulla aveva provato in tal senso, nonostante tanto fosse suo specifico onere. Non si
può ritenere che la convenzione stipulata tra le parti collettive possa esonerare il datore ch
lavoro dalla prova dei presupposti per la sua applicazione.

3. Le censure sub 1), sub 2) e sub 3) sono da respingere.

4.In ordine al primo motivo si evidenzia che, alla luce della giurisprudenza ormai consolidata
della Corte di legittimità (si veda per tutte Sez. 6 – L, Ordinanza n. 6097 del 17/03/2014, Rv.
630240) “In tema di contratto a termine dei dipendenti postali, l’assunzione per “necessità di
espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre”
costituisce un’ipotesi di assunzione a termine prevista dall’art. 8 del c.c.n.l. del 26 novembre
1994 – in esecuzione della “delega in bianco”, a favore dei sindacati, di cui all’art. 23 della
legge 28 febbraio 1987, n. 56 – per la quale non è necessario né indicare nominativamente i
lavoratori sostituiti né allegare e provare che altri lavoratori siano stati in concreto collocati in
ferie. Per tali assunzioni deve essere escluso il limite temporale del 30 aprile 1998 previsto
dalla contrattazione collettiva per la diversa causale di assunzione “per esigenze eccezionali,
conseguenti alla fase dì ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in
ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi
servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sui territorio delle

fattispecie dedotta; 4) Violazione dell’art. 360 c.p.c.- violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in

risorse umane”, sicché esse hanno continuato ad essere legittimamente effettuate sino
all’entrata in vigore del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368″.

5.

In relazione al terzo motivo, attinente a vizio di omessa pronuncia, deve rilevarsi

l’inammissibilità per difetto di autosufficienza. Va richiamato in proposito il principio enunciato
dalla giurisprudenza di questa Corte in forza del quale “in tema di ricorso per cassazione, ai fini
della ammissibilità del motivo con il quale si lamenta un vizio del procedimento (art. 360,

proc. civ. (nella specie, l’esistenza di un concorso del danneggiati nella causazione del danno,
ai sensi dell’art. 1227 cod. civ.), affermandosi che la deduzione della situazione di fatto
pertinente alla richiesta è avvenuta sin dalla comparsa di costituzione in primo grado, è
necessario che il ricorrente, alla luce del principio di autosufficienza dell’impugnazione, indichi
le espressioni con cui detta deduzione è stata formulata nel giudizio di merito, non potendo a
tal fine limitarsi ad asserire che si tratti di fatto pacifico allorché neppure individui l’allegazione
con la quale esso sarebbe stato introdotto e mantenuto nella controversia, posto che è pacifico

soltanto il fatto che la parte abbia allegato, in modo tale che la controparte possa ammetterlo
direttamente ed espressamente oppure in modo indiretto, attraverso l’affermazione di un fatto
che lo presupponga” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10605 dei 30/04/2010, Rv. 612776). Nella
specie le allegazioni di parte, per la loro genericità, non sono rispettose delle disposizioni di cui
agli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., sì da
consentire di verificare contenuto e limiti della domanda azionata.

6. In ordine al quarto motivo e al quinto motivo, da trattare unitariamente in ragione
dell’intima connessione, è da rilevare che questa Corte, con riferimento alla tipologia di
contratti a termine di cui si discute, ha ripetutamente affermato che “l’unica interpretazione
corretta della norma collettiva in esame (art. 8 ccnI 26-11-1994) è quella secondo cui, stante
l’autonomia di tale ipotesi rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire
dipendenti in ferie, l’autorizzazione conferita dal contratto collettvo non prevede come
presupposto per la sua operatività l’onere, per il datore di lavoro di provare le esigenze di
servizio in concreto connesse all’assenza per ferie di altri dipendenti nonché la relazione
causale fra dette esigenze e l’assunzione dei lavoratore con specifico riferimento all’unità
organizzativa alla quale lo stesso è stato destinato”, bensì soltanto che l’assunzione avvenga
nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie’ (Cass. n. 654 del 2015).

7. Va rilevata, invece, la fondatezza del secondo motivo di doglianza. Ed invero il ricorrente ha
dimostrato, corredando il ricorso delle allegazioni necessarie ai fini dell’autosufficienza, che il
tema dell’onere del datore di lavoro riguardo al rispetto della clausola di contingentamento era
stato ritualmente introdotto con il ricorso in primo grado e coltivato con l’appello. Il tema in
questione è rilevante ai fini della decisione, stante il principio, più volte affermato dalla

primo comma, n. 4, cod. proc. civ.) per erronea individuazione del “chiesto” ex art. 112 cod.

giurisprudenza di legittimità, in forza del quale “In tema di clausola di contingentamento dei
contratti di lavoro a termine di cui all’art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, l’onere della
prova dell’osservanza del rapporto percentuale tra lavoratori stabili e a termine previsto dalla
contrattazione collettiva, da verificarsi necessariamente sulla base dell’indicazione del numero
dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, è a carico del datore di lavoro, sul quale incombe
la dimostrazione, in forza dell’art. 3 della legge 18 aprile 1962, n. 230, dell’oggettiva esistenza
delle condizioni che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro” (Cass. Sez. L

8. S’impone, pertanto, la cessazione della sentenza, con rinvio al giudice del merito che
tratterà il tema trascurato, provvedendo anche alla regolamentazione delle spese relative al
giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo e rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia,
anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa
composizione.
Così deciso in Roma il 14/1/2016
Il Consigliere relatore

a crte ,024…

Il Presidente

n. 4764 del 10/03/2015, Rv. 634621).

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