Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6706 del 06/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 6706 Anno 2016
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

Data pubblicazione: 06/04/2016

SENTENZA
sul ricorso 22963-2014 proposto da:
ABC ACQUA BENE COMUNE – NAPOLI AZIENDA SPECIALE, gia’
A.R.I.N. S.P.A. P.I. 07679350632, in persona del
legale rappresentante pro tempore, nonchè A.R.I.N.
AZIENDA RISORSE IDRICHE NAPOLI, già AMAN, in persona
del Commissario Liquidatore BALDONI EMILIO,
2016
168

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la cancelleria della Corte di Cassazione,
rappresentati e difesi dall’Avvocato MARIA CRISTINA
PORCELLI, giusta delega in atti;
– ricorrenti –

e/vi’)

contro
I MARTINO LUCIO C.F. DMRLCU35L02F839C, BIANCARDI
ANTONIO C.F. BNCNTN34P18F839K,CHIANESE GESUALDA C.F.
CHNGLD32C26F839U, LAURETTA LAURA C.F.
LRTLRA65L06F839L, questi ultimi due in qualità di

DPSLGO57M56F839Y, COZZELLA ANNA C.F.
CZZNNA26E58F839W,

DE PASQUALE ANNA MARIA C.F.

DPSNMR46C41F839Y, in qualità di eredi di DE PASQUALE
COSTANTINO, PISCITELLI MARIO C.F. PSCMRA62L12F839R,
PISCITELLI

VINCENZO

C.F.

PSCVCN54S24H834N

PISCITELLI LUIGI C.F. PSCLGU5OR28H839K, in qualità di
eredi

di

PISCITELLI

BENEDETTO,

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DI PORTA PINCIANA 6, presso
lo studio dell’avvocato GUIDO PARLATO, che li
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrenti non chè contro
LAURETTA BRUNO MARIA, nella qualità di erede di
LAURETTA SALVATORE;
– intimata avverso la sentenza n. 1329/2014 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 03/04/2014 R.G.N.
78/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/01/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO

eredi di LAURETTA SALVATORE, DE PASQUALE OLGA C.F.

BALESTRIERI;
udito l’Avvocato PORCELLI MARIA CRISTINA;
udito l’Avvocato PARLATO GUIDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso in via

ricorso.

principale improcedibilità in subordine rigetto del

nrg 22963\2014
Svolgimento del processo
)
t1 Con ricorso deposi tato il 12.11.1992, i sigg.ri Lucio Di Martino (in
i quiescenza dall’8.7.1991), Benedetto Piscitelli (in quiescenza dal
16.4.1985), Costantino De Pasquale (in quiescenza dal
26.9.1982), Antonio Biancardi (in quiescenza dal 24.7.1991),
Salvatore Lauretta (in quiescenza dal 2.5.1986), deducevano di
aver prestato servizio alle dipendenze dell’AMAN, poi A.R.I.N.

pensionistico aziendale previsto dal Regolamento Organico per il
personale dell’Acquedotto di Napoli del 22.9.1945 (e successive
modificazioni); convenivano in giudizio innanzi al Pretore di
Napoli, l’AMAN, poi A.R.I.N. s.p.a., quindi ABC – Acqua Bene
Comune Napoli Azienda speciale, al fine di sentirla condannare,
previo riconoscimento del diritto al computo, nel calcolo della
pensione aziendale, dell’Elemento Retributivo Integrativo (ERI)
nella misura del 30% e la maggiorazione dell’8% (introdotti con il
rinnovo del CCNL del 6.5.1991), alla corresponsione dei relativi
importi.
Si costituiva in giudizio l’AMAN, poi A.R.I.N., poi A.R.I.N. s.p.a.,
oggi ABC Napoli, resistendo alla domanda e chiedendone il
rigetto.
Con sentenza 29 ottobre 1993 il Pretore di Napoli rigettava la
domanda proposta nei confronti dell’A.R.I.N. dai suoi ex
dipendenti Lucio Di Martino, Benedetto Piscitelli, Costantino De
Pasquale, Antonio e Salvatore Lauretta, i quali avevano richiesto
che nella determinazione della pensione aziendale loro spettante,
e disciplinata dal regolamento organico del 22 settembre 1945,
fossero computati l’elemento retributivo integrativo (e.r.i.) nella
misura del trenta per cento / e la maggiorazione dell’otto per
cento, quali elementi fissi e continuativi della retribuzione di
quadri e impiegati direttivi, introdotti dal c.c.n.l. di categoria del
16 maggio 1991 e da quello successivo del 2 agosto 1991,
recepito con accordo aziendale del 5 dicembre 1991.
3

S.p.A., quindi ABC Napoli, e di godere di un trattamento

L’appello proposto dai soccombenti avverso tale decisione venne
rigettato dal Tribunale della stessa sede con pronuncia del 7/19
ottobre 1998.
Osservò il giudice del gravame che a norma dell’art. 64 del
regolamento organico del 22 settembre 1945 la pensione doveva
essere calcolata sulla sola voce stipendio o non ancho su tutti gli
altri emolumenti fissi e continuativi che rientravano nei più ampio

espresso riferimento per calcolare l’indennità dovuta ai
dipendenti che avessero interrotto il rapporto di lavoro prima di
raggiungere sedici anni di anzianità di servizio.
Escluso che l’indennità dell’otto per cento avesse i caratteri di
emolumento fisso e continuativo, il Tribunale ritenne che i
predetti pensionati non potevano utilmente invocare a loro favore
l’estensione della base di calcolo della pensione disposta
dall’azienda con la delibera n. 404 del 1987 a tutti gli elementi
retributivi fissi, continuativi e irrevocabili, in quanto quelli in
questione erano stati introdotti dopo la cessazione del loro
rapporto di lavoro. I medesimi elementi non potevano essere
compresi nel trattamento di pensione spettante ai ricorrenti
neppure in base al principio dell’agganciamento di cui alla
delibera n. 17 del 1953, in quanto esso era finalizzato a
mantenere costante il rapporto fra pensione corrisposta e minimo
tabellare degli stipendi e paghe delle corrispondenti categorie e
classi del personale in servizio e di conseguenza non riguardava
gli emolumenti in questione. Avverso tale sentenza il Di Martino e
gli altri litisconsorti indicati in epigrafe proponevano ricorso per
cassazione cui resisteva la società.
Con sentenza n. 10173\2001 questa Corte dichiarava
inammissibile la doglianza relativa alla maggiorazione dell’8%,
accogliendo, invece, la censura inerente resi. Rilevava che il
Tribunale, richiamato il sistema pensionistico applicabile ai
dipendenti dell’A.M.A.N., ora A.R.I.N., assunti in data anteriore al
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ambito di retribuzione, alla quale invece il regolamento faceva

30 gennaio 1963 – come appunto gli allora ricorrenti – i quali
avevano conservato il diritto a percepire la pensione aziendale,
prevista dal regolamento organico del 22 settembre 1945,
sostitutiva della pensione erogata dalla Cassa Previdenza dei
Dipendenti degli Enti Locali (C.P.D.E.L.), aveva evidenziato come
per evitare che detti dipendenti usufruissero di un doppio
trattamento di pensione, fosse effettuato un conguaglio fra le

seguenti modalità: la pensione erogpta dalla C.P.D.E.L. veniva
trattenuta dall’azienda, e solo una parte di questa (pensione),
proporzionata ai contributi versati dal dipendente in costanza di
rapporto di lavoro, era versata al dipendente in aggiunta al
trattamento aziendale. Di qui la necessità, pure avvertita
dall’azienda resistente, di adeguare le basi retributive utili dei due
trattamenti pensionistici, in modo da garantire la omogeneità dei
valori di riferimento, poi esplicitata nella delibera aziendale 29
settembre 1987 n. 404, in cui si chiariva che con decorrenza 1°
gennaio 1987 la base imponibile delle pensioni aziendali previste
dal regolamento organico del 1945, in stretta analogia con gli
elementi retributivi sui quali era calcolata la pensione C.P.D.E.L.,
doveva comprendere tutti gli elementi retributivi aventi carattere
di fissità, continuità e irrevocabilità, limitatamente al personale in
sevizio assunto prima del 30 gennaio 1963 e regolato agli effetti
pensionistici dalle norme del regolamento organico 22 settembre
1945.
Ma pur riportando integralmente i punti 1) e 2) della delibera in
cui tanto è stabilito e pur specificandosi nel secondo punto la
portata e l’applicazione degli effetti delle disposizioni perequative
di cui al punto 1) di quella deliberazione, il Tribunale, secondo
questa S.C., non aveva tenuto conto di essi e non aveva
considerato se, per le espressioni usate nei predetti punti della
delibera e nella sua premessa, l’ampliamento della base di calcolo
dovesse essere o meno esteso, così come invocato dai ricorrenti,
5

due pensioni, previsto dall’accordo 15 gennaio 1968, con le

ai dipendenti che già fruiscono della pensione aziendale, in
applicazione di un principio di costante perequazione delle
spettanze economiche dei dipendenti collocati a riposo ai
miglioramenti ottenuti dai colleghi ancora in servizio.
Cassava quindi la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte
d’appello di Napoli.
Riassunto il giudizio, tale Corte, dichiarava il diritto dei dipendenti

aziendale solo in favore di coloro che risyltavano pensionati
successivamente alla data della delibera n. 404\1987. Proposto
ricorso per cassazione, stavolta da parte delle aziende, questa
Corte, con sentenza n. 248\2007, P f accoglieva rinviando
nuovamente alla Corte d’appello di Napoli. Con sentenza
depositata il 3 aprile 2014, quest’ultima dichiarava il diritto degli
appellanti al computo di una percentuale pari al 30% dell’es.i.
nel trattamento pensionistico aziendale a ciascuno dei ricorrenti
spettante; condannava la società a corrispondere agli appellanti
le differenze pensionistiche maturate per i titoli in questione a
decorrere dal 1.1.92, oltre accessori di legge.
Avverso tale sentenza propongono ricorso l’ABC e l’ARIN, Azienda
Risorse Idriche di Napoli, affidato ad unico motivo.
Resistono gli ex dipendenti con controricorso, poi illustrato con
memoria.
Motivi della decisione
1.-Le ricorrenti denunciano la violazione ed erronea
interpretazione della delibera di Commissione Amministratrice n.
404 del 29.9.1997 in relazione agli arti. 64, 67 e 70 del
Regolamento organico per il personale dell’Acquedotto di Napoli
del 22.9.1945; della delibera n. 17 del 27.3.53 del Comune di
Napoli; della delibera della Commissione Amministratrice
dell’AMAN n. 1 del 4.5.1968; dell’Accordo sindacale del 26.6.7974
e successive modificazioni; dell’art. 30 del D.L. n. 55 del
28.2.1983 convertito con modificazioni nella legge n. 131 del

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al computo del 30% dell’e.r.i. nella base di calcolo della pensione

26.4.1983. Il tutto in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5
c.p.c.
Lamenta che la Corte di Cassazione aveva demandato al giudice
di rinvio il compito di accertare la rilevanza della delibera n. 404
del 29.9.1987 sul presupposto che vigeva un meccanismo di
adeguamento pensione-retribuzione (delibera n. 17 del 27.3.1953
del Comune di Napoli) limitato alle variazioni di alcuni soltanto

r;ichiamata delibera, si fosse inteso modificare •il precedente
sistema nel senso che, avendo introdotto una nuova nozione di
retribuzione utile ai fini del calcolo della pensione aziendale, gli
elementi retributivi considerati a tale fine avrebbero dovuto
anche incrementare le pensioni aziendali già liquidate, quali
componenti della retribuzione del personale in servizio cui
adeguare le pensioni.
Il tutto mediante un’indagine sulla regolamentazione pattizia
concernente il sistema di adeguamento della pensione aziendale
agli incrementi retributivi del personale in servizio, in vigore al
29.9.1987.
Dopo aver compiuto tale indagine, il Giudice di merito avrebbe
dovuto procedere alla valutazione dei contenuti negoziali della
delibera n. 404/1987 al fine di verificare se la volontà in essa
espressa fosse soltanto quella di modificare il sistema di
liquidazione della pensione aziendale a partire da una
determinata data o quella, diversa, di modificare le clausole
relative all’aggancio pensione aziendale-retribuzione; solo
successivamente a tale valutazione, il giudice di merito avrebbe
dovuto verificare se tale modifica interessasse tutti i pensionati o
soltanto quelli da una certa data (ciò in quanto la delibera n.
404\1987 nulla esprimeva al riguardo). Si duole che il giudice del
rinvio abbia compiuto un esame superficiale ed erroneo della
citata delibera, nonché dei vari accordi aziendali riguardanti il
trattamento retributivo del personale.

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degli elementi della retribuzione e di verificare se, con la

1.1-Il ricorso è improcedibile per non avere la società prodotto
(né riprodotto in ricorso) la delibera n. 404\1987, il Regolamento
organico per il personale del 22.9.45; la delibera n. 17\1953 del
Comune di Napoli e degli altri atti, prowedirnenti ed accordi
sindacali indicati nel motivo di ricorso, in contrasto con l’art. 369,
comma 2, n. 4 c.p.c., non avendone neppure riportato per esteso
il contenuto, e neppure indicata l’ubicazione all’interno dei

Ed invero, deve evidenziarsi che il ricorrente che, in sede di
legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di
uno o più documenti, ha l’onere di indicare specificamente il
contenuto del (dei) documento(i) trascurato(i) od erroneamente
interpretato(i) dal giudice di merito, indicandone inoltre (ai fini
di cui all’art.369, comma 2, n. 4 c.p.c.) la loro esatta ubicazione
all’interno dei fascicoli di causa (Cass. sez.un. 3 novembre 2011
n. 22726), al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo
della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse,
che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione,
la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle
deduzioni contenute nell’atto (Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915;
Cass. ord. 16.3.12 n. 4220; Cass. 9.4.13 n. 8569).
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.
115\02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, deve
provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso. Condanna la ricorrente
al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che
liquida in €.100,00 per esborsi, E.3.500,00 per compensi
professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e
c.p.a.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115\02, nel
testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della

fascicoli di causa (cfr. Cass. sez. un. 3 novembre 2011 n. 22726).

sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle
ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma
del comma 1 bis dello stesso art.13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 gennaio

2016

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